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Sophia De Mello Breyner Andresen, il giardino di Sophia, a cura e traduzione di Roberto Maggiani, postfazione di Claudio Trognoni (Il ramo e la foglia edizioni, Roma, 2022)

Questa è la missione del poeta: 

portare alla luce e all’esterno la paura. 1

La casa editrice Il ramo e la foglia edizioni di Roma ha recentemente dato alle stampe Il giardino di Sophia, una raccolta selezionatissima di opere poetiche della portoghese Sophia de Mello Breyner Andresen (Premio Camões nel 1999) con una nota di postfazione a cura di Claudio Trognoni. 

Roberto Maggiani nella breve nota introduttiva traccia con perizia e in chiave sinottica, la grandezza letteraria della poetessa, poco nota nel nostro Paese a dispetto della sua ampia e rilevante attività letteraria, motivando anche le ragioni che stanno alla base di questa pubblicazione. Nata a Porto nel 1919, l’Autrice morì a Lisbona nel 2004. Poetessa raffinata e dai grandi ideali, una tra le maggiori celebrate in terra lusitana che ora, grazie all’operazione di Maggiani, si presenta nella forma bilingue portoghese originale e in traduzione italiana.

Si ritrovano nella poetica della de Mello Breyner Andresen i motivi cari a una tradizione post-modernista con la presenza assidua di ambienti che richiamano una temporalità edenica, data come reale ma anche motivo di riflessione. Il tessuto lirico, sempre ben sostenuto da una versificazione che non si dilunga né aggiunge nulla del superfluo, si associa a un’isotopia del mare, vale a dire a una ricorrenza presenza del contesto marino che viene a rappresentare un unicum con la stessa vena lirica della Nostra. Contestualmente è anche l’immagine ricreata dell’hortus conclusus a prendere forma nel giardino che spesso richiama, evoca o nel quale immagina di trovarsi, spazio in sé racchiuso ma pregno di beltà e rassicurazione che – intuiamo – ha dato linfa alla creazione di tante delle poesie più belle (oltre che il titolo a questa raccolta nel nostro Paese).

Distante dall’esistenzialismo tipicamente novecentesco, nella de Mello Breyner Andresen pure non va dimenticato l’impegno civile della donna che la portò, tra le altre cose, ad aderire al noto “Manifesto dos 101”, quel documento reso pubblico nel 1965 nel quale erano contemplate le firme di 101 personaggi distinti della scena letteraria e sociale portoghese di fede progressista, quale evidente opposizione alla perdurante tirannide del salazarismo che appena nove anni più tardi, con la ricordata “rivoluzione dei garofani”, venne messo fuori gioco. 

Maggiani ha deciso di inserire in quest’opera anche componimenti della de Mello Breyner Andresen che si riferiscono ai quei momenti di terrore che il Portogallo visse con l’abolizione delle libertà fondamentali, con l’istaurazione del partito unico, violenze, rappresaglie e un clima d’odio intestino. Sebbene, come Claudio Trognoni dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” osserva nella sua postfazione – “[il suo] impegno attivo in politica […] fu, tutto sommato, di breve durata”, pure non tralascia di dimenticare che nel 1975 venne eletta deputata, tra le file del Patito Socialista, nella Costituente nata sulle ceneri della dittatura ormai sconfitta, nonché prima donna a presiedere una commissione parlamentare. Sono cose, queste, che alla luce dei cambiamenti intercorsi nel tempo nel contesto dell’ottenimento di diritti della donna e di un percorso volto alla parità dei sessi, che senz’altro vanno rilevate con grande preminenza, per sottolineare come la de Mello Breyner Andresen, poetessa di primo piano, erudita e garbata, fu anche (e soprattutto, direbbe qualcuno) donna d’impegno etico-civile. Ne sono esempi, tra gli altri, poesie quali “Il vecchio avvoltoio” nella quale con una personificazione animale cara ai favolisti, ma anche a Orwell e Sciascia e altri narratori di denuncia sociale, metamorfizza il dittatore in uno spregevole uccello assassino che dilania le carni degli altri. In “25 Aprile” – che nel 1974 vide la mobilitazione della “rivoluzione dei garofani rossi” –, la de Mello Breyner Andresen così parla della rinata liberà: “Questa è l’alba che attendevo / Il giorno iniziale intero e limpido / In cui emergiamo dalla notte e dal silenzio / E liberi abitiamo la sostanza del tempo”.

In questa attenta operazione antologica figurano poesie estratte dai libri Poesia / Poesia (1964), Dia do Mar / Giorno del Mare (1947), Coral / Corallo (1950), No tempo dividido / Nel tempo diviso (1954), Mar Novo / Mare Nuovo (1958), O Cristo Cigano / Il Cristo Gitano (1961), Libro Sexto / Libro Sesto (1962), Geografia / Geografia (1967), Dual / Duale (1972), O nome das coisas / Il nome delle cose (1977), Navegações / Navigazioni (1983), Ilhas / Isole (1989), Musa / Musa (1994), O Búzio de Cós e outros poemas / La conchiglia di Cos e altre poesie (1997).

Riporto, nella versione tradotta in italiano, alcuni estratti che ben ci permettono di inserirci nella vena lirica della Nostra: “Quando il mio corpo marcirà e io sarò morta / Continueranno il giardino, il cielo e il mare, / E come oggi ugualmente balleranno / Le quattro stagioni alla mia porta. // […] // Sarà lo stesso splendore, la stessa festa, / Sarà lo stesso giardino alla mia porta, / E i capelli dorati della foresta, / Come se io non fossi morta”. Interessanti anche le poesie che ci parlano di alcuni istanti dei suoi viaggi in Italia e in Grecia e notevoli, tra le altre, quelle dedicate all’amata terra natale come “Alentejo”, dal nome della regione centro-meridionale del Portogallo, su cui scrive: “Il piccolo paese le pietre / Del selciato / Le mura bianche – la punta del tetto / Si rigira come la mano della ballerina / Cinese”. E sembra quasi di assistere alla levità e al vorticismo della scena che, pur statica, è dotata di grande vitalità e presenza.

Tra le poesie mosse da un’alta tensione umana vi è senz’altro “Catarina Eufémia” dedicata, come spiega una delle opportune e approfondite note a termine del libro, a una giovane bracciante agricola nata nel 1928 e deceduta nel 1954 che, nel corso delle operazioni di sciopero per reclamare maggiori diritti, venne assassinata a sangue freddo dalla Guardia Nazionale Repubblicana. Nell’Alentejo divenne un’icona vittima della resistenza al potere salazarista e una martire. Di lei la de Mello Breyner Andresen scrive: “Era arrivato il tempo / In cui era necessario che qualcuno non arretrasse / E la terra ha bevuto un sangue due volte puro. // […] // E la ricerca della giustizia continua”.

La de Mello Breyner Andresen ha dedicato particolare attenzione anche a riflettere sulla potenza evocativa della poesia. Vi sono vari componimenti e versi nei quali la donna è come se si fermasse a riflettere sul valore autentico che questo mezzo, la parola spontanea e non cercata, ha sia nel permettere di esternare la propria emotività sia di partecipare attivamente e coralmente ai fatti del mondo. In “Il poeta”, contenuta in No tempo dividido / Nel tempo diviso (1954) così annota: “Il poeta è uguale al giardino delle statue / Al profumo dell’estate che si perde nel vento / È arrivato senza che gli altri mai lo vedessero / E le sue parole hanno divorato il tempo”.

I poeti, dopotutto, per l’Autrice non sono altro che “annunciatori del mondo” come li chiama in una poesia contenuta nella raccolta Dia do Mar / Giorno del Mare (1947). Nella postfazione a Livro Sexto / Libro Sesto (1962) la poetessa rivelò forse meglio che in nessun altro scritto il suo pensiero, senza fronzoli né retorica, sostenendo in maniera lapidaria e convinta che “la poesia è una morale”, questo perché, come la mera presenza dell’uomo sulla terra, essa ha il compito di “cercare la giustizia”. Non dice di “fare giustizia” – si badi bene – ma di impegnarsi, al contrario, in un percorso di ricerca e cambiamento che possa condurre alla giustizia che spesso “si confonde con quell’equilibrio delle cose, con quell’ordine del mondo”. La de Mello Breyner Andresen è convinta che la condizione dell’uomo non debba essere quella della monade restia al contatto e al confronto e che, in campo letterario, il poeta non debba arroccarsi in situazioni e contesti privilegiati che siano il suo unico piedistallo o il luogo d’accesso di una schiera prescelta e limitata. Al contrario, il compito del poeta sta nel rivelare il vero, testimoniarlo e denunciarlo, prendere coscienza, permettere l’ascolto dell’altro, inserirsi in una formazione continua della coscienza collettiva, memore anche delle esperienze traumatiche che gli derivano dal passato. Le parole della Nostra riportate dal critico Trognoni sono ben esemplificative di questo suo intendimento di poesia come compromissione e impegno: “Il poeta non si limita a raccontare e a cantare il mondo. Lo modifica, anche. [….] Per il poeta la poesia è una maniera di salvare se stesso e gli altri. E questa ricerca di salvezza non può essere distinta dalla ricerca di una forma concreta e pratica di giustizia”2. È parola di Poetessa, questa. Ne fa dono prezioso a noi tutti. A chi, con animo disposto all’ascolto, saprà accoglierla.

*Lorenzo Spurio, critico letterario e poeta