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Per un mare di diritti, libertà, uguaglianza e dignità

Una catastrofe, quella di Steccato di Cutro che non può essere descritta, ma che proveremo a commentare in questo articolo

Quando una persona esprime una catastrofe, la descrive, la comunica ad altri, in qualche modo prova a gestirla emotivamente per farla sembrare meno terribile di quanto sia in realtà. In alcuni casi, però, come in quello della strage dei migranti accaduta in Calabria, le catastrofi sono troppo coinvolgenti, terribili, per poter essere esprimibili, ovvero descritte o comunicate con le parole, poiché superano la capacità umana di comprensione e accettazione.  

Non è possibile accettare umanamente una spiaggia della nostra nazione con biberon, peluche, bambole, pigiamini di bambine e bambini divenuti cadaveri ad una manciata di metri dalle coste italiane solo per il fatto di essere nati in un posto sbagliato. Effetti personali di donne e uomini, colpevoli solo di tentare un futuro migliore.

Non è possibile accettare che il mare dallo Jonio fino a quello a largo di Lampedusa sia diventato negli anni la tomba per 30.000 persone, come noi, esattamente come chi scrive e chi legge questo testo. Persone, come ricorda il giornalista inviato de La Stampa Nicolò Zancan attraverso un tweet, come “Torpekai Amarkhel, nata il 4 aprile 1981 a Wardak, Afghanistan. Giornalista, interprete e traduttrice. Al lavoro con l’Onu, quindi nemica dei talebani. Costretta a fuggire a piedi in Iran, poi in Turchia. Morta affogata a cento metri dalla riva, a Steccato di Cutro, Italia, UN”.

Una catastrofe, quella di Steccato di Cutro che non può essere descritta, ma che proveremo a commentare in questo articolo, partendo da un commento di Francesco Costa, giornalista de Il Post che ha seguito la vicenda nell’intero corso dell’amara settimana: “quello che è accaduto è una logica conseguenza delle nostre azioni, delle nostre opinioni, dei nostri voti.

È frutto anche, oserei dire, di un perfetto modello, alimentato magistralmente da anni, con post sui social, interviste e dati che insieme formano un potente strumento per costruire narrazioni e opinioni su un fenomeno. Un modello che utilizza alcune informazioni in modo spesso scorretto o incompleto, per portare il lettore a immediate conclusioni errate e razziste. Opinioni che rafforzano la discriminazione e ampliano la disuguaglianza.

Affermazioni pregiudiziali come “dobbiamo perseguire gli scafisti”, spesso come evidenzia il rapporto “Dal mare al carcere” (https://dalmarealcarcere.blog/) vittime anche loro delle organizzazioni che pianificano il viaggio, oppure “gli immigrati ci rubano il lavoro”, “gli stranieri commettono la maggior parte delle violenze sessuali”, “35€ che finiscono nelle tasche degli immigrati”, anche se smentite attraverso il debunking (noto è il ruolo di pagellapolitica.it sul fact-checking), possono continuare a influenzare la percezione pubblica, fino ad arrivare, per assurdo, a influenzare la rete di soccorsi che da sempre si è spesa per assicurare un futuro a donne, uomini, bambine e bambini.

Sulla tragedia avvenuta vicino Crotone, che ad oggi ha visto 72 persone migranti morte, tra cui 16 minorenni, si è soffermato durante un discorso pubblico il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “I profughi afgani hanno fatto tornare anzitutto in mente quanto, quasi due anni fa, il nostro Paese ha fatto nel momento in cui i talebani occupavano Kabul per portare in Italia non soltanto i nostri militari in missione lì, ma per portare in Italia tutti i cittadini afgani che avevano collaborato con la nostra missione. Non ne abbiamo lasciato nessuno, li abbiamo tutti accolti qui in Italia.

Ecco, questo ci fa tornare alla mente le immagini televisive della grande folla di afgani all’aeroporto di Kabul che imploravano un passaggio in aereo per recarsi altrove. Ci fa quindi comprendere il perché intere famiglie, persone che non vedono futuro, cercano di lasciare, con sofferenza – come sempre avviene – la propria terra per cercare un avvenire altrove, per avere possibilità di un futuro altrove.

Quindi, di fronte all’evento drammatico che si è consumato, ma ancor più a ciò che questo raffigura di condizioni drammatiche, in quello come in altri Paesi, il cordoglio deve tradursi in scelte concrete, operative, da parte di tutti. Dell’Italia, per la sua parte, dell’Unione europea, di tutti i Paesi che ne fanno parte. Perché questa è la risposta vera da dare a quello che è avvenuto, a quelle condizioni che – ripeto – con violazione dei diritti umani e della libertà, colpiscono tutti, in qualunque parte del mondo
”, ha concluso il Presidente.

Dalle parole del Presidente Sergio Mattarella emerge chiaramente che é fondamentale un tentativo concreto e organizzato di azioni finalizzate a mutare lo stato delle cose, che tenti non solo di prestare aiuto a chi in questi ultimi anni ha messo e sta mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei propri cari per cercare una possibilità di riscatto attraversando il Mediterraneo o lo Jonio e raggiungere l’Europa, ma anche di smuovere le coscienze per rispondere all’attuale stato delle cose. Per far sì che l’intervento su un barcone torni ad essere in primis una operazione di salvataggio e non di polizia.

Rimettere al centro il consolidamento di una società veramente civile e umana, dare la massima priorità ai membri più vulnerabili e bisognosi della collettività, come i migranti, gli emarginati e coloro che vivono in povertà estrema è un aspetto dal quale un paese che si ritiene civile non può prescindere.

Ma ancora, rimettere al centro i valori umani fondamentali della condivisione, dell’empatia verso gli altri, dell’accoglienza e dell’inclusione. Impegnarci per promuovere i diritti e la dignità di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro situazione e lavorare per costruire una società più giusta e solidale.

Rimettere al centro le norme costituzionali e internazionali, tra le quali l’obbligatorietà del salvataggio di chi si trova in condizione di perdere la vita in mare e il suo trasferimento in un porto sicuro laddove ciò si renda necessario.

Rimettere al centro la tutela dei diritti fondamentali negati alle persone, che pure dovrebbero costituire un patrimonio universale e inalienabile capace di governare la convivenza umana e civile.

O semplicemente rimettere al centro la nostra storia di migranti nel mondo, quella dei nostri nonni, delle nostre madri e dei nostri padri.

*Sergio Lanfranchi, giornalista