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Margherita Pietropaolo, una vita in musica

Ho conosciuto Margherita Pietropaolo in una bellissima serata agostana, a Palmi nell’estate 2019. Il nostro incontro avvenne in un’atmosfera magica, è nato sin da subito un sodalizio artistico sulla scia dell’empatia e di un linguaggio perfetto, fatto di sguardi e ascolto reciproco.

Margherita si è diplomata con il massimo dei voti al conservatorio D’Annunzio di Pescara, ha vinto alcuni concorsi internazionali tra cui il premio Giacomo Puccini. Si è esibita nei maggiori teatri italiani ed è stata artista stabile al Teatro Carlo Felice di Genova.

Docente di canto lirico, ha svolto intensa attività concertistica, esibendosi con la Ghironda, un raro strumento di liuteria di origini medievali. È compositrice dei brani da lei eseguiti e autrice di testi poetici.

La musica nella tua vita: libera scelta? Passione? Studio indotto? Raccontaci gli esordi. Certamente passione allo stato puro. Ho ricevuto i primi rudimenti di musica da mio zio sacerdote, organista e compositore, all’ età di dieci anni. Accompagnavo i canti della liturgia ed ero la solista del coro polifonico da lui diretto. Mio padre era dotato di una bellissima voce da tenore e quindi suppongo che il fattore genetico abbia contribuito notevolmente. La musica sin da bambina è stata sempre al primo posto dei miei interessi: mi esaltava, mi emozionava! Di conseguenza gli studi in Conservatorio, prima con il violino e pianoforte, e poi con il canto lirico. Ho vinto alcuni concorsi e debuttato in diversi teatri italiani. Sono stata artista stabile per alcuni anni al Teatro Carlo Felice di Genova.    

La Calabria vanta una lunga tradizione di musica popolare: pensi che ci sia predisposizione per gli altri generi musicali tra i giovani? La Calabria ha dato i natali a numerosi musicisti e compositori che dal ‘500 ad oggi hanno fatto la storia mondiale della musica: si pensi a Francesco Cilea o ad Alfonso Rendano solo per citarne qualcuno. Il fatto è che molti di loro hanno operato fuori regione. Si dice che i calabresi siano naturalmente dotati di un incredibile senso musicale: prova ne sono le numerose bande presenti su tutto il territorio. Alcuni Conservatori calabresi si collocano storicamente a ridosso dei dieci Conservatori più antichi d’Italia dopo Venezia o Napoli. Esiste anche un Conservatorio di musica tradizionale popolare con un Museo ad esso annesso dove sono esposti numerosi strumenti della tradizione: dalla Zampogna alla Lira calabrese alla Pipita. Ogni anno nei nostri Conservatori pare ci sia il boom di richieste per gli esami di ammissione, anche da fuori regione.

Che rapporto hai con la tua terra? Purtroppo l’ho vissuta sempre da lontano, da emigrante. Da soli due anni sono rientrata definitivamente nel mio ridente paese Zungri in provincia di Vibo Valentia e il rapporto comincia solo adesso a maturare perché lo sto vivendo dall’interno. A volte spaventa, a volte bisogna lottare il doppio rispetto al resto d’Italia. Ma ancora fortunatamente in Calabria si percepisce la genuinità dei rapporti umani, dove terra significa famiglia. Mi sento fortemente in debito con la mia terra e la mia comunità! Come Ulisse sono ritornata alla mia Itaca: il mio ultimo naufragio mi ha fatto sbarcare sulla meravigliosa Costa degli Dei, nel mio mare con la mia musica.

La Ghironda una compagna inseparabile: da quanto tempo? Da quasi due anni. Incontro casuale durante un whorkshop tenuto dal grande Baba Sissoko al museo dello strumento di Reggio Calabria. È stato amore a prima vista! Non conoscevo questo strumento, mai sentito il suono dal vivo. È bastato solo un giro di ruota per catturare tutta la mia attenzione. Le vibrazioni emanate dalla cassa armonica mi hanno invaso tutto il corpo: eravamo già inseparabili! Ringrazierò per tutta la vita il mio maestro e bravissimo liutaio francese Benjamin Pouzaudoux per avermi trasmesso tutta la sua passione e i segreti per suonare questo straordinario e magico strumento.

Le sonorità di questo strumento adattato alla lirica è una tua invenzione o hai avuto dei maestri che avevano sperimentato questo binomio? Avendo una formazione classica e provenendo dal mondo dell’opera lirica l’adattamento era quasi obbligato per me. Ancora adesso non riesco a discostarmi molto dalla visione della musica romantica. Cerco i suoni che spontaneamente riesco a produrre che ho già in memoria e nella mia immaginazione. Capisco che possa sembrare una combinazione ardita ma il risultato sembra dare suggestioni ipnotiche. Del resto la Ghironda nasce come strumento per accompagnare i canti sacri nei monasteri. La mia musica non ha un genere di appartenenza, non ha una precisa identità: la mia melodia ha semplicemente trovato un naturale sostegno grazie all’accompagnamento della ghironda e riesce così ad uscire fuori dai confini che ormai erano troppo stretti.  Mi piace adesso ascoltare compositori come Béla Bartok pioniere dell’etnomusicologia per ampliare le mie conoscenze.

Dove ti ha portato la Ghironda? Direi piuttosto da dove mi ha fatto ripartire. La sacralità della Ghironda, questo suono ancestrale, quasi primitivo, mi ha fatto ricongiungere con la parte spirituale che avevo perso da tanto tempo. Ha trasformato il mio dolore in nuove possibilità. Mi ha portato a non concepire più un concerto come una prestazione ma come un rituale con un forte potere terapeutico per me e per il pubblico. I suoni continui prodotti dai bordoni hanno la capacità di generare in me una perfetta armonia che influenza il resto delle mie giornate.

Hai progetti in cantiere? Collaborazioni? Purtroppo questo momento storico non consente di fare progetti: quelli in atto si sono infranti in modo brusco. Mi auguro solo sospesi temporaneamente! In generale preferisco esibirmi da sola perché mi sento più equilibrata, sento di esprimere meglio le mie intenzioni. Ma ciò non esclude il grande piacere di suonare in ensemble. Ho diverse collaborazioni in atto: con il Musicantore e polistrumentista Fulvio Cama abbiamo iniziato un viaggio musicale straordinario che abbraccia tutta l’area del Mediterraneo. Con il Maestro Alessandro Di Marco pianista e clavicembalista con dei suoi lavori originali. Inoltre ho avuto l’onore di mettere in musica i meravigliosi versi della poetessa Claudia Piccinno la quale mi ha tenuto a battesimo. Attualmente sto collaborando con alcuni scrittori e poeti tra cui la dottoressa Ippolita Sicoli e il Dottor Michelangelo Volpe.

Come fai a scongiurare la pigrizia e l’isolamento a cui siamo soggetti per la pandemia in corso? Parafrasando una citazione del maestro Enzo Bosso “il dolore ci allena a soste forzate ben peggiori”. In ogni caso mi ritengo fortunata, essendo musicista ed un’avida lettrice, mi piace studiare, sperimentare, ascoltare musica di generi diversi, comporre, scrivere testi, fare lunghe passeggiate e coccolare i miei gattini. “Ed è subito sera”, come dice Quasimodo.

Se potessi ricominciare una vita ex novo, rifaresti le stesse cose? Probabilmente si, con tutte le amarezze annesse. Ero già consapevole fin da ragazza che la vita del musicista non sarebbe stata facile, specie per noi meridionali. Ma è la vita che ho scelto. Se tutto è servito per essere la donna e la musicista che sono adesso, rifarei tutto, ma con quella consapevolezza che ho raggiunto oggi, vivendo con più spensieratezza, con più ironia, ed avrei preso solo pochissime cose seriamente. Avrei vissuto più per l’oggi e non per il domani.

Esiste una ecologia dei rapporti tra le varie discipline artistiche che prescinde da ogni gerarchia. La musica con chi dialoga meglio? Col teatro o con la poesia? Credo che ogni disciplina abbia le sue peculiarità: nel teatro di scena la musica è protagonista, mentre in poesia lo è la parola. Quando il compositore deve sottolineare la parola, la musica aggiunge una coloritura emotiva, asseconda il ritmo stesso della parola, sottolineando le variazioni di toni espressivi nei diversi significati. Dialogava già con Omero: era fondamentale nella poesia epica dell’antica Grecia, come lo era per il teatro di Eschilo. Forse oggi per il teatro il discorso è più complesso: in uno spettacolo di teatro di parola la musica è fondamentale come la scenografia, le luci ed il resto, mentre se la musica è composta per il teatro, cioè musica di scena, diventa assoluta protagonista.

*Claudia Piccinno, poetessa