RubricaCeption – L’immensità del cielo nell’eternità di Roma: Seconda Tappa
Roma nasconde meraviglie a non finire, tanto che, pur amandola da 39 anni, ancora non le ho scoperte tutte. Tra queste si cela il suo ruolo nello sviluppo dell’astronomia. Capiamo insieme come questa eterna città racchiuda l’immensità del cielo
Bisogna sempre guardare oltre al proprio naso per raggiungere l’infinito. Chi mi legge, mi avrà sentito ripetere questa frase innumerevoli volte. Oggi vi stupirò aggiungendo una cosa: “…Ogni tanto, però, l’infinito si cela proprio sotto al nostro naso.”
L’incipit è lo stesso dell’ultimo articolo perché siamo alla seconda puntata de “L’immensità del cielo nell’eternità di Roma”. Se non avete letto la prima presente nel numero precedente di Verbum, vi consiglio di farlo così che possiate capire da dove nasce questa “rubrica nella rubrica” e fare un viaggio completo a zonzo per Roma. Lì c’eravamo lasciati a Piazza Navona con la storia dei “Romolo e Remo” dell’astronomia. Oggi ci spostiamo un poco per arrivare nella splendida e folcloristica Campo de’ Fiori che ci permette di parlare di personaggi noti e meno noti legati al cielo e soprattutto alla capacità di guardare oltre! Pronti? Via!
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Proprio qui vicino, c’è uno dei posti che più preferisco di Roma, forse perché tra baccalà fritto, pizza con la mortadella e qualche buon ristorantino autentico tra i tanti turistici, è culla di delizie per il mio stomaco… ma anche perché lo reputo suggestivo a qualsiasi ora del giorno o della notte.
Parlo di Piazza di Campo de’ Fiori, sempre viva e brulicante di giorno col mercato e di notte con musica e voci di giovani sempre pronti a cogliere l’attimo. Ovviamente sapete già perché sto nominando Campo de’ Fiori ma prima di arrivare a lui, vi dico “an passant” una piccola curiosità. La fontana detta proprio di “Campo dei Fiori” e che sembra vegliare sulla Piazza guardando negli occhi Giordano Bruno, dovrebbe ricordarvi un’altra fontana che, lungo questo percorso, dovreste aver visto proprio in Piazza della Chiesa Nuova… la “Fontana della Zuppiera”, realizzata nel 1590 su disegno di Giacomo della Porta e chiamata così dopo che papa Gregorio XV, nel 1622, volle metterci sopra il coperchio per evitare che i cittadini la usassero come lavatoio o discarica. E infatti quella di Campo de’ Fiori ne è una copia, senza coperchio però perché, ipoteticamente, ora dovrebbe esserci più civiltà. L’originale era collocata, in origine, al posto della statua di Giordano Bruno e riporta una frase di un anonimo scalpellino che ben descrive quei tempi di controriforma: “Ama dio e non fallire, fa del bene e lassa dire, MDCXXI”.
Aggancio perfetto per passare a lui, Giordano Bruno e a quello che rappresenta a simbolo di quanti abbiano cercato di rompere le regole, guardando sempre oltre il proprio naso. “Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”: questa fu la risposta alla condanna degli inquisitori che lo avevano appena giudicato “essere eretico, impertinente e ostinato” e che lo portò a essere arso vivo il 17 febbraio 1600, proprio a Campo de’ Fiori. La colpa di questo frate domenicano, cresciuto a Napoli ,fu quella di essere curioso e assetato di conoscenza, cosa che lo portò a non accontentarsi dei dogmi della Chiesa e a cercare la verità in libri definiti “eretici” ma semplicemente basati su fondamenti più concreti. Più volte denunciato da persone a lui vicine, spaventate dal suo essere, più volte si è ritrovato in fuga fino a essere rinchiuso nel carcere di Tor di Nona a Roma, sperando in un aiuto che non arrivò mai. L’unico modo per sfuggire alla condanna, sarebbe stata l’abiura che, però, avrebbe rappresentato la vittoria del Vaticano e che quindi lui rifiutò in modo categorico: “E’ già qualcosa essere arrivati fin qui: non aver temuto di morire, l’aver preferito la coraggiosa morte a vita imbecille”. Il monumento, eretto da Ettore Ferrari nel 1889, sfida proprio la Chiesa guardando con “occhi di bragia” il Vaticano, nel periodo successivo alla controriforma romana. Per conoscere meglio questo personaggio controverso e straordinario, vi consiglio il film del 1973 “Giordano Bruno” di Giulino Montaldo con uno splendido Gianmaria Volonté nel ruolo del frate.
Un altro personaggio molto noto, invece, accettò di abiurare ma lo fece non per codardia (così almeno ci piace credere) ma per avere la possibilità di proseguire i suoi studi senza disturbi esterni. Parliamo di Galileo Galilei che abiurò il 22 giugno 1633, 33 anni dopo la condanna di Giordano Bruno, presso la Chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, qui a Roma. Questa avvenne dopo la morte di uno dei suoi più esimi protettori, Federico Cesi, che nel 1603 fondò l’Accademia dei Lincei permettendo a Galileo di farne parte. Tra le tante tracce lasciate dalle idee rivoluzionarie di Galileo, vi rivelo che ce n’è una davvero notevole, lasciata grazie a un suo grande amico, Ludovico Cardi, in arte Cigoli, pittore degli inizi del 1600. Il Cigoli era in stretto contatto epistolare con Galileo proprio nel periodo in cui stava affrescando la Cappella Paolina, all’interno della meravigliosa basilica di Santa Maria Maggiore. Lì, infatti, non è un caso che appaia, ai piedi della Madonna, la prima Luna realistica della storia, che il Cigoli copiò dai disegni che Galileo gli inviò dopo averla osservata al telescopio. Ovviamente, dopo il qui pro quo col papato, neanche a dirlo, la famiglia di Cigoli bruciò tutte le lettere scambiate con Galileo.
Ultimo, ma solo perché ai più sconosciuto, è un altro personaggio davvero particolare ed eccentrico vissuto negli stessi anni di Galileo: padre Athanasius Kircher, gesuita tedesco. Padre Kircher è stato quello che si dice un tuttologo, amante della conoscenza in quanto tale. “Niente è di più bello della conoscenza del tutto” affermava. Però questo suo amore del tutto lo rendeva esperto in nulla e, in un’epoca in cui il metodo scientifico Galileiano stava prendendo piede, portò a lasciare nel dimenticatoio questo padre entusiasta. Eppure, tante sono le tracce lasciate dal suo amore per la conoscenza. A lui dobbiamo la traduzione dei geroglifici su alcuni obelischi, come quello di granito rosa che sormonta l’elefantino di Bernini davanti Santa Maria Sopra Minerva. Cristina di Svezia, la regina eccentrica, lo assiste in alcune delle sue osservazioni scientifiche. E sempre Bernini dedica a questa personalità particolare la scultura di un armadillo ai piedi della personificazione de il Rio Della Plata nella Fontana dei 4 fiumi di Piazza Navona.
Il motivo è che un armadillo impagliato sovrastava l’entrata del “Museo Del tutto”, creato sempre da Athanasius Kircher “per riuscire a leggere negli occhi dei suoi visitatori il senso del loro stupore”.
Il futuro è fatto di persone visionarie, che sanno guardare al di là del proprio naso e il naso della coscienza dell’epoca in cui vivono. E chi studia lo Spazio, questo fa: lancia l’umanità verso il futuro.
VERSI
““’a Scienza, è vero, campa de matematica e dimostrazione,
ma campa pure de chi, curioso, fa domanne a ripetizione.
Perché si nun ce fosse chi guarda ortre co’ fascinazione,
nun ce sarebbe meravija ne’a ne’a scientifica nozione.”
FONTI
EMoT – Museo Diffuso Degli Alberi – https://e-mot.net/
EMoT Applicazione – https://e-mot.net/#app
Libro “Il Cielo Sopra Roma” – Roberto Buonanno
Museo Astronomico e Copernicano – https://www.beniculturali.inaf.it/musei/roma/#presentazione
*Martina Cardillo, astrofisica