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Maurizio de Giovanni, Caminito. Un Aprile del commissario Ricciardi, Einaudi, 2022

Il titolo Caminito (Einaudi, 2022), scelto per il nuovo romanzo della serie del commissario Ricciardi di Maurizio de Giovanni, è volto a evocare atmosfere e stati d’animo piuttosto che a sintetizzare intrecci narrativi, fatti e personaggi. Caminito, infatti, è anche titolo di una canzone scritta dal poeta argentino Gabino Coria Peñaloza e l’atmosfera evocata è, dunque, quella struggente e nostalgica della milonga argentina, nella quale si parla di «una piccola strada di campagna, piena di erba e fiori […]. Di quelle strade che sanno accogliere gli amanti in un abbraccio felice. E che, a tornarci da soli, moltiplicano i rimpianti e sommergono di malinconia». Perché rimpianto e malinconia segnano lo stato d’animo di Alfredo Ricciardi nell’Aprile del 1939, cinque anni dopo la morte della moglie Enrica, dalla quale aveva appena avuto la piccola Marta. Caminito gli ricorda la moglie perché è la canzone che a lei piaceva tanto. Caminito gli ricorda la moglie perché è il nome convenzionale che i due innamorati avevano dato a un luogo appartato, un sentiero di campagna, nel quale erano soliti andare da fidanzati e anche dopo il matrimonio. 

Quanto, in questi cinque anni, Ricciardi sia fisicamente invecchiato lo apprendiamo attraverso lo sguardo del brigadiere Maione: «Le tempie imbiancate, le rughe sotto gli occhi verdi e agli angoli delle labbra sottili; l’aggravamento della perenne espressione di malinconia». E poi la fascia nera del lutto che serrava la manica della giacca, a sottolineare che «una perdita dura per sempre». 

Come sia cambiata la città, invece, ce lo dice lo stesso commissario: «Nuovo. Tutto era ‘nuovo’ o almeno doveva sembrarlo. Si abbatteva il ‘vecchio’ e si erigeva il ‘nuovo’ con arrogante immediatezza, dalla sera alla mattina. […] ‘Fumo’ utile a coprire la solita miseria e le solite torbide passioni».

E in questa Napoli del «Grande Cambiamento», che Maurizio de Giovanni sa rendere viva di pagina in pagina attraverso notazioni d’ambiente solo apparentemente marginali, due nuove sfide attendono il commissario Ricciardi. 

Sul lavoro c’è da risolvere il caso della coppia di giovani ammazzati in un campetto di periferia mentre facevano l’amore e lasciati l’uno sull’altra. Cadaveri rinvenuti dal vecchio maestro Caputo che si era addentrato in quel campetto isolato per raccogliere qualche nespola, poiché la sua pensione «davvero miserabile» non gli consentiva di comprarle dal fruttivendolo. Il commissario intuisce ben presto che la passione carnale c’entra poco con le ragioni del duplice omicidio. C’entrano, invece, la politica e il desiderio di libertà, attraverso connessioni oscure che Ricciardi sa cogliere, indizio dopo indizio, con l’aiuto del fidato Maione.  

Nel privato, poi, c’è la sfida più difficile: scoprire se anche la figlia Marta ha ereditato da lui la dannazione di vedere e di sentire i morti.

*Raffaele Messina, scrittore