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VerbumPress

Vittorio Del Tufo, Napoli magica, Neri pozza, 2023

Dopo le settimane estive in cui Napoli è stata presa d’assalto da frotte di turisti, appare più evidente che conoscere una città non significhi attraversarla, muoversi nello spazio, ma implichi anche un andare a ritroso nel tempo. E proprio alla necessità di dare profondità allo sguardo a visitatori e residenti risponde il volume di Vittorio Del Tufo, Napoli magica (Neri Pozza), tornato disponibile in libreria nella sua nona edizione.

A Napoli, città in cui non soltanto i monumenti, i palazzi e le piazze ma anche i vicoli più oscuri sono scrigno di antiche memorie, Vittorio Del Tufo spazia con competenza e leggerezza di stile dai miti fondativi alla cronaca, dai fatti della Storia alle leggende e ai ‘cunti’ della tradizione popolare. Nelle sue pagine il lettore potrà ritrovare Virgilio Mago e la Sirena Partenope nella duplice versione di demone marino o di uccello antropomorfo morto per amore; la maledizione della Gaiola e la leggenda nera di Raimondo di Sangro; i misteri della città sotterranea e l’enigmatica Y di Forcella; il diavolo della Pietrasanta e tante altre storie ambientate nei castelli e nelle dimore patrizie della città. Storie di sangue, delitti e morte; storie di sesso, amanti insaziabili e infatuazioni romantiche.

Tra i tanti luoghi insoliti e i tanti aneddoti presenti nel libro, ci piace segnalare il “Pozzo dei pazzi”, uno dei tesori nascosti all’interno del complesso dell’Ospedale degl’Incurabili. Il pozzo dei pazzi, spiega Vittorio del Tufo, è «un buco nero, profondo una quarantina di metri e collegato con l’acquedotto, dove venivano calate le persone in stato di forte agitazione per farle calmare». Un metodo sbrigativo, praticato da Giorgio Cattaneo, detto Mastro Giorgio, stravagante dottore che visse nella prima metà del Seicento. «Dove decotti e purghe non arrivavano» spiega ancora Del Tufo, «provvedeva Mastro Giorgio con la sua ruota calata nel pozzo. I matti più aggressivi venivano lasciati lì, semisommersi nell’acqua fredda, al buio, in quella che si potrebbe definire una sorta di elettrochoc ante-litteram, dove la scossa, evidentemente, non la dava la corrente elettrica ma il terrore prolungato». 

*Raffaele Messina, scrittore