Maria Luisa Spaziani, dall’esordio miracoloso al fortunato incontro con Montale
Verbum Press rende omaggio a una delle più grandi poetesse italiane
Quando Pasolini fu barbaramente massacrato, Alberto Moravia disse urlando che era stato ucciso un poeta e che di poeti ne nascevano solo due o tre in un secolo. Certo, tutti possiamo scrivere poesie ma la vera poesia, quella più autentica, quella che poi resta nei secoli è veramente rara. E, dunque, Moravia non si sbagliava nel sostenere che di veri poeti ne nascono pochissimi in un secolo, quasi come se la poesia fosse davvero un dono per spiriti eletti. Tra questi spiriti eletti c’è, indubbiamente, Maria Luisa Spaziani, la quale può essere considerata la più grande poetessa italiana e tra le maggiori a livello mondiale.
Maria Luisa Spaziani nasce a Torino il 7 dicembre del 1922 da agiata famiglia borghese. Il padre, infatti, è un industriale che produce macchinari per l’industria chimica e dolciaria. Dopo aver frequentato le scuole commerciali, la giovane Maria Luisa prende il diploma di maturità classica da privatista, dopo aver preso lezioni private. Quindi si iscrive alla facoltà di Lingue presso l’Università di Torino e si laurea nel ’48 con una tesi su Marcel Proust. La Francia è una nazione che la Nostra ama profondamente tanto che, a partire dal 1953, soggiornerà più volte a Parigi.
A soli 19 anni, mentre ancora attende agli studi, fonda una rivista, Il Girasole,poi chiamata Il dado «in onore a Mallarmé»1, che le consente di farla conoscere negli ambienti letterari. Alla rivista collaborano firme nazionali come Sandro Penna, Vasco Pratolini e Leonardo Sinisgalli e internazionali come Virginia Woolf che invierà «alla piccola direttrice» alcuni capitoli del romanzo Le onde2. E’ in quegli anni che conosce a Rapallo Ezra Pound, figura importante nella sua formazione poetica e culturale. Nel 1949 conosce Eugenio Montale, con il quale vivrà un lungo sodalizio intellettuale e affettivo che per poco non è sfociato in matrimonio.
«“(…) Il nostro”», ha raccontato la poetessa, «“fu un lungo sodalizio, durato 14 anni.(…) Ci eravamo conosciuti a Torino durante una conferenza. Poi vinsi un premio di stenografia a Milano, mi trasferii lì, dove lui viveva (…). La nostra era l’unione di due persone che fanno le stesse cose: da parte sua c’era molto affetto, come dimostrano le sue 300 lettere. Un’amicizia amorosa, un sodalizio letterario.(…)”» 3.
Inizia in quegli anni la vita «“fortunata”» – così la definisce lei stessa4 – della nostra autrice. Nel 1954 spedisce alla Mondatori 25 poesie per la collana Lo Specchio: «“Dopo tre mesi arrivò il contratto: tra Saba e Ungaretti uscì la mia prima raccolta, Le acque del Sabato. Non ho mai saputo spiegare come sia accaduto questo piccolo miracolo”», anche perché «“Montale non sapeva che io avevo spedito le poesie alla Mondadori. Infatti il patto tra me e la Mondadori era che Montale non lo sapesse fino al giorno della pubblicazione.(…)”»5.
Le acque del Sabato appaiono legate alla lezione dei grandi ermetici del Primo Novecento ma sanno anche raccogliere i frutti delle esperienze poetiche più innovative dell’Europa post-bellica. Intanto, inizia a collaborare a quotidiani e periodici come Epoca, Tempo illustrato, La Stampa e partecipa anche alla redazione di programmi televisivi e radiofonici.
Nel ’56 la famiglia Spaziani subisce un rovescio economico e Maria Luisa, che è negli Stati Uniti in viaggio-premio (quello promosso da Henri Kissinger per giovani talenti), è costretta – una volta in Italia – a cercare un lavoro stabile. Lo trova come insegnante di Francese in un collegio di Treviglio. Da quella felice esperienza nasce la raccolta di poesie Luna lombarda (1959) che, nel ’66, confluirà nel volume Utilità della memoria. Nel 1958, dopo oltre dieci anni di frequentazione, Maria Luisa si sposa con lo scrittore Elémire Zolla, studioso della tradizione mistica ed esoterica. A fare da testimone per la sposa è il poeta Alfonso Gatto. Ma il matrimonio con Zolla sfocia in routine e il legame va in crisi e, così, nel ’60 si scioglie.
Nel ’62 vince il Premio Città di Firenze con la raccolta Il gong. Nel ’64, da un nuovo legame sentimentale, nasce la sua unica e amata figlia, Oriana, e nello stesso anno ottiene l’incarico come docente di lingua e letteratura francese all’Università di Messina. Inizia anche l’attività di traduttrice di opere inglesi, tedesche e soprattutto francesi (Ronsard, Racine, Shakespeare, Goethe, Flaubert, Gide, Yourcenar, Cocteau, ecc.). Si stabilisce a Roma e continua a scrivere instancabilmente. Nel ’66 esce il già citato volume Utilità della memoria col quale vince il Premio Carducci; nel ’70 L’occhio del ciclone, nel ’76 Ultrasuoni e nel ’77 Transito con catene.
Nel ’79 è ormai un’autrice che non ha bisogno di presentazioni, tanto che ha l’onore di veder pubblicata negli Oscar Mondadori un’antologia della propria produzione poetica con una introduzione di Luigi Baldacci.
Il 1981 è l’anno in cui esce Geometria del disordine (col quale vince il Premio Viareggio)ed è anche l’anno in cui muore Eugenio Montale. La Spaziani – in onore e in memoria del grande poeta – fonda subito il Centro Internazionale Eugenio Montale e istituisce il Premio Montale, dei quali è presidente: «“Il Centro Montale è nato subito dopo la sua morte, all’inizio si chiamava ‘Movimento poesia’: lo fondammo io e Mario Luzi e con noi c’erano Giorgio Caproni, Danilo Dolci, Giorgio Bassani, successivamente affiancati da Attilio Bertolucci, Geno Pampaloni, Goffredo Petrassi. Morto Bassani, si aggiunsero Andrea Zanzotto, Sergio Zavoli, Franco Loi, Nicola Crocetti. Finchè lo scorso anno una persona, per volontà di potere, ha insistito per volere un altro presidente. E noi tutti ci siamo dimessi, isolandolo. Poi è nato il Centro Montale Europa, grazie anche all’Unsa (Unione nazionale scrittori artisti), che ha voluto accollarsi tutti gli aspetti burocratici e pratici. Per me è stata una grossa gioia. A settembre abbiamo approvato il nuovo statuto”»6.
Nel 1986 esce la raccolta La stella del libero arbitrio; nel ’96 I fasti dell’ortica; nel 2002 La traversata dell’oasi e nel 2006 La luna è già alta. Ma la Spaziani non ha scritto solo raccolte di poesie, ha scritto anche numerosi saggi: Due poeti: Charles d’Orleans e Sully Proudhomme (1970); Ronsard fra gli astri della Pléiade (1972); Il teatro francese del 700 (1974); Il teatro francese dell’800 (1975); Il teatro francese del 900 (1976); Racine e il “Bajazet” (1977). E’ anche autrice del poema-romanzo Giovanna d’Arco (1990) e del volume Donne in poesia (1992) che è una serie di interviste immaginarie a famose poetesse come Emily Dickinson, Anna Achmatova, Simone Weil, Marina Cvetaeva, ecc. Infine, la Spaziani ha dedicato parte del suo tempo al lavoro di critica letteraria e ha scritto anche racconti e lavori teatrali (La vedova Goldoni, La ninfa e il suo re, Monologo di Yvette, Trittico, ecc.).
Si è spenta a Roma, lasciandoci un po’ più soli su questo mondo, il 30 giugno del 2014.
Maria Luisa Spaziani amava ripetere che «la poesia è come un demone, può prenderti in qualsiasi momento»7. E bisogna dire che l’ispirazione poetica – che lei chiamava «l’angelo» – non le è mai mancata in tanti lunghi anni, neppure alla vecchiaia, tanto da farle dire : «“Scrivo tutti i giorni. La poesia è come il bambino nel ventre della madre che non si preoccupa di tutto quello che succede all’esterno. Un giorno stavo per uscire di casa quando è arrivato ‘l’angelo’… ho dovuto scrivere e quindi arrivare tardi all’appuntamento. (…)”»8.
La nostra autrice ha anche scritto che la poesia è una fanciulla di nome Giovanna d’Arco, ovvero che Giovanna d’Arco è semplicemente la poesia, oltre che un modernissimo simbolo di femminismo autentico, nel senso cioè che la donna può essere una creatura con le stesse potenzialità di un uomo ma che agisce autonomamente, secondo il suo personale destino. Proprio come è stato per la Spaziani, ed ecco perché Giovanna d’Arco è stata da lei amata fin dall’età di dodici anni. Il destino è stato magnanimo con la nostra poetessa e le ha regalato una vita felice, vissuta come voleva lei: in autonomia rispetto all’universo maschile (che non ha mai respinto) e sviluppando ogni giorno le proprie potenzialità fino a diventare quello che lei voleva diventare ed essere quello che lei voleva essere. E questo le è costato tanta fatica, perché diventare qualcuno, diventare un simbolo non è qualcosa che avviene con la bacchetta magica. Occorre tanto lavoro, tanta passione, tanto amore, tanta dedizione che sono sempre accompagnati da momenti di tristezza, da inquietudine interiore, da lacerazioni dell’anima fino a dover riconoscere con umiltà, e nonostante una vita segnata da successi, che: «Sei e sarai per sempre quel granello/ di sabbia nell’infinità del deserto», come si legge nella poesia La storia, nell’ultima raccolta La luna è già alta. Raccolta che – va sottolineato – a noi sembra sintetizzare la sua visione complessiva della vita, del mondo e della stessa poesia. Una poesia che narra sì le vicende di un’anima che, a volte, preferirebbe «coltivare la noia» per «alzare barricate contro il chiasso» di un mondo assurdo e senza senso, ma che narra, attraverso se stessa, il mondo intero. Il proprio dolore, il proprio male di vivere con le «cicatrici» che «non sempre si riparano», rinnovando «ogni giorno» l’«urlo» di chi soffre e muore ucciso dal proprio simile, finiscono per diventare il dolore del mondo, il male e l’urlo di tutte le creature della terra.
Con un tono che qualche volta richiama alla mente la lezione montaliana, la Spaziani ha parlato della vita e della morte, «sega crudele»; del dolore e della sofferenza degli uomini; dell’amore; del tempo che fugge; delle incertezze della vita; della fine di tutto e della solitudine in cui ci troveremo al momento del trapasso; del destino degli uomini; del sogno, anche quello «di neve»; della grazia come «vasto oceano»; di Dio e della preghiera; della luna e del suo dolce e imperscrutabile mistero; della bellezza della natura e di certi paesaggi; del silenzio e della noia, che sono spesso preferibili all’assurdo chiasso del mondo; della bellezza della poesia che è come «una magica lente» di ingrandimento che, sola, può elevarci di fronte a tanta miseria umana; della natura violentata dagli uomini; del diavolo e della sua diabolicità; della giovinezza e della vecchiaia; della grandezza del pensiero umano; della ricerca di una via d’uscita da una tragica realtà; del ricordo e della memoria, che sono sempre – direbbe Vasco Pratolini – miele e fiele…
In uno stile che riesce a coniugare il registro alto con quello discorsivo e colloquiale, e lungo una linea che sa mantenere il giusto equilibrio tra la tradizione e le esigenze dell’innovazione, tra la classicità e la post-modernità Maria Luisa Spaziani ci ha regalato, in oltre 50 anni di attività letteraria e poetica, versi che certamente resteranno, parole che avranno sempre qualcosa da dirci, pur nella consapevolezza che «le parole sono sempre terribili»9, ma, comunque, le sole capaci di sfidare l’oblio e la morte.
*Salvatore La Moglie, scrittore
- Cfr. l’Unità del 25 aprile 2004, pag. 25: L’intervista. Cinquant’anni con la poesia. Maria Luisa Spaziani festeggia domani mezzo secolo di attività letteraria. Dall’esordio miracoloso al fortunato incontro con Montale. ↩︎
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- Cfr. l’Unità del 2 aprile 2007, pag.27. ↩︎
- Cfr. l’Unità, 25 aprile 2004, ibidem. ↩︎
- Tutte le citazioni virgolettate sono tratte dalla raccolta La luna è già alta. ↩︎