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L’identità culturale europea tra sistemi scolastici e letteratura

Come insegnante mi interrogo spesso su cosa la scuola possa realmente fare per formare un cittadino europeo.

Ritengo infatti che non ci sia in Europa una reale consapevolezza di quella identità comunitaria che possa accomunare le menti delle nuove generazioni.

Per fare l’Europa non è sufficiente una moneta unica, né la libera circolazione delle merci e delle genti.

Al di là delle norme giuridiche di diritto comunitario a cui gli stati membri sono soggetti, occorre trovare un collante che caratterizzi il cittadino europeo e che non si limiti a darne una definizione negando altre identità. Credo che i vari sistemi scolastici degli stati membri abbiano grande responsabilità educativa e debbano uniformarsi pertanto non solo nella forma (tempistiche, gradi e ordini scolastici) ma proprio nei contenuti didattici.

Occorre che tutti gli enti preposti all’istruzione si facciano un paio di domande: Chi è il cittadino europeo? Dove affondano le nostre radici comuni?

Non è facile dare risposte separate.

Nell’Iliade l’Europa viene annoverata tra gli amori di Zeus. Per Esiodo è una divinità marina figlia di Teti.

Il mito di Europa rappresenta la migrazione tra Oriente e Occidente e il nome Europa fu dato ai territori occidentali.

Ma è più vasta la lezione di Omero. Egli nell’Iliade descrive la violenza con realismo, i conflitti tra le genti e tra gli stessi Dei, evidenzia il coraggio dell’eroe, la grandiosità di una stirpe ed esalta il ruolo anti-individualista di Ettore adorato dal suo popolo, malgrado i limiti della sua umanità.

Il capo è colui che serve la collettività con forza e valore; pertanto la gerarchia sociale si forma già sul campo di battaglia.

La patria coincide in Omero con un’etica anti-individualistica e quindi con l’idea di stato come comunità. Egli infatti ammira molto i troiani che sanno unirsi nell’interesse comune, nell’interesse della patria.

Bisognerebbe parlare ai nostri scolari dell’etica omerica che anteponeva al proprio tornaconto il bene pubblico e promuovere una didattica dell’incontro.

Nell’Odissea Omero ci insegna che lo straniero, il naufrago senza nome, è uno di noi. Xenos ha un duplice significato: ospite e straniero ed è prezioso per chi lo accoglie.Le supplici di Eschilo sono un’opera teatrale di 2500 anni fa che pone attenzione a cosa significa essere esuli e perseguitati in una polis del IV sec. a.C..L’intera comunità si interroga e ognuno, in prima persona, si prende la responsabilità dell’accoglienza.

Il senso civico deve essere più grande della paura, ecco un’altra lezione da trasmettere ai nostri ragazzi.

Se il cittadino europeo matura la consapevolezza della propria identità potrà sviluppare un senso civico a prescindere da una lingua comune o da una fede religiosa condivisa.

Abbiamo pertanto risposto alla seconda domanda, le nostre radici affondano nei classici greci e latini. L’impero romano fondò la sua potenza sulle conquiste e sui mercati, l’unione tra le genti fu favorita dall’elargizione di privilegi alle colonie e alle province, tra questi privilegi vi era appunto la cittadinanza romana.

Il Sacro Romano Impero tentò inutilmente di omologare i sudditi facendo leva sulla comune fede religiosa, ma l’unità ben presto si ridusse alla Germania e divenne una finzione. Ritengo che un’altra lezione di unità non ci venga tanto dalla storia quanto dalle correnti artistiche e letterarie che già a partire dalla lirica dei trovatori, passando per la prosa col ciclo Arturiano, riempirono il Medioevo di ideali cortesi. Nel contempo si sviluppò la letteratura colta in latino, dalla poesia golardica di Chatillon, ai poemetti filosofici della scuola di Chartres, agli Specula di Vincenzo di Beauvais.

Dante Alighieri costituisce in Italia il culmine della letteratura Europea del Medioevo e col volgare amplia e semplifica la fruizione, arrivando al cuore di tutte le genti. Beda, teorico, storico e poeta, conoscitore della poesia volgare in Inghilterra, tenta di ancorare a Roma l’alba delle vicende inglesi, a conferma che la situazione è simile in ogni paese dell’Europa occidentale.

La situazione si esplicita nel XVI secolo e fu in seguito chiamato paradosso Europeo, perché se la politica procedeva verso il consolidamento delle monarchie nazionali, spesso in guerra tra loro per il predominio oltremare, i movimenti artistici e scientifici che dall’Italia attraversarono il Vecchio Continente, misero l’uomo al centro del mondo e si riconoscevano eredi della romanitas, tante facce di un unico diamante. Personaggi come Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla, Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Leon Battista Alberti, Antonio de Nebrija, Juan Luis Vives, Guillaume Budé, François Rabelais, Nicola Cusano, Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam, sono europei piuttosto che semplicemente italiani od olandesi. La scienza (Copernico, Tycho Brahe, Galileo, Keplero, più tardi Newton), si esprime in latino proprio perché questa lingua facilita la comunicazione al di sopra delle barriere nazionali. Persino la lirica è, pur nelle lingue di ciascun paese, europea: il petrarchismo domina in tutto il Continente.

Nelle arti figurative e nella musica, dove il linguaggio non è legato alla lingua nazionale, il carattere europeo dei fenomeni è ancor più evidente fin nei secoli successivi. Chiese, palazzi e quadri seguono moduli stilistici del tutto simili dall’Italia alla Francia, dai paesi germanici alla Scandinavia, sino alla Russia di Pietro il Grande. Il Barocco musicale ha i suoi massimi esponenti in Bach e Haendel. Ma Bach sarebbe incomprensibile senza Vivaldi e altri compositori italiani, dei quali trascrisse numerosi brani. Anche i miti sono internazionali: accanto a Faust, Don Giovanni e Amleto se ne affermano poi di nuovi: Robinson Crusoe, il Vecchio Marinaio, l’Olandese Volante, Frankenstein, Jeckyll e Hyde, il Capitano Nemo, Phileas Fogg.

Nel novecento l’inglese diventa la lingua veicolare che consente agli scrittori un confronto con gli autori Nord e Sud Americani, ai nostri tempi il tutto si è allargato, includendo autori arabi, indiani, cinesi, giapponesi, australiani.

Non esiste un manuale di letteratura europea che vada da Omero a Goethe, ai nostri giorni e che sia sufficiente a renderci edotti, ma Curtius in un suo volume individua i punti di forza di una letteratura europea, nell’eredità romana, e i limiti in un’approssimativa conoscenza delle lingue, per cui tutti gli studiosi leggono i testi nelle varie traduzioni e non in lingua originale.

La scuola oggi nel recupero di un’identità Europea non solo dovrebbe rifarsi alle comuni radici latine, all’insegnamento omerico e della Grecia classica, ma potrebbe rivalutare il ruolo degli illuministi, il pensiero di De Sanctis. Auspico che una commissione apposita dia delle linee guida ai docenti europei per dar seguito, con programmi di studio, alle intuizioni di un poeta come John Donne che solo Eliot nel Novecento riporterà in auge, non solo per i suoi componimenti metafisici, ma per la sua poetry of wit, la poesia dell’ingegno che combina immagini diverse e scopre occulte somiglianze in cose apparentemente dissimili.

Il wit non è più raffinata decorazione formale, ma diventa in Donne “struttura del pensiero”, il modo in cui si esprime il conflitto tra intelligenza e sensi. Il linguaggio è colloquiale e ha un sapore aspro e vigoroso che influenzerà i poeti moderni.

Nessun uomo è un’isola
Completo in se stesso
Ogni uomo è parte della terra
Una parte del tutto
Se una zolla è portata via dal mare
L’Europa risulta essere più piccola
Come se fosse un promontorio
Come se fosse una proprietà di amici tuoi
Come se fosse tua
La morte di ciascun uomo mi sminuisce
Perché faccio parte del genere umano
E perciò non chiederti
Per chi suoni la campana
Suona per te.

Tante le immagini in questi versi: isola, zolla, campana che riconducono il lettore ai concetti di unità e frammentarietà, comunità e isolamento e come spesso dico ai miei alunni, la nostra classe multietnica non sarebbe la stessa senza uno di noi. Suggerisco il film Non una di meno di Zhang Ymou, che ben si sposa al messaggio di questa poesia di Donne. Credo che la scuola Europea ora che accoglie anche cittadini extracomunitari debba andar oltre la logica dell’inclusione e aprirsi alla contaminazione di nuovi saperi, pur mantenendo ben salde le radici in questa identità Europea, radici che affondano in circa ventisei secoli di comune patrimonio artistico.

*Claudia Piccinno, poetessa, docente, critica letteraria, traduttrice