LARS, Il secolo jellato. 1631, l’eruzione, (L’Erudita, 2020)
Interessante e riuscita esperienza di scrittura collettiva quella realizzata da quattro autori partenopei, riuniti sotto l’acronimo LARS, formato con le iniziali dei propri nomi di battesimo: Lucia Montanaro, Annamaria Pucino, Raffaele Cofano e Stefania Squillante.
Il Seicento napoletano, si sa, costituisce un giacimento inesauribile di suggestioni narrative alle quali attingere. Ricco di personalità d’eccezione, da Caravaggio a Masaniello, ma anche di microstorie meritevoli di essere sottratte all’oblio, come quella della sposa-bambina Martia Basile poi processata per l’uccisione del marito, di recente pubblicata da Maurizio Ponticello (Mondadori, 2020).
I nostri quattro autori, invece, descrivono squarci della Napoli seicentesca, sulla scia di un personaggio storico, il pittore Micco Spadaro, al quale ne affiancano un altro d’invenzione: Miguel, ragazzetto fuggito dalla Spagna dopo avere ucciso il cliente ubriaco che aveva assassinato sua madre.
Così le vicende legate all’eruzione del Vesuvio del 1631 e al modo in cui quella esperienza fu vissuta da Micco Spadaro e fissata sulla celebre tela ancora oggi esposta presso la Certosa di San Martino, s’intrecciano con le avventure e le disavventure del ragazzino che prima fugge dall’orfanotrofio dei Turchini, nel quale ha rischiato di essere castrato come altri ragazzi ‘eletti’ a voci bianche al servizio della Chiesa, e poi, divenuto garzone di bottega dello Spadaro, ha modo di crescere nel confronto tra la crudezza della capitale del Viceregno e il proprio bisogno di giustizia, per il quale «i morti meritano la pace e la loro pace implora il sangue dei loro assassini».
Il romanzo, dunque, spazia dal recupero delle leggende popolari del munaciello e della bella ‘mbriana alle sorprendenti pratiche contraccettive popolari, come quella di prendere «la metà di un limone maturo ponendolo nella natura della giovane, per impedire il passaggio del seme»; dalla visione delle Sette opere di misericordia del Caravaggio alla scoperta delle violenze intimidatorie con le quali la «triade perniciosa e letale» dei pittori Corenzio, Ribera e Battistello monopolizzava gli appalti dei cantieri locali e aveva costretto il Cavalier d’Arpino e Guido Reni a rinunciare alle commesse per affrescare la Cappella di San Gennaro.
*Raffaele Messina, scrittore