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Rete viaria e mezzi di trasporto nel passato pre-unitario in terra d’Abruzzo

Nei secoli passati la maggior parte della popolazione conosceva solo il Paese dove viveva e quelle località raggiungibili a piedi o, quando la strada lo permetteva, su un carro. Nei primi decenni dell’Ottocento quasi l’80% dei Paesi d’Abruzzo non era collegato con strade rotabili. Potevano quindi collegarsi a un paese limitrofo con stradine percorribili a piedi o in groppa a un mulo o a un cavallo.

 Questo significa che la gran parte di questi Paesi era più o meno isolata e certamente lo diventava durante la stagione fredda invernale caratterizzata da forti nevicate: l’agricoltore, l’artigiano, l’impiegato, l’operaio, l’uomo o la donna di servizio e tante altre categorie di lavoratori non avevano la possibilità e i mezzi per viaggiare. Spesso nascevano, vivevano e morivano  nello stesso posto. L’abitudine di percorrere estesi tratti a piedi è rimasta sino all’avvento delle automobili. Dai racconti di coloro che furono giovani nei primi decenni del ‘900 si è appreso, infatti, che ogni giorno dai paesi limitrofi a Chieti ( Bucchianico, Ripa Teatina…) arrivavano donne a vendere il latte fresco. Portavano in mano un contenitore metallico di circa 20  litri e 2 misurini; andavano di casa in casa ai loro clienti.  Non era raro vedere donne col canestro in testa pieno di frutta e verdura che settimanalmente si recavano, dai suddetti Paesi, a casa dei loro proprietari terrieri per portare, come previsto dal contratto, le primizie del campo. Cose oggi quasi impensabile…!!!

Tipologie di carri e di carrozze costruite in tutti i tipi di legno.

Per viaggiare si utilizzava il cavallo. Lo si poteva usare con la sella oppure facendogli trainare un calesse, un carro o una carrozza. Ancora nell’Ottocento, però, l’uso del carro o della carrozza non poteva essere praticato in tutte le realtà: in Abruzzo ad esempio solo il 20% dei Paesi era collegato con strade rotabili. I mezzi trainati da 1, 2, 4 o più cavalli erano di diversa forma e di vario utilizzo. Potevano essere: coperti o scoperti, per pochi o per molti viaggiatori, a due o a quattro ruote. Cambiavano nome in base ai modelli. Tante erano le tipologie di carri e di carrozze costruite in tutti i tipi di legno.

In questa foto una contadina porta in testa un canestro con perfetto equilibrio.

 Ogni viaggio aveva il suo rischio. Prima di partire per destinazioni lontane si era soliti confessarsi e comunicarsi. Spesso si faceva anche testamento. Ad esempio a Pettorano sul Gizio, l’ultimo dei Paesi prima di avventurarsi in un fitto bosco esteso per diverse decine di chilometri, molti viaggiatori che dovevano giungere a Napoli si fermavano dal notaio per fare testamento o per lasciare oggetti che avrebbero ripreso al loro eventuale ritorno. Dopo Pettorano, infatti, ci si inoltrava in luoghi di montagna, lontani dai centri abitati, alla mercè del destino, dove non facevano paura solo i lupi ma anche i briganti che assalivano e derubavano i viandanti. 

Nel disegno, viaggiatori assaliti e derubati dai briganti.

Se mancavano le strade, a maggior ragione mancavano i ponti per collegare le diverse sponde dei fiumi. Due erano le possibilità: o attraversarle su una scafa (piccola barca senza vela) o guadare (attraversare a piedi) il fiume. La prima era possibile solo in alcuni tratti. Ad esempio, nella parte bassa di Chieti, nei pressi di Villanova vi era una scafa. Altra scafa esisteva per l’attraversamento del fiume Pescara a Villa Reja. Solo alla metà del ‘900 si decise di costruire un ponte, l’attuale ponte delle fascine. L’utilizzo delle scafe aveva un pedaggio che variava a seconda che si trasportava una persona, un cavallo, un asino, un calesse, una carrozza ecc. Nelle altre occasioni si doveva attraversare il fiume a piedi o a cavallo, stagione permettendo.

Scafa che veniva utilizzata per trasportare persone o carri trainati da  cavalli

In alcuni tratti, addirittura, le strade erano costituite dagli stessi letti dei fiumi e quindi transitabili solo in alcuni periodi dell’anno. La rete viaria in Abruzzo, fino all’unità d’Italia, era realmente drammatica. Da quando l’Abruzzo ha iniziato a far parte del Regno di Napoli, Napoli ha avuto solo un interesse: collegare sé stessa, quale capitale del Regno, alle sue regioni. Per arrivare dalla Campania in Abruzzo c’era la via degli Abruzzi che partiva da Napoli, passava a Caianello, Roccaraso, Castel di Sangro, Sulmona, Popoli. A Popoli la strada si diramava: una strada andava verso L’Aquila e una strada andava verso Chieti. Da Chieti poi proseguiva prima per Pescara e poi per Teramo. Il mezzo pubblico viaggiava anche di notte e percorreva le c.d strade postali.  Ogni 30/40 Km  circa, infatti, si trovavano le stazioni di posta che servivano per fare il cambio dei cavalli e lì si trovava anche qualche locanda dove i  viaggiatori potevano rifocillarsi. Da Napoli a Chieti erano 22 ore di viaggio mentre da Napoli a Teramo erano in totale 38 ore di viaggio. Quei Paesi dell’Abruzzo che non sorgevano nelle vicinanze di queste strade postali o di altre strade rotabili si collegavano con i grandi centri, come Chieti, con dei sentieri da percorrere a piedi o in groppa a un mulo o a un cavallo.

*Marilisa Palazzone, docente