Una carezza e un abbraccio
Resto sulle parole che ci possono creare un’immersione nel mare magnum dell’amore, ne abbiamo tanto bisogno, in questi periodi tristi, travagliati dalla becera violenza umana (umana si fa per dire). Cerco di focalizzarmi su due gesti, dai molteplici significati, che ci danno spesso sicurezza, calore, conforto e ci dicono che non siamo soli, appunto, una carezza ed un abbraccio. Ogni mamma ricorda, in modo vivido, il momento magico della sua creatura quando nasce. Ebbene, la sfiora d’amore con abbracci, carezze, baci, trasmettendo tutto il suo calore. Questa gestualità, ebbe un illustre e storico precedente, famosissimo nel mondo contemporaneo: “Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini, e dite che questa è la carezza del Papa”. (Discorso alla luna, di Papa Giovanni XXIII, era la sera dell’undici ottobre 1962). Nell’arco della nostra vita, incontriamo per fortuna anche persone speciali, che impariamo ad amare, quindi, diventano parte di noi stessi, che portiamo nel cuore, nell’anima e nella vita quotidiana. Sono le persone che danno un senso alla nostra giornata, con gesti che sembrano banali, ma non lo sono, perché hanno dei significati intensi, speciali, che impariamo ad amare, quindi, diventano parte di noi stessi, che portiamo nel cuore, nell’animo e nella vita quotidiana. Sono le persone che danno un senso alla nostra giornata, con gesti che sembrano banali, ma non lo sono, perché hanno dei significati intensi, speciali, sinceri. Diciamolo con forza e convinzione: ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti strapparlo dai tuoi sogni, per poterlo abbracciare, sono le persone che ami, che ti hanno amato, che ti amano, che ti fanno sorridere quando piangi, che non conoscono parole, ma silenzi di sguardi per capire. Sono quelle mani carezzevoli, alle quali ti aggrappi quando cadi, sono quelle mani per le quali tu faresti qualsiasi cosa, daresti tutto te stesso, senza nulla chiedere in cambio, solo una carezza ed un abbraccio.
*Sergio Camellini, psicologo