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Un altro mondo c’e’

Imprenditori italiani illuminati

Un mondo migliore è possibile, affermavamo da giovani, sospettando che fosse solo una frase fatta per giustificare a se stessi l’impossibilità di cambiare la società. Ormai senescente, disilluso, ho scoperto, con notevole ritardo, che non solo quella frase era vera, ma che nel frattempo si sono sviluppate iniziative economiche, sociali e culturali che contribuiscono a modificare regole e stili di vita, mediante idee e formule vincenti rispettose della convivenza nell’azzurro pianeta, di recente sempre più sbiadito a causa dell’attività incontrollata ed illegale di molti che causano danni a fiumi, aria, mari, terra, foreste, all’equilibrio ambientale, mettendo in pericolo la sopravvivenza della specie umana e di tante altre. 

Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. (Eccl. 3, 1-5)

L’autore del Qoelet enuncia una verità che viene riscoperta nei momenti più difficili e controversi. C’è un tempo per l’amore, un tempo per il dolore, un tempo per donare, uno per ricevere, uno per pensare, uno per agire: tempi alternativi nella fragile esistenza umana. I giorni della pandemia che viviamo sono stati definiti “tempo sospeso”, come se da qualche parte ci fosse un vuoto che li contenesse: siamo, invece, a mio avviso, di fronte a un tempo che contiene e riassume tutti gli altri.

Il tempo di addolorarci per le persone che muoiono senza neanche la possibilità di assisterli negli ultimi istanti di vita, il tempo di gioire per un nuovo senso di libertà, di sentirci persi di fronte a un male invisibile e di riappropriarci di noi stessi, un tempo per correre verso di noi e uno per star reclusi, appartati, fermi dentro un recinto, uno per osservare meglio il mondo, un altro per recuperare il rapporto con il nostro corpo al di fuori delle palestre e delle performances a cui ci obblighiamo per apparire meglio di come siamo, un tempo insomma per vedere meglio e uno per brancolare nella nebbia del male incombente, un tempo per ascoltare meglio e uno per dichiararci sordi e per cessare il frastuono infernale dei nostri mezzi, tutti tempi che confluiscono in uno solo, difficile da interpretare per la sua apparente versatilità.

Se mi concedete la possibilità, ebbene una soluzione per appellare questo tempo con il suo vero nome, la possiedo: tempo di fermo biologico.

Finora l’abbiamo applicato alla pesca, al tartufo di Alba. Stavolta tocca a noi, il fermo biologico.

Le industrie si sono fermate di produrre, i pescatori di pescare, le imprese agricole di coltivare enormi superfici e di cercare il tartufo.

I risultati sono evidenti: nel cielo, al posto degli aerei, sono tornate a vagare le nubi come quelle che osservavo da bambino con stupore, bianche, enormi, spumeggianti, lente a trascorrere, delicatamente sospinte dai venti, nello scenario della più tersa e pura serenità.

Ho scoperto, sugli alberi che ho la fortuna di avere di fronte casa, merli, ballerine, cardellini emettere variazioni, gorgheggi, trilli che non avevo mai udito a causa del traffico delle automobili. 

“Sono i giorni in cui tornano gli uccelli (…)/ in cui i cieli si rivestono/ delle passate eleganze di giugno:/ inganno azzurro ed oro” (Emily Dickinson, 130, These are the days)

Qualcuno ha fotografato sospettosi caprioli avventuratisi, timidi e increduli, sulle strade improvvisamente tornate libere come sentieri del bosco, lupi che hanno attraversato le vie dei paesi improvvisamente deserti, fiutando accanitamente attorno a loro, per scoprire quel che era accaduto.

E tutti noi?

Noi tutti abbiamo avuto in dono un nuovo tempo, come una seconda vita.

Siamo stati gratificati di tornare a guardarci con gli occhi negli occhi delle persone care,  “ad aspettare che dalla finestra/ giunga la luce di un giorno/ che ci veda/ stretti abbracciati/ con gli occhi dentro agli occhi” (Gino Paoli, Vivere ancora).

Numerose dichiarazioni e opinioni si sono accavallate in questo periodo, da parte di personalità illustri del mondo culturale, scientifico, economico. Una voce mi ha particolarmente colpito, quella di un grande imprenditore italiano che ha promosso il made in Italy nel mondo, Giorgio Armani, il quale ha avvertito la necessità impellente di dover ripensare con serietà al rapporto dell’uomo con l’ambiente. Sintetizzo il suo discorso: “Non ha senso che una mia giacca, o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane, diventino immediatamente obsoleti, e vengano sostituiti da merce nuova, che non è poi troppo diversa da quella che l’ha preceduta.  (…) Ma questo sistema, spinta dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliato, bisogna cambiare, questa storia deve finire. Questa crisi è una meravigliosa opportunità per rallentare tutto, per riallineare tutto, per disegnare un orizzonte più autentico e vero”.

In verità, ci sono imprenditori che hanno già modificato la storia della industria tessile. Conosciuti nel mondo, vincitori di premi, subissati di riconoscimenti, esibiscono la pura genialità tutta italiana, mettendola al servizio del mondo, ovvero dell’ambiente. 

Ivan Aloisio è un imprenditore pugliese che, già inserito nella dirigenza di Majra Moda Maglierie, sollecitato da un problema personale – l’estrema delicatezza della pelle dei figli- concepisce l’idea di un tipo di tessuto completamente biologico e lo trova nella… lana pugliese! Gli allevatori pugliesi, infatti, non stressano i capi come avviene nelle pampas argentine, ma rispettano le naturali condizioni dell’animale garantendo vita sana e tranquilla per le pecore e la massima qualità della lana. 

Egli crea così una nuova azienda, Fortunale, che produce maglie interamente biologiche, dipinte con colori naturali. Giunte alla fine del loro uso, le maglie non vanno buttate, ma possono essere rimandate al produttore, che ne ricicla le fibre. Ivan cura perfino la confezione: la maglia viene impacchettata senza plastica, con un cartellino che diventa porta auricolari. Infine, la collaborazione con Legambiente. Per ogni maglia venduta, viene piantato un albero nelle zone indicate dall’associazione ambientalista. L’albero viene numerato e il numero viene ricamato sul capo in consegna. Il cliente Fortunale adotta così un albero e il maglione diventa un pezzo unico.

Abbiamo rivolto a Ivan Aloisio alcune domande.

-Che cosa vorrebbe suggerire ai giovani? Crede nel futuro?

– Il futuro è una bella invenzione. L’idea che non si sappia mai cosa succederà da senso alla nostra vita. Ecco perché suggerisco ai più giovani di non programmare troppo, di non seguire degli schemi predefiniti, ma di provare strade alternative, seguire i propri ideali e applicarli in ciò che gli riesce meglio. Non vuole essere un discorso utopistico ma di responsabilità, abbiamo il dovere di “rispondere con abilità” al talento che siamo.

– Le persone che le sono vicino, chi sono?

– Prima fra tutte mia madre, che mi ha insegnato l’arte di fare le cose belle. Poi le splendide ragazze del team. Hanno creduto in me e in Fortunale da subito e lavorano con passione alla buona riuscita del progetto, cercando più soddisfazione che remunerazione. Il più delle volte sono loro che mi danno una spinta a continuare, a non mollare.

– A che cosa pensa quando sta per addormentarsi?

– Agli errori che ho commesso. Tanti. Ai doveri che ho verso chi mi sta accanto, verso i miei figli. Quando lavoro duro, e ottengo dei buoni risultati, riesco ad essere più indulgente con me stesso.

– Chi sono i migliori amici dell’uomo?

– I migliori amici dell’uomo sono gli uomini stessi, gli animali, le piante, la natura. Noi percepiamo i sentimenti, ci appassioniamo, sogniamo e abbiamo la fortuna enorme di poter condividere tutto questo con altri, non importa chi essi siano. È una delle cose che ci rende unici ed empatici.

– Che cosa si aspetta dalle istituzioni?

– Una strofa del grande De Gregori diceva “Lo Stato siamo noi, siamo noi questo piatto di grano”. È una frase bellissima. Una frase vera. Se ognuno di noi compie il suo dovere, rispetta gli altri, tutela la democrazia, combatte la corruzione, tutto funzionerà magicamente. Mi aspetto che ognuno faccia il suo compito, compreso lo Stato, per prima lo Stato che ha il compito di essere di esempio.

– Quante altre esperienze ci sono in Italia meritevoli?

– Tantissime. Purtroppo non sono alla ribalta della cronaca perché le buone notizie non fanno rumore, ma l’Italia è piena di iniziative lodevoli. Di gente che ha idee eccezionali create con il sorriso e portate avanti con una semplicità disarmante. Iniziative meritevoli e buone pratiche che sono come carezze per la nostra Terra ammalata.

– Esiste la bellezza?

– Si, siamo circondati di bellezza. È ovunque. La natura ne produce in continuazione. Ma bisogna saperla vedere, bisogna cercarla, essere predisposti. Non sempre ci riusciamo, spesso la cerchiamo altrove, in un altro luogo e in un altro tempo. Ma la bellezza non è un posto, è una sensazione, un modo di vivere, una necessità. Bisogna volerla.

Un’idea per le nostre vacanze? Trascorrerle in Italia, prima di tutto! E poi affidarsi a persone che costituiscono un alto esempio di come cambiare in meglio il nostro stile di vita. 

Viaggiemiraggi è una realtà attiva da tanti anni nel campo del turismo responsabile. 

– Siamo un tour operator, ma prima di tutto siamo una rete di persone impegnate a far conoscere il mondo delle piccole realtà sostenibili, a sostenerne l’operato in tutto il mondo, a far scoprire al viaggiatore una località fuori dagli stereotipi turistici. Un miraggio? Forse, ma noi lo stiamo facendo ormai da vent’anni- enuncia Daniela Samà, addetta alla comunicazione dell’azienda, una cooperativa la cui base sociale è composta dalle stesse persone che hanno partecipato ai viaggi promossi dall’azienda.

– Che cos’è un viaggio sostenibile, Daniela? 

– Viaggiare in maniera sostenibile significa avere rispetto. Per la cultura autentica innanzitutto, troppo spesso banalizzata, stereotipata e mercificata dal turismo di massa. In secondo luogo per l’ambiente, attuando modalità di viaggio leggere e poco impattanti e scegliendo servizi attenti agli sprechi. In terzo luogo per le comunità locali, di cui cerchiamo sempre di valorizzare l’esperienza e che ci preoccupiamo di sostenere economicamente attraverso i viaggi. Il nostro modo di viaggiare nasce proprio per opporsi alle storture del turismo di massa e si evolve in una scoperta continua, un omaggio alla vita in tutte le sue sfaccettature che i nostri viaggiatori si portano dentro una volta rientrati a casa. In Italia è possibile sviluppare tour di uno o più giorni utilizzando gli stessi principi di rispetto e attenzione. 

Daniela si occupa anche di educazione, attraverso interventi nelle scuole e mediante viaggi di istruzione. L’obiettivo è di trasmettere ai bambini la libertà di non giudicare, di mettere in discussione stereotipi e barriere, di scoprire la bellezza del mondo. Daniela e i suoi collaboratori credono nel futuro e credono che “il futuro è di chi lo fa”. D’altronde, insegna Daniela, i migliori amici dell’uomo sono… gli uomini!, quando scelgono di cooperare e camminare insieme per un futuro sostenibile. Bisogna credere insieme in un futuro possibile, un futuro che è già presente, quando i viaggiatori si occupano di economia in modo responsabile, scegliendo come spendere e come spendersi.

Un esempio di viaggio? Il magico cammino di Aruna!

Un magnifico cammino che si svolge interamente a piedi e ripercorre in quattro giorni un’affascinante parte della via di pellegrinaggio tra Assisi e Loreto, seguendo un sentiero che attraversa il silenzioso Eremo dell’Acquarella, i panoramici prati di Poggio San Romualdo e la splendida Abbazia di Valdicastro.

Il gruppo è accompagnato da professionisti delle discipline bio-naturali, che valorizzano il percorso con piacevoli momenti di sperimentazione ed approfondimento, in relazione a peculiarità del paesaggio circostante e alle proprietà delle erbe spontanee. Una splendida occasione per vivere la natura in forma completa attraverso i cinque sensi.

Nell’arco della giornata si praticano esercizi di carattere fisico e spirituale, chi-kung per il radicamento e l’espansione sensoriale, esercizi di miglioramento della predisposizione all’ascolto e di creazione del proprio spazio. Alla sera, facoltativamente, saranno possibili consulenze personalizzate e trattamenti individuali con i naturopati.

I referenti di ViaggieMiraggi saranno presenti per condurre gli ospiti alla conoscenza delle persone che vivono il territorio e di coloro che operano per la sua conservazione e valorizzazione culturale.

Viaggiemiraggi offre un sito particolarmente invitante, tutto da visitare!: 

https://www.viaggiemiraggi.org/.

Chi vuole può aderire diventando socio 

https://www.viaggiemiraggi.org/diventa-socio/

*Massimo Pamio, poeta e saggista, direttore del Museo della Lettera d’Amore