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Non chiedere mai a un poeta

AUTUNNO A TIRANA

Autunno,

nella Tirana che si perde in un baleno,

tra le bollicine allungate su vetri cristallini,

tra le panchine abbandonate dal trambusto

tra gli alberi spogli fino all’oblio.

Autunno,

e ritorno di lacrime in momenti di riflessione,

persi tra ricordi di vecchi amori,

ritorno doloroso delle anime fragili

pagina ingiallita del mio diario.

Autunno,

nella Tirana dai passi di un tempo

e della panchina rivestita sempre di verde,

dell’ultimo bicchiere versato su rilievi,

frammenti di labbra, cieli d’amore.

Autunno

e nostalgia dei tempi passati,

per lo splendore della luce nell’anima candida,

per la vita scivolata in abissi di riflessioni,

per la foglia abbandonata tra le rovine.

Autunno

e tracce in ogni battito di cuore

per lei… per qualcun’altro… per l’amore,

dei tempi a venire bussata rumorosa

… e dell’autunno pentagramma malinconico.

 LA MIA MUSA!

Quale bellezza nascondi nei crepuscoli?

Quali sogni nacquero oltre le radure?

Quale canto suoni negli abissi profondi?

Quale raggio cerchi sul far della notte?

Musa mia!

Resto su una roccia taciturna, 

colpisco il silenzio dissolto nell’eternità. 

vedo tramonti appassiti ovunque, 

per poi far sorgere l’alba rinata. 

Musa mia!

Gli anni e i capelli come le rocce stesse, 

sbiancano avvolti dalla nebbia invisibile. 

L’anima scolpita dalla penna prosciugata, 

è scossa, lacerata, immersa nell’ignoto. 

Musa mia!

Sei giunta come maledizione tra le vene 

o come un gioco vertiginoso? 

Contemplo occhi di fanciulle celate in te 

e le lacrime trasformate in smeraldi. 

Musa mia!

Come soffio vitale che spinge all’oblio, 

poiché nascemmo poeti all’alba. 

La giornata si affretta con passo caotico 

Visioni pacifiche della vita fremente

NON CHIEDERE MAI A UN POETA!

Non chiedere mai a un poeta della luce del giorno,

Di come l’alba sorga presto

Di come il sole ti uccida con il suo calore

Di come tu possa vedere la metà restante dei sentieri

Nel passato in cui tu per primo li hai abbandonati 

Quella visione in cui i tuoi occhi iniziano a brillare e ti senti più vivo che mai

Non chiedere mai a un poeta dei giorni che passano 

dai più profondi crepuscoli coperti di pietà, 

di una luna solitaria affogata in un lago 

come un’ombra permanente di una donna pentita. 

Non chiedere mai a un poeta quanto sia triste il mondo 

Come il suo dolore porti il nome dell’autunno 

Gli piace perdersi in un mondo come

Un brano in un libro triste 

Soprattutto, non chiedere mai a un poeta sull’amore 

Ti si spezzerebbe il cuore,

trafigge come un peccato sopra un arcobaleno pieno di colori

Le stagioni suicide brillano per le anime innocenti e per gli Dei.

Agron Shele, classe 1972, nato a Përmet in Albania, vive attualmente in Belgio. È coordinatore direttivo della Galassia Poetica “ATUNIS”. La sua prosa e la sua poesia hanno destato l’attenzione della critica letteraria per la tematica psicosociale e la creatività innovativa, ma anche per l’elevato messaggio artistico e il talento individuale, tanto da essere annoverato tra i premiati di quest’anno al premio internazionale Città del Galateo, nella sezione poesia internazionale.

*Claudia Piccinno, scrittrice