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Potenzialità e rischi dell’Intelligenza Artificiale

Intervista a Diego Calvanese, tra i massimi esperti al mondo dell’IA

Professore ordinario presso il Research Centre for Knowledge and Data (KRDB) della Libera Università di Bolzano, dove dirige il gruppo di ricerca Intelligent Integration and Access to Data (In2Data), direttore di Smart Data Factory (SDF), il laboratorio di trasferimento tecnologico in informatica della Facoltà di Ingegneria presso il NOI Techpark a Bolzano, Wallenberg Guest Professor in Artificial Intelligence for Data Management presso l’Università di Umeå (Svezia).

Sono solo alcuni dei suoi titoli ed incarichi per il mondo, dove la ricerca si occupa di Intelligenza Artificiale.

Il prof Diego Calvanese, autore di oltre 400 pubblicazioni, con più di 37.000 citazioni e un h-index di 78 solo per Google scholar, è riuscito nell’impresa, altrettanto straordinaria, di acquisire finanziamenti per la sua ricerca per più di 6 milioni di Euro.

Professore, la fantascienza ci ha abituato ad immaginare scenari tecnologici avanzati e la moderna tecnologia è stata di grande aiuto, soprattutto negli ultimi anni per gestire ad esempio l’emergenza pandemica – smart working, didattica a distanza, call conference ecc. – trasformando tutto il mondo in un’unica piazza. Ciò ha rappresentato sicuramente una notevole spinta nello sviluppo di tecnologie della connessione, ma può introdurci alla definizione di Intelligenza Artificiale? Genericamente può definirsi Intelligenza Artificiale la scienza e l’insieme di tecnologie che permettono alle macchine comportamenti che fino a poco tempo fa erano possibili solo agli esseri umani, come la capacità di pensare e non solo di eseguire azioni. Gli studi in questo campo sono iniziati negli anni ’50 con la conferenza di Dartmouth, il Summer Research Project on Artificial Intelligence, svoltosi nel 1956, e considerato come l’evento ufficiale che segna la nascita del campo di ricerca.

A che punto siamo e come si evolverà il suo utilizzo e la sua presenza? Da diversi anni, la ricerca, che aveva subìto un arresto negli anni 1990 per mancanza di risorse adeguate, ha ripreso slancio e vigore e oggi abbiamo già moltissime applicazioni in uso tra software e robotica, ma in realtà quanto siamo lontani o vicini al raggiungimento dell’IA Generale è un ambito discusso. Per alcuni studiosi lo abbiamo già raggiunto, per altri è ancora lontano. Si tratta ancora di intelligenze artificiali settorializzate. L’esempio più comune è ChatGPT, che è in grado di produrre testi verosimilmente uguali a quelli che produrrebbe un essere umano. L’incremento costante di nuove tecniche matematiche e statistiche, insieme all’enorme capacità di calcolo e ai volumi di informazioni digitali oggi disponibili per allenare le intelligenze artificiali, hanno reso possibile sviluppare sistemi che in ambiti specifici hanno ormai superato le capacità umane. Esempi significativi sono il riconoscimento di immagini, il riconoscimento del testo parlato, la pianificazione per la risoluzione di problemi complessie non ultime le IA che generano testi, immagini, e video. Mi lasci menzionare anche la robotica, dove molte tecniche di intelligenza artificiale trovano applicazione in un contesto complesso, dove l’automa deve imparare a riconoscere il mondo circostante per poter agire nello spazio fisico.

Siamo abituati a pensare che gli automi o i robot siano stati di supporto, finora, al lavoro umano, soprattutto in lavori gravosi, pericolosi o particolarmente rischiosi. Oggi tuttavia si percepisce la potenzialità di un’intelligenza che sebbene artificiale potrebbe sostituire l’uomo, ad es. nella scrittura, nell’arte, nel cinema e secondo alcuni recenti studi molte professionalità e lavori potrebbero scomparire, si parla di 85 milioni di posti di lavoro nel mondo, entro il 2025, se l’IA sostituirà le persone che li svolgono. Cosa pensa di ciò? C’è un aspetto etico che coinvolge il suo utilizzo? Una macchina può eseguire azioni, calcoli, comporre, ma non ha “coscienza” di ciò che fa, non ne capisce il significato. Nel caso dei testi ad esempio, può produrne di linguisticamente coerenti, ma non “sa” cosa ha scritto, e quello che viene scritto non è necessariamente corretto nei fatti. E questo vale per tutti gli ambiti. Questa “coscienza” e questa “comprensione” sono ancora lontani dall’essere raggiunti. Questo argomento, ovvero l’impatto sociale nel mondo del lavoro, è una delle considerazioni su cui si sta riflettendo molto, perché porta ad immaginare gli sviluppi più negativi. Ma sull’impatto sociale sulle professioni che l’IA potrebbe avere, non c’è ancora nulla di chiaro. Probabilmente molte professioni spariranno, ma molte altre nasceranno. Molto dipenderà dalle normative che verranno create per disciplinarla e in questo campo va detto che l’Europa è all’avanguardia perché ha già iniziato un percorso di discussione e di proposte.

L’intelligenza artificiale è pericolosa? Anche questa è una domanda che evoca scenari diversi. Non è possibile oggi affermare che lo sia o non lo sia. L’IA è composta da molti ambiti e discipline diverse e gli studi su una IA Generale in cui confluiscano e interagiscano i vari settori sono tuttora in corso. Da una parte, si basano sulle cosiddette “reti neurali”, ovvero un modello computazionale composto di “neuroni” artificiali, ispirato vagamente alla semplificazione di una rete neurale biologica, cioè ciò che permette di elaborare dati complessi e reagire ad input sensoriali. D’altra parte, l’intelligenza artificiale studia anche tecniche cosidette “simboliche”, che permettono di comprendere il mondo circostante ed elaborare le informazioni usando un approccio logico e il ragionamento automatico. Molti esperti ritengono che solo attraverso la combinazione dell’approccio neurale con quello simbolico si potrà arrivare a costruire un’IA Generale, anche se tuttora nessuno sa esattamente come farlo. Se e quando arriveremo a quel punto dovremo porci la domanda se l’IA è pericolosa in senso diretto, ovvero secondo quanto ipotizzato dagli scenari catastrofici di alcuni film di fantascienza. Ma a quel punto potrebbe essere troppo tardi, per questo, anche in questo caso sarà importante il quadro normativo in cui l’IA sarà disciplinata.

Diego Calvanese è un informatico italiano e professore presso la facoltà di Ingegneria della Libera Università di Bolzano.

Nel 2019 ha ideato e fondato ONTOPIC, spinoff della Libera Università di Bolzano per lo sviluppo di soluzioni e tecnologie per la gestione e l’integrazione dei dati, basate su tecnologie semantiche. Dal 2019 è anche Wallenberg Visiting Professor presso il dipartimento di informatica dell’Università di Umeå. Sempre nel 2019 è tra i 58 informatici nominati dall’ACM (l’Association for Computing Machinery di New York) per il contributo scientifico dato in diversi settori dell’informatica, tra cui: intelligenza artificiale, cloud computing, computer grafica, biologia computazionale, scienza dei dati, sicurezza e privacy, ingegneria del software, quantum computing e web science con la seguente motivazione: “Per i contributi dati alle logiche descrittive e alle loro applicazioni nella gestione dei dati e nell’ingegneria del software”. Gli ACM Fellow costituiscono un gruppo d’élite che rappresenta meno dell’1% dei membri globali dell’associazione e quelli nominati nel 2019 provengono da università, aziende e centri di ricerca in Australia, Canada, Cina, Egitto, Francia, Germania, Israele, Italia, Svizzera e Stati Uniti.

*Mira Carpineta, giornalista