VerbumPress

Maria Rosaria Selo, Vincenzina ora lo sa (Rizzoli, 2023)

Il nuovo romanzo di Maria Rosaria Selo. Protagonista è una giovane studentessa universitaria che trascorre le giornate sui libri

Vincenzina ora lo sa è il nuovo romanzo di Maria Rosaria Selo. Protagonista è una giovane studentessa universitaria, Vincenzina, la quale trascorre le giornate sui libri, del tutto ignara che la propria vita sta per essere sconvolta dalla morte di Ferdinando Ruggiero, suo padre. Questi, infatti, ha i polmoni corrosi da anni di duro lavoro nell’acciaieria di Bagnoli e viene meno prematuramente. La madre Antonietta è invalida a una gamba e la sorella minore è ancora immatura ed egocentrica. Dunque, tocca a Vincenzina fare da capofamiglia. La frase che il padre le ha ripetuto tante volte, ‘Fai quello che devi fare’, non significa più ‘studia e costruisci un tuo futuro migliore’, ma, al contrario, ora è una richiesta perentoria a mettere da parte il sogno di laurearsi e ad andare a lavorare in fabbrica’. Così Vincenzina, costretta a lasciare le aule universitarie, accetta l’offerta di lavorare all’Italsider come addetta delle pulizie, al posto del padre. 

Siamo nella Napoli della metà degli anni Settanta, anni di lotte operaie e profonde trasformazioni sociali. Vincenzina è colma di rabbia per la vita a cui ha dovuto rinunciare, ma trova attorno a sé altre donne coraggiose che lottano come lei, contro le avversità della vita e per un futuro migliore. Trova Piera, la caporeparto nerboruta che legge Pasolini; Anna dagli occhi verdi e gentili, che traspaiono nonostante la visiera protettiva; Elena, che sa come incitare le compagne alla lotta.    

Se, dunque, Ermanno Rea con La dismissione (Rizzoli, 2002) aveva celebrato la fabbrica dell’Italsider come presidio di ‘etica del lavoro’ e ‘senso della legalità’ in una città ‘inquinata’ dalla guerra fredda, dall’abusivismo e dal contrabbando, oggi Maria Rosaria Selo, pur non negando quella indubbia funzione, dà vita con scrittura schietta a un necessario controcanto, rispetto a precedente tentativo di minimizzare l’impatto ambientale sotto paludate metafore. In Vincenzina ora lo sa, infatti, gli sversamenti tossici di quello stabilimento siderurgico e i tumori polmonari che ne hanno falcidiato i lavoratori non sono notazioni marginali, ma costituiscono il ‘motore’ dell’azione narrativa: «Dalle finestre aperte arriva un puzzo costante di ferro arrugginito, mentre sulle ringhiere del balcone che guarda la fabbrica c’è sempre uno strato nero e tossico che, anche se viene strofinato, va via per finta e ritorna ogni giorno e ogni notte, in un ciclo velenoso e perpetuo. I vetri sono opachi, la luce del sole arriva scarna, fredda, quasi riluttante a entrare in un luogo malato, che ammala a sua volta, mischia il veleno come una febbre. È ciò che fa l’acciaio amaro di Bagnoli. Ferdinando Ruggiero si è portato via un’ampolla col mare di Napoli, il veleno della fabbrica e pure i suoi sogni di figlia. Tutto è stato chiuso in una bara, umile come la vita da operaio che se l’è inghiottito. Passa a stento dalla porta stretta, i portantini fanno spalle e muro più volte per trovare la via, e sua figlia pensa che tutto quello che ha vissuto il padre è accaduto con fatica, quell’ultimo passaggio compreso. La fabbrica vista mare sopravvive. Brandelli di acciaio insieme a brandelli umani. Miete vittime senza compatimento, si nutre dei sacrifici e delle speranze di uomini e donne in cambio di una busta paga che significa dignità e condanna».

Un romanzo struggente e amaro che squarcia il velo sugli errori di quei politici e quei sindacalisti che non seppero distinguere e separare la difesa dei lavoratori e del loro diritto al lavoro con la difesa di quel micidiale stabilimento siderurgico.

*Raffaele Messina, scrittore