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Un secolo di rapporti tra la Turchia e l’Italia

«Il popolo italiano è quello che ci sentiamo più vicino a livello europeo, se non addirittura mondiale». Lo ha affermato con decisione Güner Dogan, nel corso dell’evento “Gli ultimi 100 anni di relazioni tra la Repubblica di Türkİye e l’Italia”, svoltosi il 12 marzo a Roma nelle sale del prestigioso Museo Pietro Canonica a Villa Borghese. Organizzato dall’Ambasciata della Repubblica di Türkiye a Roma, in collaborazione con la Presidenza del Centro Ricerche Atatürk del Consiglio Supremo Atatürk per la Cultura, la Lingua e la Storia, l’incontro ha inteso esplorare e rievocare la ricca storia che unisce i due Paesi, analizzando il secolo di rapporti tra la Repubblica di Türkiye e l’Italia e riunendo gli interventi di esperti, accademici e rappresentanti delle due nazioni.

Güner Dogan, presidente del Centro Ricerche Atatürk, ha moderato la discussione tra autorità, studiosi, appassionati, i quali hanno indagato gli avvenimenti che hanno plasmato le relazioni tra Turchia e Italia negli ultimi cento anni e hanno condiviso prospettive uniche sulla connessione tra le due culture, arricchendo il dibattito con la loro conoscenza e passione.

Ha aperto i lavori S.E. Ömer Gücük, ambasciatore della Repubblica di Türkiye in Italia, che ha messo in evidenza la natura storica dei rapporti fra i due Paesi e lo stretto dialogo storico-politico, diplomatico, commerciale: «Le relazioni con l’Italia sono costruite su solide basi storiche, che vanno oltre il centenario della nostra Repubblica, ricordato l’anno scorso». L’Ambasciatore ha anche precisato che la sede e la data scelte per questo evento sono significative: Pietro Canonica è stato un scultore importante per la Turchia se si pensa, per esempio, al Monumento alla Repubblica situato in Piazza Taksim a Istanbul, proprio per commemorare la costituzione della Repubblica turca nel 1923. Riguardo alla data, il 12 marzo 1921 è stato ufficialmente adottato l’inno nazionale turco, la Marcia di indipendenza.

Si è focalizzata sulla figura di Pietro Canonica – di cui ricorrono quest’anno i 65 anni dalla morte – la responsabile Museo omonimo Carla Scicchitano, che ha ripercorso la vita artistica dello scultore, concentrandosi sulle opere che lo portarono a celebrare le vicende e i personaggi che fondarono la Repubblica Turca, come il già citato Monumento alla Repubblica «in cui spicca la linea inclinata e staccata dal gruppo di Mustafa Kemal Atatürk, a rappresentare il dinamismo dell’uomo ma anche a solitudine del capo. Canonica, che tra l’altro fu maestro della patinatura del marmo e del gesso, ebbe studi e atelier a Torino, Venezia e Parigi, ma negli anni ’30 si stabilì definitivamente a Roma, alla “Fortezzuola” di Villa Borghese, dove visse fino al 1959».

Di alto livello i contributi di due grandi storici: Mevlüt Çelebi e Fabio L. Grassi, docenti rispettivamente all’Università dell’Egeo e alla Sapienza Università di Roma. Mevlüt Çelebi è partito dalla constatazione che «il popolo più vicino alla Turchia è stato quello italiano, nonostante dfficoltà a sfondo politico che però si sono sempre superate. Entrambi i Paesi hanno contribuito al rafforzamento e perfezionamento dei rapporti di collaborazione e solidarietà e hanno realizzato molte iniziative tese a consolidare relazioni economiche, culturali, sportive».

Anche il professore Grassi ha dato una fotografia moto ampia dei contatti e dei rapporti prolifici fra Italia a Turchia, occupandosi in particolare il periodo 1945-49. Güner Dogan, in conclusione, ha rimarcato la necessità di nuovi turcologi per una conoscenza sempre più approfondita dei due popoli e per guardare al futuro con occhi nuovi: «Dopo i grandi studiosi Alessio Bombaci, Ettore Rossi, Luigi Bonelli, Maria Pia Pebani, Anna Masala, non ci sono molti ricercatori polivalenti e multidisciplinari che riescano a mantenere vivo il fuoco della passione» e ha ricordato, infine, Luigi Ferdinando Marsigli, «un turcologo ante litteram (anche se allora non esisteva un’area di studio in tal senso)! Era un soldato, un agente segreto, una spia, uno scienziato. A 19 anni andò a Istanbul e rimase in terra ottomana per undici anni e, piu tardi, vi fece ritorno. Scrisse libri importanti sull’assetto militare e anche testi scientifici, a riprova del suo eclettismo».

*Mary Attento, giornalista ed editor