Ricordo di Antonio Nardulli, scultore, nativo di Marigliano
Purtroppo, abbiamo saputo della scomparsa, avvenuta il 30 aprile 2021, del bravo scultore Antonio Nardulli; il lutto, così, ha colpito la cittadina di Marigliano (NA), dov’era nato e dove viveva. Ricordiamo che l’esperto operatore ha partecipato, durante la sua lunga attività, a rassegne nazionali e internazionali di livello.
Varie testate del campo delle arti visive contemporanee sino sono interessate delle sue opere e hanno scritto, tra gli altri: C. Barbieri, C. Esposito, G. Jacobbe, M. Maiorino, G. Sallustio, F. Trifuoggi, L. Vergine, P. Mancini, A. Ruggiero, E. Battisti, M, Bignardi, Grassi, C. De Angelis, A. Calabrese, E. Alamaro, D. Fusco, A.P. Fiorillo, M. Vitiello, A. Montano, A. Izzo, E. D’Agostino.
Scriveva il critico Eugenio Battisti di Roma: Nelle opere di Nardulli c’è una grande capacità organizzativa, che suggerisce le grandi dimensioni della statuaria classica e romanica, c’è una ricerca di temi simbolici compiuta con originalità (L’Araba Fenice è una immagine spettacolare); c’è una notevole senso, forte e creativo della materia; non a caso le belle pagine che accompagnano le illustrazioni delle sue opere parlano di lui come di un tipico scultore della pietra. Inoltre vedere la sua opera entro il contesto delle ricerche plastiche che oggi in atto nella grande città meridionale è un ulteriore elemento di interesse e si può ben dire un indiretto momento critico.
Marito della decana insegnante ora in pensione, Maestro, ha lasciato le due unitissime figlie, Filly, docente del Primo Circolo Didattico di Marigliano, e Maria, architetto. Purtroppo, c’è da dire che altre scomparse ci hanno addolorato, però, per colpa del Covid-19; tra queste: Franco Rotella, grande designer, Luigi Mazzella, scultore, Nino D’Antonio, giornalista, scrittore e critico, Pietro Nardiello, scrittore e giornalista; e ancora da Germano Celant, docente e critico d’arte, a Vittorio Gregotti, architetto, da Lea Vergine, critica d’arte, saggista e curatrice d’arte italiana a Enzo Mari, designer e accademico italiano. Lista purtroppo lunga… Ricordiamo di Antonio Nardulli una sua bella mostra al “CIAC M 21” nel pieno centro di Caserta, in via Mazzocchi al n. 21.
C’era l’artista-organizzatore Gabriele Marino, che disponeva le mostre in questo spazio, piccolo, ma accogliente, che lo volle in esposizione; riscosse un confortante successo. Dallo studio-laboratorio-archivio dell’artista mariglianese, oggi, vengono fuori foto, ritagli di articoli, documenti vari e lavori, sconosciuti, celati, dimenticati. Una sua opera, che riprendeva un bambino – una fusione in bronzo -, fu ben disposta nella “Villa Comunale” di Marigliano, per celebrare i caratteri dell’infanzia. L’artista svolgeva la sua attività con cipiglio sicuro, sagomava sempre sculture in pietra, che rimandavano a un’esaltante arcaicità, che oltrepassava la modernità. Gli piaceva ripartire, frazionare, separare, staccare, spezzare e/o incidere qualsiasi materia, ma privilegiava il tufo. Nell’oasi tranquilla del suo laboratorio-studio produceva, in silenzio, e implementava col suo interesse flessibile e duttile il suo gruppo di lavori, rivolti al passato. Si esprimeva con un linguaggio congruo, riconoscibile e, fortemente, sensibile e trasmetteva alle sue opere impulsi e afflati, nonché fiati, arcaici.
Con le sue predisposizioni plastiche convinte, da cui si percepiscono aperture e coltivate tensioni e tenute segniche, selezionava dimensioni semantiche vigorose, robuste e capaci e forti figurazioni interpretavano icasticità mordenti.
Tutto il suo iter operativo è stato unito, adeguato e coerente, mai “urlato”.
Sicuramente la memoria di Antonio Nardulli sarà rivisitata e una significativa attenzione sarà posta su quest’artista, sempre mimetizzato.
Quest’operatore si è allontanato dal mondo e un numero di opere, coperte di magia e di pregnanza cosmica, sono da rivedere, da ri-conoscere, da indagare.
Si spera di poter visionare, fra poco, una dozzina di opere in una prossima retrospettiva. La sua controllata semplicità e il suo resistente rigore li ha sempre condivisi in una regolarità di vita esemplare.
Antonio Nardulli era lontano dalle manifestazioni mondane e preferiva appartarsi e lavorare di scalpello. Questa figura d’artista merita un avanzamento mediatico.
Col suo spirituale carattere riservato riusciva a sostanziare lavori emblematici, significativi, che piacevano ai suoi studenti. Le sue lezioni sono state utili per molti suoi allievi, oggi scultori, tra cui il bravo e riservato Ernesto Pengue, che vive a San Lupo (BN), che l’ha ricordato con affetto e particolare stima. E’ stato un distinto didatta e un profondo maieuta, che agiva, convintamente, per i suoi discenti. Ha informato su tracce del passato un suggerito presente per, poi, oltrepassare il futuro. Le sue ritagliate figurazioni superano il momento odierno e attraversano il domani.
In conclusione, riprendiamo un nostro testo critico, del 1996, e lo riproponiamo, perché resta attuale nella cadenza di acuta riflessione e di misurata e ponderata nota analitica: Abbiamo avuto la possibilità di conoscere Antonio Nardulli alla mostra “Identità Plastiche”, allestita a Marcianise (BN), nell’estate del 1996. E’ un artista sensibile che lavora, da molti anni, la pietra e da fine scultore intende proseguire studi sulle possibilità estetiche di vari materiali, tra cui, in particolare, il tufo. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Napoli e ha insegnato all’Istituto Statale d’Arte di Cerreto Sannita e a quello di San Leucio di Caserta, nonché al Liceo Artistico Statale di Napoli. Dal 1957 è operativo ed ha partecipato a numerose collettive, rassegne e a diverse manifestazioni artistiche. L’abbiamo rivisto a Caserta all’ultima sua personale al Centro Iniziative Artistiche Culturali “Raffaele Soletti”, spazio ottimamente coltivato e diretto da Gabriele Marino.
Il forte interesse che dimostrano artisti di varie latitudini per la scultura ci fa comprendere che l’estetica volumetrica non rasenta più i margini dell’estrinsecazione della forma. Nell’attuale contesto visivo campano l’opera di Antonio Nardulli si pone in evidenza e sostanze positivamente il percorso della scultura, nonché i suoi variegati accenti e le sue più coerenti manipolazioni. Le ultime interessanti opere di Nardulli risultano sintesi di una raggiunta e felice maturità artistica.
Nelle sue sculture abbiamo la possibilità di cogliere prontamente la misura dell’uomo. Nella loro concretezza siglano annotazioni sincere, e, talvolta, severe, di ieratica bellezza e conquistano perché attingono da un’etnostoria ben consolidata, quale quella magnogreca.
Ridefiniscono e ridisegnano presenze che hanno attraversato la storia e il mito. In una voluta verticalità, stratificata a sezioni, ragguaglia tensioni e richiami assoluti. In una visione allertata e consapevole sviluppa allusioni e, cosi, rimanda a riflessi di epoche passate, che ancora ingannano il contemporaneo. Ogni lavoro, estrapolato dal tufo, che poi è inchiostrato da sagge e segrete misture, preparate con vari ingredienti e soluzioni, quasi rende presenze fauste, tradizioni orali e sapori della natura.
E’ nella capacità dell’artista rimandare, confinare, sintetizzare figure fortemente rappresentative di una classicità che spazia dalla mediterranea alla mediorientale, da quella sacra a quella profana.
Ogni opera di Antonio Nardulli è memoria di un tempo, salvataggio dall’oblio, nonché ritrovo di vissuti. Antonio Nardulli seziona e incide il tufo e raccoglie argomenti, dagli afflati arcaici alle duttili ironie, e rammenta nelle elaborazioni segniche persistenze semantiche, inossidabili nella loro carica di valori.
Ciao Antonio, che la terra ti sia lieve.
*Maurizio Vitiello, critico