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L’arte della creazione e il mistero della creatività

Platone sosteneva che la creazione fosse una prerogativa esclusivamente divina, mentre gli esseri umani potevano solo imitare e ricreare le idee dell’Iperuranio

In una delle pagine più ispirate delle Opere, raccolta in dodici volumi di tutti i principali scritti del fondatore della psicanalisi, Freud viene a dirci che i poeti e i filosofi hanno scoperto l’inconscio prima di lui: l’arte, dunque, ha preceduto la scienza: A pochi è concesso, quasi senza sforzo, di salvare dal gorgo delle loro emozioni la più profonda verità verso cui noialtri dobbiamo dirigerci con fatica, annaspando incessantemente in mezzo a incertezze torturanti (Sigmund Freud, Il poeta e la fantasia, 1907). 

Sempre Freud, suggerisce che è il mondo misterioso dell’inconscio che l’artista raggiunge con le sue creazioni…soddisfacimenti fantastici di desideri inconsci…creazioni che diventano opera d’arte se offrono agli altri, rispettando le regole del bello, seducenti premi di piacere (Sigmund Freud, L’interesse per la psicoanalisi, 1913)

L’arte della creazione, che comprende il mistero della creatività, ha sempre trattenuto qualcosa di vago e di indefinito (non a caso la drammaturga americana Julia B. Cameron, nel suo catturante The Artist’s Way, ci ricorda che la creatività, come la vita umana, comincia nell’oscurità): oggi parola abusatissima e polivalente, al principio non aveva definizione: gli studiosi, delineando l’evoluzione che ha subito nel corso dei secoli, hanno associato la sua determinazione ai tratti caratteristi di ogni epoca. 

Platone sosteneva che la creazione fosse una prerogativa esclusivamente divina, mentre gli esseri umani potevano solo imitare e ricreare le idee dell’Iperuranio. L’anima, nel Fedro di Platone, alla vista della bellezza, che è non solo armonia estetica ma anche stato emozionale, rabbrividisce ed è smarrita.

Si tratta di una concezione ancora piuttosto attuale: chi scrive, ad esempio, spesso afferma che non esistano storie completamente nuove: non che ciò tolga alcunché al piacere di raccontarle o ascoltarle, a prescindere dal luogo e dal modo in cui esse siano nate. 

Ancora una volta ben lo chiarisce Freud nel Disagio della civiltà del 1929: la gioia che prova l’artista nel creare e dare corpo alle immagine della sua fantasia o quelle del ricercatore che scopre il vero ha una qualità particolare… più fine ed elevata a paragone di quella dei moti pulsionali più rozzi e primari… chi non è sensibile all’influsso dell’arte non la stimerà mai abbastanza come fonte di piacere e consolazione nella vita… l’utilità della bellezza e dell’arte non è evidente, che sia necessaria alla civiltà non risulta a prima vista eppure la civiltà non potrebbe farne a meno.

Anche altre culture, come quelle diffuse in Asia orientale, India e Asia sudorientale, hanno vedute più o meno simili sull’argomento: la conclusione di Lubbart, dopo aver passato in rassegna circa una dozzina di studi riguardo l’arte della creazione orientale, è che, secondo queste culture, gli artisti attingano da una sorte di fonte universale dalla quale ricreano, imitano o sviluppano le proprie opere. 

Importante, in questo senso, anche la testimonianza di Mark Runco, psicologo cognitivo e studioso del pensiero creativo, che, in un testo sulla ricerca della creatività nel mondo occidentale, fa risalire l’utilizzo del verbo “creare” a Geoffrey Chaucer, considerato il padre della letteratura inglese, che lo usò per la prima volta in riferimento alla creazione divina

Raimond Williams, romanziere del ventesimo secolo, fa risalire a Shakespeare, il sommo, l’uso del termine “creazione” per definire l’immaginazione umana, nata da un pensiero unico e divino. Nella realtà, l’espressione usata dal più grande drammaturgo di tutti i tempi fu per certo platonica: l’immaginazione è un pugnale della mente, una falsa creazione (William Shakespeare, Macbeth, 1606).  

Durante l’Illuminismo, la creatività svolse un ruolo di primo piano a sostegno del pensiero libero. Fu in questo periodo che nacque la ricerca, con le grandi scoperte scientifiche volte a rovesciare, uno dopo l’altro, tutti i sistemi culturali dell’epoca, e a promuovere la libertà di espressione e l’originalità dell’arte creativa, distinguendo nettamente fra il talento che può essere acquisito e il genio che invece è un qualcosa di autentico e innato

Riprendendo Freud, dal quale si è partiti: L’artista è originariamente un uomo che si distacca dalla realtà e lascia che i suoi desideri di amore di gloria si realizzino nella vita della Fantasia… egli trova la via per ritornare dal mondo della fantasia alla realtà, perché trasfigura le sue fantasie in una nuova specie di “cose vere” fatte valere dagli uomini come preziose immagini riflessi della realtà… così in un certo modo egli diventa davvero l’eroe, il sovrano, il creatore ( Sigmund Freud, Due principi dell’accadere psichico, 1911 ). 

Klee, con una immagine bellissima, vieni a spiegarci che l’arte è prima di tutto genesi e l’artista è come un tronco d’albero che acquista vitalità dalla profondità del suolo ( inconscio ) e la trasmette alla cima dell’albero che è la bellezza: la metafora dell’albero di Klee, si collega alla descrizione del lavoro dell’artista di Goethe,  lavoro che riposa sulle più profondi basi della conoscenza, nella essenza interiore delle cose; così come per Mirò, Il linguaggio dell’artista è un’energia che attraversa il suo corpo, è un linguaggio inconfondibile in cui è possibile rintracciare pienamente Il mistero della creazione. 

Pur tuttavia, la fantasia dell’artista richiede uno sforzo consapevole di critica e di senso della forma molto diverso dall’espressione dell’inconscio.

Nel Pro e contro la bomba atomica, Elsa Morante scrive: la poesia, come la vita, vuole proprio dare una forma e un ordine assoluto agli oggetti dell’universo, traendoli dall’informe e dal disordine… la scrittura, dunque, assurge a quell’ordine che è vita, fa nascere il mondo perché la nascita è forma e ordine. 

Ciò che distingue l’arte dalla fantasia è, quindi, il controllo formale e, di conseguenza, l’intenzione sociale. 

Infine, come annota Maria Gabriella Carbonetto nel bellissimo saggio Come tessere di mosaico, pur essendo l’arte secondo Freud un regno intermedio tra la realtà che frusta i desideri e il mondo della fantasia che li appaga, essa viene rappresentata da un atto iniziale di rifiuto, la visione del mondo espressa da molte persone venendo dall’arte stessa respinta e trascesa. Il carattere perturbatore e rivoluzionario dell’arte viene testimoniato da molti artisti, anche attraverso la loro vita. L’arte, infatti, e altresì un modo di vivere che spesso anticipa il futuro. 

E qua non si può non riportare la lucida osservazione di Rilke: l’artista chiede spazio per gesti più audaci, è portavoce del futuro. 

L’artista stesso sta davanti al suo prodotto come innanzi a un prodigio e, come il bambino, crea un mondo di fronte al quale è in un rapporto profondamente serio, ci mette dentro tutta la sua anima e, insieme, lo mantiene distinto dalla realtà.  

Come il gioco, così l’attività artistica ha in sé il suo scopo e costituisce una continuazione e -forse- anche un sostitutivo del primitivo gioco.

Omodei Zorini, riprendendo Winnicott, suggerisce che la prima creatività o, meglio ancora, l’origine stessa della creatività è proprio l’attività magica e onnipotente che porta alla creazione del Sé, in una dimensione prefigurante il futuro.

Per chiudere con Camus: creare è dare una forma al proprio destino. 

*Marina Pratici, saggista