Samantha Cristoforetti: capitan Futura!
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Partiamo dal titolo di questo articolo. Penso che tutti noi sappiamo perfettamente chi sia Samantha Cristoforetti. E lo sappiamo tutti perché AstroSam ci ha reso partecipi di quello che è stato il suo più grande traguardo: essere membro dell’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) nella cosiddetta “Expedition 42/43”. Ci ha raccontato ogni suo passo nel suo blog “Avanposto 42” (il numero è facilmente comprensibile per gli amanti di “Guida galattica per Autostoppisti”) per poi riportarlo nel libro “Diario di un’apprendista Astronauta”, che dovete comprare e leggere tipo subito.
La Missione di cui è stata protagonista si chiamava “Futura” ed era di appartenenza dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Ma “Futura” è anche il femminile azzardato del termine “futuro” e la nostra AstroSam sarà protagonista indiscussa del futuro della ISS. Infatti tornerà sulla nostra casa spaziale nella primavera del 2022 con l’expedition 68 ma con una differenza sostanziale rispetto alla missione precedente: sarà la comandante! Prima donna italiana, prima donna Europea e quarta donna a livello mondiale. Orgoglio a profusione. Ma andiamo con ordine e capiamo meglio chi è Samantha e cosa significherà essere “comandante” della ISS.
Samantha Cristoforetti, milanese classe 1977, è entrata nell’aeronautica quando ormai ne aveva perso le speranze. Nel suo splendido libro, lei stessa racconta che nel 1998, raggiunti i suoi 21 anni (e al lancio del primo modulo della ISS, il russo Zarya) stava per rinunciare per sempre al sogno di entrare nell’aeronautica come allieva pilota. Infatti le Forze Armate erano ancora un’esclusiva degli uomini e il limite di età per entrarci era, appunto, quello di 21 anni. Improvvisamente, però, ci fu la svolta inaspettata: nel 1999 le Forze Armate aprono alle donne e aumentano, in modo sacrosanto, l’età limite per la loro ammissione. E Samantha, come tante altre, ha finalmente potuto iniziare la scalata verso il suo sogno (si classificò PRIMA al concorso di ammissione, così, per dire). Tanto per ribadire quanto c’entri poco il nostro essere “meno preparate” sul numero esiguo di donne presenti in alcuni ambiti.
A quel punto, non l’ha fermata più nessuno. Nel 2006 consegue il brevetto di pilota militare e nel 2009 viene selezionata come astronauta dall’ Agenzia Spaziale Europea (ESA). Da lì è stata prima designata astronauta di riserva della missione Sojuz TMA-13M per poi, finalmente, essere assegnata alla spedizione 42/43 sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Partita il 23 novembre 2014 dallo spazioporto di Baikonour in Kazakistan, con i suoi colleghi Anton Shkaplerov, cosmonauta russo, e Terry W. Virts, astronauta statunitense, è rimasta a bordo della ISS per 200 giorni consecutivi battendo il record di Sunita Williams (195 giorni), oggi superato prima dalla statunitense Peggy Whitson (289 su 665 totali in due missioni ) e poi dall’altra statunitense Christina Koch (328!!). La missione di AstroSam, “Futura” appunto, prevedeva moltissimi esperimenti legati alla biologia e alla fisiologia umana in assenza di peso (molto importanti, per esempio, per la comprensione dell’osteoporosi), un esperimento (ISSpresso) per l’erogazione di bevande calde sulla ISS e altri sulla conservazione e la produzione di cibo in microgravità, e ovviamente studi sulle radiazioni e sulle nuove tecnologie. Abbiamo visto insieme in un numero precedente quante cose si imparano sulla Stazione Spaziale che non possono essere imparate sulla Terra.
Atterrata l’11 giugno del 2015 nelle steppe del Kazakistan (le zone di atterraggio vengono scelte con calcoli ben precisi e controlli sul posto), non si è fermata mai tra commissioni tecniche dell’EAC (Centro Europeo degli Astronauti), guida per iniziative studentesche sempre dell’EAC, rappresentante degli equipaggi ESA nel progetto “Gateway” e attività di collaborazione con le controparti cinesi, partecipando al primo corso di sopravvivenza congiunto. Nel gennaio 2020, l’idillio tra Samantha e l’aeronautica termina; questa rottura è ovviamente accompagnata da moltissime voci finché la stessa Samantha ha chiarito le cose. La rottura non è stata improvvisa ma avvenuta dopo largo preavviso poco dopo il termine dei suoi obblighi di ferma e dovuta a delle importanti differenze di vedute relativamente ad alcune situazioni. Non specifica altro ma ci tiene a sottolineare che, al contrario di quanto diffuso da varie voci, la discriminazione di genere non c’entrasse nulla.
Aeronautica o meno, Samantha resta un’astronauta ESA e con tale ruolo ha partecipato al progetto che ha sancito il suo futuro. È stata infatti comandante della missione NEEMO23 (NASA Experiment Environment Mission), nelle profondità dell’Oceano Atlantico. Ha vissuto insieme al suo equipaggio per 10 giorni a 19 metri sotto la superficie dell’oceano nell’unica stazione subacquea al mondo, l’Aquarius, a largo della Florida. Ottima per esercitarsi a muoversi in ambienti come Luna e Marte oppure per simulare le passeggiate spaziali.
E deve aver dimostrato ottime doti da leader perché, a finedel maggio scorso, l’ESA ha annunciato che Samantha sarà la capitana dell’Expedition 68. Quarta donna dopo le tre statunitensi Peggy Whitson (Exp16 – 2007/08 e Exp51 – 2017), Sunita Williams (Exp33 – 2012) e Shannon Walker (Exp65 – 2021) e prima donna Europea, nonché italiana. Ricordando quanto successe all’inizio della sua carriera, voglio sottolineare nuovamente che il numero esiguo di rappresentanti del sesso femminile non è dovuto a minori capacità ma semplicemente alle minori possibilità che ci sono state date nel passato e, troppo spesso purtroppo, ancora oggi.
In generale, da quando la ISS è abitata (inizi del 2000), per molto tempo si sono alternati capitani statunitensi e russi, dato che questi paesi sono i maggiori contributori alla sua realizzazione. Fino ad arrivare al 2009, quando il tedesco Frank de Winnie divenne il primo capitano europeo (Expedition 21). Le decisioni riguardo i ruoli durante le missioni sulla ISS sono prese dal Multilateral Crew Operations Panel (MCOP) che ha al suo interno i membri rappresentanti di tutte e 5 le agenzie spaziali partner: ESA (Europa), NASA (USA), Roscosmos (Russia), JAXA (Giappone) e CSA (Canada).
L’addestramento di AstroSam per la sua nuova avventura, già cominciato, si sta svolgendo presso il Centro europeo per gli astronauti ESA di Colonia, Germania, e presso il Johnson Space Center della NASA a Houston, Texas. La nostra Samantha partirà nella primavera del 2022 a bordo della capsula Dragon di Space X nella missione Crew 4 con gli altri due colleghi della NASA, Kjell Lindgren e Bob Hines. Ancora non sono noti gli esperimenti che dovrà portare avanti ma di certo si conoscono quelli che sono i compiti di un comandante.
Al contrario di quanto accade in altre discipline o in altri ambiti, sulla Stazione Spaziale internazionale non c’entra la maggiore capacità o la maggiore esperienza perché tutti gli astronauti sono di pari livello. Infatti, in situazioni di normalità non esiste una “piramide” ma tutti sono responsabili di tutto perché egualmente competenti. Il comandante è la persona di riferimento per il controllo da terra e il supervisore di eventi particolarei quali l’attracco e il distacco delle navette cargo (quelle che portano i beni di prima necessità e i pezzi importanti per la ISS), delle EVA (le “passeggiate spaziali”) e degli esperimenti. La questione, ovviamente, cambia in situazioni di emergenza: a quel punto è il comandante a prendere in mano le redini del gioco e tutti devono rispondere a lei. Le sue decisioni non dovranno essere discusse, lei sarà l’unica persona ad avere contatto col controllo di Terra e sarà sua la responsabilità della sopravvivenza dei suoi colleghi e della stazione spaziale stessa. E se pensiamo che una situazione di emergenza capiterebbe a 400 km di altezza su una piccola stazione orbitante a 28000 km/h, beh…potete capire di cosa stiamo parlando.
A prescindere dalle emergenze, comunque, il ruolo di un comandante è quello di avere la situazione sotto controllo certo, ma soprattutto quello di fare squadra, di mantenere alto l’umore del team ed evitare problemi e dissidi interni. Si tratta sempre di almeno 6 persone provenienti da parti diverse del mondo, di diversa lingua, diverse idee politiche e diverse abitudini, costrette a vivere a stretto contatto in un ambiente limitato per una media di sei mesi. E dato che sono certa che ognuno di voi starà pensando in questo momento “Mamma mia, e chi je la farebbe!”, potete perfettamente immaginare quanto questo sia importante. Insomma, Samantha sarà davvero un punto di riferimento in questa nuova missione.
Ma Samantha, oltre a essere un’astronauta, è anche una mamma di due splendidi bimbi avuti col compagno francese, ingegnere anche lui, Lionel Ferra. Avete capito bene. Una donna, mamma, con un compagno stabile, che fa l’astronauta e volerà per la seconda volta sulla ISS restandoci altri 6 mesi. Nella mia pagina facebook “Roma Caput Astri”, un mesetto fa, ho pubblicato la foto della famiglia di Neil Armstrong immortalata di spalle mentre osservava l’Apollo 11 partire con a bordo l’uomo della loro vita. La moglie Janet e i figli Eric e Kevin. L’ho pubblicata per mettere l’accento su quanto sia importante trovare nella propria vita una persona che non tarpi le nostre ali ma che invece ci aiuti a perseguire il nostro sogno, facendolo diventare anche il suo, dandoci i battiti d’ali per arrivarci. Sulla Luna, quel primo passo, Neil Armstrong l’ha fatto insieme alla sua famiglia. Questo concetto è stato sottolineato anche dalla nostra AstroSam in una delle sue recenti interviste a “Otto e mezzo”: fare l’astronauta è un’avventura per tutta la famiglia. Trovare una persona che sappia starci accanto in questo modo, non è un’impresa facile perché ci vuole davvero un amore immenso per sostenere l’altro nel perseguire il proprio obiettivo, con sacrifici e dolore annessi. Ma quando quei battiti d’ali arrivano, allora si può essere davvero tutto nella propria vita.
Quindi, donne di tutto il mondo, guardate Samantha e rendetevi conto che noi possiamo arrivare dovunque vogliamo. Dobbiamo soltanto crederci e circondarci di persone che non ci tengano a terra ma che costruiscano il trampolino per aiutarci a volare. Vai Samantha, vola per tutti noi.
*Martina Cardillo, astrofisica