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“Le radici dell’Idealismo” di Stefano Arcella. Il pensiero di Julius Evola nelle lettere a Croce e Gentile

La ricerca di Stefano Arcella sui carteggi di Evola tra gli anni 1925 e 1933 con le due importanti personalità non è una semplice curiosità intellettuale, bensì uno strumento per scoprire aspetti poco noti dei protagonisti

Filosofo, pittore, poeta, scrittore, occultista, esoterista,Julius Evola si occupò di arte, storia, politica religione, costume. Personaggio scomodo, controcorrente, difficile da etichettare per il controverso rapporto con il fascismo tra sostegno e dissenso, per la sua teoria del razzismo spirituale e le affermazioni sull’inferiorità della donna. Eppure, la critica moderna, nel ricomporne la figura prismatica, frammentata da superficiali interpretazioni, considera ormai il suo pensiero “passaggio di riflessione sul mondo tradizionale e su quello moderno”.  Nell’ambito di quest’attività di studio e di ricostruzione dell’opera di Evola, s’inserisce il saggio di Stefano Arcella “Le radici dell’Idealismo”, edito dalla Fondazione Julius Evola, che esamina la corrispondenza del filosofo con Benedetto Croce e Giovanni Gentile, lettere per le quali è stata concessa la consultazione e la divulgazione da parte dell’Archivio della Fondazione “Biblioteca Benedetto Croce” e della Fondazione “Giovanni Gentile” per gli studi filosofici. Apertamente disinteressato alla propria pubblicizzazione, tuttavia Evola non mancò d’intessere molteplici rapporti personali con esponenti di rilievo della cultura italiana per confrontarsi, ma anche per ottenere aiuti che gli consentissero la pubblicazione dei propri studi. L’ostracismo di cui fu oggetto in vita e fino ai nostri giorni da parte della grande stampa e dell’élite culturale, non ha impedito la diffusione delle sue teorie per quella sensibilità agli interessi spirituali che, nel Primo Novecento così come agli albori del Terzo Millennio, continua a permeare il sentire filosofico e artistico.  Sgombrata la vista da “quell’aura misteriosa che lo circonda, l’alone magico e fascinatore di una figura e di una biografia fuori dal comune”, Marcello Veneziani sottolinea una modernità essenziale della sua riflessione: “…Evola è stato, da filosofo, il teorico che forse più ha interpretato i fondali della società contemporanea: il suo Individuo Assoluto è in fondo la gigantografia della condizione contemporanea, dei giovani soprattutto. La solitudine, l’anarchia e l’autarchia di fondo del suo pensiero sono insieme la più forte rappresentazione dell’individuo occidentale d’oggi e insieme la più grande smentita del suo stesso tradizionalismo. Anche i ragazzi incomunicanti e solitari, barricati in un altro Mondo onirico e irreale, come Second Life, sono piccoli individui assoluti connessi a virtuali tradizioni.” Fu anticipatore di tutti i temi centrali del nostro tempo, tra cui le problematiche legate al genere, all’omosessualità, alla transessualità, il rifiuto della demagogia e del materialismo delle masse.La ricerca di Stefano Arcella sui carteggi di Evola tra gli anni 1925 e 1933 con le due importanti personalità non è una semplice curiosità intellettuale, bensì uno strumento per scoprire aspetti poco noti dei protagonisti, amicizie, collaborazioni, eventi. Tutte le corrispondenze personali forniscono, nello studio di un artista o di un periodo storico, quelle informazioni utili per ricostruire ciò che esiste dietro i fatti, le ragioni, le speranze, le fatiche. Una memoria intima che arricchisce e completa la visione della Storia e fa nascere nuove domande utili all’approfondimento e alla conoscenza. Lo studio di Arcella cerca di comprendere, ad esempio, i motivi per cui il giovane Evola alla fine degli anni Venti, nonostante la sua personale concezione della vita si collegasse maggiormente all’idealismo gentiliano, si sentisse più vicino all’antifascista Croce piuttosto che al fascista Gentile verso il quale provava una profonda deferenza. Una vicinanza prevalentemente editoriale, dettata dall’interesse di Evola a ottenere da parte del filosofo partenopeo, consulente letterario di Laterza, una presentazione favorevole per la pubblicazione delle sue opere ma anche un tangibile punto di riferimento intellettuale. Benedetto Croce, pur non condividendo le teorie del giovane studioso, soprattutto quelle legate all’esoterismo e all’occultismo, ne percepì il potenziale speculativo e non si lasciò condizionare da pregiudizi morali e culturali, facendo in modo che alcuni dei suoi testi fossero pubblicati dall’importante casa editrice. Due grandi testimonianze di umanità concreta: la tenacia e l’umiltà di Julius Evola, la liberalità di Benedetto Croce, personalità dai vasti interessi che, in realtà s’interessò molto alla tema dell’occulto e del magico, interpretando una sensibilità popolare largamente diffusa in quel periodo che non sfuggì neppure al grande editore Laterza il quale, a partire degli anni Venti, aveva inaugurato la “Collana di studi Religiosi, Iniziatici ed Esoterici” che annoverava nomi come Eduard Scurè, Rudolf Steiner, Arturo Onofri. Nonostante la sua opposizione alla teosofia, allo spiritismo e a tutte le forme di pensiero irrazionalistiche, Croce ebbe contatti con noti esoteristi, studiò l’esoterismo italiano del Rinascimento e del Seicento e appoggiò benevolmente le richieste di Evola. Non tutte furono accettate; gli studi e la corrispondenza confermano la distanza del giovane pensatore dalle linee dominanti, la forte polemica nei confronti del regime e i richiami alle radici spirituali anche dei simboli fascisti gli procurarono numerosi problemi con la polizia e la chiusura della rivista La Torre. “Ebbe sempre e solo un faro: la Tradizione. – afferma Francesco Borgonovo – Cioè la filosofia perenne che innerva tutte le tradizioni di tutti i popoli in ogni tempo e luogo. Essendo il suo pensiero quanto di più vicino alla Tradizione esista, rimane di conseguenza sempre valido e sempre potente”. Il saggio di Stefano Arcella approfondisce, attraverso l’analisi delle lettere, la maturazione del pensiero di Julius Evola, le motivazioni filosofiche dei suoi rapporti con Croce e Gentile, i contatti con gli intellettuali del tempo e, probabilmente, anche i legami con esponenti della Compagnia degli Illusi, l’Associazione d’arte di Napoli degli Anni Trenta, elementi indispensabili per rintracciare l’atmosfera culturale di un’intera epoca. Un’analisi accurata e complessa che indica nuove prospettive d’indagine e rinnova l’interesse per una personalità dalle mille sfaccettature, rivoluzionaria, ma non estremista, volta piuttosto a un certo “rifiuto della politica, alla lontananza aristocratica e siderale”.  Nell’idea egli riconosceva la sua vera patria: “Prima di pensare ad azioni esteriori, spesso dettate solo da momentanei entusiasmi, senza radici profonde, si dovrebbe pensare alla formazione di sé, all›azione su sé, contro tutto ciò che è informe, sfuggente o borghese”.  Una vita di pura azione e di puro ritmo che è tradizione e, contemporaneamente, un continuo farsi reinvenzione, improvvisazione, profondamente soul, come una partitura jazz.

*Fiorella Franchini, giornalista