Sara, Roberta e Gaia
La forza di rinascere
La violenza psicologica è subdola e silenziosa, spersonalizza e riduce la vittima succube, in nome di un presunto amore, della volontà di un maschio dominatore, uno psicopatico a sua volta vittima di un rapporto insano e malato con la madre.
La manipolazione che ha subito è articolata e mascherata e ha determinato nel tempo un forte stress emotivo, accade sempre così, l’artefice ha lo scopo di tenere il potere della relazione, per una forma di sicurezza e di tranquillità, annullando le esigenze dell’altro, fino a toglierle ogni esistenza personale, offrendole persino una libertà vigilata e controllata, sotto pressione continua di rimproveri e disapprovazioni. La violenza psicologica può anche non essere seguita da quella fisica, anche se in alcuni casi esplosioni improvvise di violenza sono molto devastanti come dimostrazioni di superiorità e di avvertimento.
La persona che attua questo tipo di violenza tende a creare un clima continuo di disapprovazione sul coniuge e successivamente sui figli, per cui ogni gesto o pensiero viene considerato inopportuno e sbagliato a prescindere da tutto. Si determina a lungo andare, sui soggetti vittima, una frammentazione della personalità che si ripercuotono sui comportamenti e sulla conduzione della propria vita fatta di scelte senza autonomia e convinzione. Un vero e proprio stillicidio della mente che vive sempre perseguitata da forti sensi di colpa, senso di inadeguatezza perenne, sfiducia nelle proprie capacità e spersonalizzazione.
Un adulto si blocca nelle scelte e nell’affermazione della sua personalità, i piccoli crescono invece fragili ed insicuri, perché temono sempre di sbagliare.
Questa dipendenza psicologica è spesso condizionata dalla dipendenza economica e lo stillicidio di allusioni, offese e umiliazioni hanno lo scopo di mantenere le redini del rapporto, non sempre chi lo attua è consapevole di questo, ma le sue azioni distruggono chi le subisce al punto tale che la vittima o le vittime finiscono per colpevolizzarsi e non si rendono conto delle reali capacità e potenzialità.
Affrancarsi da questi soggetti non è facile, la vittima il più delle volte finisce in analisi, ma il problema è alla fonte, l’aguzzino in genere si rifiuta sempre di essere messo in discussione, come se il problema fosse solo dell’altro e della sua incapacità di reagire con il mondo. Si crea uno stato di colpevolizzazione profonda che non avrebbe motivo di essere perché il vero incapace in questi casi è l’aguzzino. L’isolamento psicologico è deleterio, per una rinascita è necessario che la vittima si allontani, o nei casi in cui questo sia impossibile si affranchi dal bisogno di quell’amore…prenda coscienza della sua natura morbosa e malata e incominci ad amarsi di più in un processo di auto appropriazione e autostima, fino a creare una barriera inattaccabile alla propria personalità.
Sara, Roberta, Gaia, sono personaggi reali che vivono in città che non le appartengono e che le soffocano.
Ma arriva il giorno della presa di coscienza e la voglia di cambiare vita…non ne hanno i mezzi e forse neanche la forza sufficiente per farlo, ma di una cosa è certa, o cambiano stile di vita e interessi o sarebbero rimaste soffocate dalla depressione.
Dietro all’immagine delle donne semplici e represse, si nascondono leonesse, la forza d’animo e di intraprendenza è tanta e tale che per trovare uno spiraglio nella loro gabbia di preconcetti e convenzioni, devono fare uno sforzo immane di buona volontà e anche un colpo di mano.
Le battaglie silenziose sono sempre quelle che alla fine fanno più rumore, forse perché inaspettate o più determinate nella riuscita.
La notte diviene la loro compagna per un periodo molto lungo, un percorso interiore appassionato e faticoso.
Sara inizia a scrivere… rispondendo a stati d’animo spontanei e istintivi, senza nulla di precostituito e nei suoi scritti c’è un comune denominatore che li unisce, un filo invisibile che porta la testimonianza di un disagio interiore, pensieri di una donna di questi tempi che cerca di appropriarsi della sua identità, liberandosi dalle catene dei pregiudizi e dei condizionamenti.
Roberta apre le porte al teatro e Gaia ritrova la sua vena di artista.
Donne vittime di quella sottile ed invisibile violenza psicologica che non sempre emerge anche in questo occidente modernizzato ed emancipato e spesso questo disagio viene sottovalutato.
La loro solitudine interiore è finita.
*Regina Resta, editore Verbumpress