Nel metaverso la nuova dimensione della musica
Musicista, direttore d’orchestra, compositore, filosofo, scrittore. Maurizio Colasanti dall’Abruzzo al Metaverso
Esecutore raffinato, compositore originale, il Maestro Colasanti vanta una carriera pregevole iniziata a soli sette anni, quando, bambino prodigio, tenne la sua prima esecuzione da solista nel suo paese natale: Pretoro, in provincia di Chieti. Una carriera brillante nei teatri di tutto il mondo, che la pandemia ha interrotto, ma non completamente. Con l’esplosione delle nuove tecnologie digitali la sua musica è approdata nella nuova dimensione della rete. Il Maestro si racconta così: Gli anni di pandemia ci hanno fatto scoprire il valore delle nuova tecnologie e i molti utilizzi che ne possono scaturire. Ho scoperto il Metaverso attraverso la lettura di un libro americano in cui questo luogo, apparentemente asettico può divenire un luogo fisico, una realtà che funziona e potrebbe aiutarci in molti modi. Un canale diverso in cui trovare e riversare interessi di grande valore culturale, pur nella consapevolezza che l’algoritmo può influenzare scelte e preferenze. Un canale diretto, che raduna un pubblico difficilmente raggiungile solo in presenza.
Con una media di 500 ascoltatori al giorno, infatti, il maestro ha raggiunto in pochissimo tempo oltre 20.000 followers sulla piattaforma Spotify dove oltre alla produzione classica si sono aggiunti due brani appena composti dal titolo: Metaverse first e second (2022).
Come vive questa esperienza? Da qualche tempo scrivo musica per una major americana, ROUTENOTE, che attraverso questi strumenti e questa tecnologia mi permette di avere mediamente 500 persone al giorno in ascolto, in tutto il mondo. Il progresso, se ben usato può portare grandi benefici. E’ importante tuttavia la consapevolezza dell’uso che se ne fa. Faccio sempre l’esempio della zappa che può essere uno strumento letale se data in testa a qualcuno o può produrre preziosi raccolti.
Come è cambiato il mondo musicale in questi anni? È cambiato molto e direi in meglio se pensiamo ai secoli passati e le difficoltà di vivere senza le conoscenze attuali. Oggi, paradossalmente, le persone cercano più semplicità. C’è una grande tensione innovativa ma anche voglia di non perdere tempo. I brani corti, tre minuti al massimo hanno molto successo. Un brano di 12 minuti non lo ascolta più nessuno. E’ una società bulimica che vuole tutto e subito e magari senza pensare troppo dove i linguaggio visivo è diretto, immediato. L’immagine prende il sopravvento, come la copertina più del libro mentre la musica è sempre in movimento, come nei concerti pop o rock dove il cambio del ritmo è repentino. Spesso c’è una spettacolarizzazione visiva che porta ad ascoltare con gli occhi. D’altro canto invece la musica classica si è ritirata sempre più nella sua nicchia per élites, con un atteggiamento di conservazione che la nasconde ancora di più.
Cosa sarebbe necessario fare, invece, a suo avviso? Lo studio e la passione rimangono i pilastri fondanti perché la musica e l’arte, come la scienza, hanno bisogno di sperimentare. Il valore di queste ricerche viene colto a posteriori. Anche Mozart a suo tempo è stato un innovatore, ma neanche troppo apprezzato dai suoi contemporanei, è stato il tempo, successivamente che ne ha fatto riconoscere il genio. Un altro esempio è Ennio Morricone che ha rivoluzionato la musica e la composizione, ma lo ha fatto in 90 anni e in punta di piedi e oggi ne riconosciamo il grande valore artistico e culturale. La scuola e la formazione sono importanti per scoprire nuovi talentie aiutarli a sbocciare. Purtroppo questo in Italia è sempre stato un punto dolente. Il nostro paese ha dilapidato ingenti patrimoni culturali a causa di queste mancanze nell’istruzione artistica e musicale e non solo.
La mancata ricerca e la fuga dei talenti sono “malattie” tutte italiane. Cosa suggerisce? Il mondo artistico musicale oggi è concentrato nel catturare l’attenzione visiva innanzitutto, ma senza studio è solo apparire. In Germania e in Austria le Mozarthaus sono vere e proprie fucine di talenti, con programmi e corsi di alta formazione. In italia non esistono analoghe “Case di Verdi”, neanche a Parma. In Turchia anche le piccole città da 100.000 abitanti hanno magnifici teatri per concerti e il pensiero corre a Pescara che non ha niente del genere. Inoltre alcuni standard – definiti dal mercato – riconoscono solo il valore di virtuosismi e virtuosi dell’esecuzione, ma la musica è artigianale, è ricerca, è scoperta. Per questo i migliori soprattutto tra i giovani vanno via. È triste constatare che ci sono intere generazioni di giovani abbandonati alla fruizione passiva di programmi televisivi senza contenuti, dove la competizione è fine a se stessa, oppure ancora basati su algoritmi studiati per raccogliere pubblico, mentre potrebbero, attraverso lo studio, scoprire e forgiare i propri talenti. Questa è una responsabilità di chi decide e amministra la cultura e la formazione e dovrebbe costituire un luogo al di sopra delle logiche politiche, economiche.
A proposito di logiche politiche, cosa pensa delle esclusioni di artisti russi dai contesti internazionali? Non condivido l’esclusione, il bando che alcuni artisti, atleti, scrittori russi subiscono a causa delle tensioni politiche attuali. La cultura è universale, altrimenti rischia di diventare “serva del potere” di turno.
Si spieghi meglio: è innegabile, soprattutto in Italia, che il mondo della musica e dell’espressione artistica in generale, dipenda quasi totalmente dallo Stato e dalle sue elargizioni. E’ triste ma è così.
Quali sono i suoi prossimi progetti? Sto realizzando diverse uscite sulle piattaforme in rete e grazie alla riapertura dei teatri ho in programma anche una tappa in Abruzzo, a Pescara a luglio, con un “Rigoletto” al teatro D’annunzio.
Dal Metaverso all’Abruzzo in questo caso.
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Maurizio Colasanti ha studiato direzione d’orchestra presso le scuole di Vienna, Ginevra e Budapest. Docente in importanti conservatori di musica internazionali come l’Illinois State University di Chicago, la Royal College of Music di Melbourne e il Conservatorio di Musica di Quito, ha collaborato con musicisti come A. Rosand, A. Pay, C.M. Giulini, A. Braxtone, G. Shuller, M. Larrieu, P. Badura Skoda . Nel 2012 è stato eletto direttore principale e direttore artistico dell’Osuel. Nella sua intensa carriera esibizioni concertistiche italiane ed internazionali con: Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari, Seoul Philarmonic Orchestra, Teatro dell’Opera di Roma, St.Martin in The Fields, Royal Accademy of Music, Orchestra Sinfonica Siciliana,Teatro Lirico di Cagliari, Orchestra Sinfonica Abruzzese, Finnish Symphony Orchestra, Orchestra Sinfonica di San Remo, Miami Symphony Orchestra, Karnten Simphonieorkester, Solisti del Teatro alla Scala di Milano, Illinois Symphony, Minas Gerais Symphony Orchestra, Villa Lobos Symphony Orchestra, Orchestra Sinfonica di San Remo, Carnegie Hall, Melba Hall, Seoul Opera House, New England Symphony Orchestra, Lithuanian Chamber Orchestra, Orchestra Sinfonica Porto Alegre, Nancy Philarmonic, Camerata Istropolitana Bratislava. Ha diretto:
– Cappella Istropolitana di Bratislava
– Orchestra Sinfonica di Mar del Plata
– Orquestra Filarmonica do Ceará
– Orchestra Sinfonica di Porto Alegre
– Orchestra del Estado del Mexico
– Guanajuato Symphony Orchestra
– Orchestra da Camera Fiorentina
– Orchestra Sinfonica di Kaunas
– Adana Symphony Orchestra
– Lithuanian Chamber Orchestra
– I Solisti del Teatro alla Scala di Milano
– Orchestra del Teatro Marrucino
– Orchestra della Magna Grecia
– Villa Lobos Symphony Orchestra
– New England Symphony Orchestra
– Orchestra Sinfonica di Quito
– Heidelberg Symphony Orchestra
– Wien Residenz Orchestra
*Mira Carpineta, giornalista