La Stranezza: il teatro trionfa al cinema
Ficarra e Picone, l’impeccabile regia di Roberto Andò, Toni Servillo e Luigi Lo Cascio nei panni, rispettivamente, di Luigi Pirandello e di Capocomico
L’ultima fatica cinematografica degli attori Ficarra e Picone è stata accolta con sincera partecipazione da parte degli spettatori e viscerale adesione da parte del pubblico siciliano presente in sala. La stranezza esprime quella malinconica e arazionale fuga nella fantasia che è connaturata al linguaggio poetico, figurato, teatrale insito nella sensibilità siciliana.
Il racconto della nascita del metateatro con “Sei personaggi in cerca d’autore” passa in secondo piano, perché a conquistare gli spettatori è la lingua siciliana e la prorompente teatralità degli attori.
Deposta la maschera dei conduttori televisivi di Striscia la Notizia, Ficarra e Picone hanno saputo dare prova autentica di essere grandi attori. Hanno indossato la tradizionale maschera della commedia dell’Arte: movenze, padronanza del palco, mimica facciale e la dirompente espressività del vernacolo siciliano hanno finito per trionfare sulla finzione cinematografica.
L’impeccabile regia di Roberto Andò ha saputo mettere tutte le maestranze artistiche al servizio del teatro siciliano. Nel cast eccezionale spiccano Toni Servillo e Luigi Lo Cascio nei panni, rispettivamente, di Luigi Pirandello e di Capocomico. Le loro individualità intense e lo spessore artistico, sapientemente dosate, sono state poste al servizio della sceneggiatura senza alcuna prevaricazione di ruoli.
La celebrazione del teatro siciliano prevale sulla celebrazione della star, come si evince dalle continue citazioni: richiami alle opere di Pirandello e scioglilingua popolari si compenetrano in passaggi fulminei e si accampano nelle intuizioni del protagonista.
Toni Servillo, misuratissimo volto del drammaturgo, non scimmiotta né imita l’originale. Servillo è Pirandello: assiste a quella “sciocca pupazzata” che si consuma davanti ai suoi occhi. Non quella che portano sul palco gli attori di una piccola compagnia amatoriale di teatro, ma quella vera: la farsa della vita in cui si consumano amori, tradimenti, inganni, continue simulazioni e dissimulazioni della realtà.
Andò dirige la sinfonia: tocca tutti i tasti con perizia, armonizza il dramma e la farsa, passa dal codice teatrale a quello cinematografico con estrema naturalezza, abbattendo ogni parete tra le due forme d’arte.
La stranezza che più di tutte investe il pubblico è La stranezza di Sicilia: un’isola popolata da “strani individui”: cassamortari con ambizioni artistiche, lo sciocco del paese che interpreta con il suo linguaggio la realtà con lucido pragmatismo, il politico corrotto in cui si mescolano il piacere per la vita e il destino dei morti. Poi ci sono le donne siciliane: desiderate e desiderose di sfuggire alla quotidianità, che vorrebbe relegarle al ruolo esclusivo di mogli e madri. La loro libertà si compie, malgrado la società e le convenzioni, attraverso la partecipazione alle rappresentazioni teatrali e agli amori sensuali e contrastati. Cavalcano l’ipocrisia del loro tempo e vincono aderendo incondizionatamente alla vita e alle passioni.
L’altro grande protagonista è il “sentimento del contrario”: un doppio sguardo interpretativo della vita in cui il dramma e il divertimento coesistono, si confondono, sono speculari l’uno all’altro. Accade così che la morte ci fa ridere, il diverso ci aiuta a mettere a fuoco la realtà, l’uomo ordinario ci appare straordinario. È la legge del relativismo pirandelliano, che restituisce allo spettatore il sapore amaro e dolce della vita, declinandolo secondo molteplici punti di vista dai contorni sfumati e mai netti.
Onofrio e Sebastiano, interpretati da Ficarra e Picone, sono cassamortari/artisti, amici/nemici, mariti/amanti, uomini/personaggi, in poche parole espressione della “frantumazione dell’Io” che è al tempo stesso: uno, nessuno e centomila.
Non è dato sapere se siano esistiti o no, se realmente abbiamo suggerito a Pirandello l’abbattimento della quarta parete e la nascita del metateatro: quella rivoluzione culturale che Verga non ha esitato a definire una bomba sotto un edificio chiamato realtà, per la sua sovversiva azione riformatrice.
Andò e il suo straordinario cast hanno compiuto una mirabile impresa culturale: quella di consegnare al pubblico la cultura siciliana nelle sue vesti migliori, senza rinunciare all’espressività dei dialoghi in vernacolo anche a costo di sottotitolarli e chiedere allo spettatore uno sforzo in più. Uno sforzo che è alleggerito dalla dirompenza espressiva della recitazione e da tempi comici incalzanti.
L’immagine finale è distante ed al tempo stesso emblema delle problematiche del nostro tempo. Il pubblico assiste alla rappresentazione di “Sei personaggi in cerca di autore”, ma non ne intuisce il pregio artistico. Pirandello è deriso, insultato da un pubblico che non ha gli strumenti culturali adeguati per comprendere la sua arte e che preferisce omologarsi alle mode, piuttosto che interrogarsi criticamente.
In un contesto sociale in cui la cultura letteraria e teatrale trovano sempre meno accoglienza da parte del pubblico, Andò è riuscito nella memorabile impresa di rappresentarla al cinema senza rinunciare alla pretesa di fare arte, risvegliando l’interesse e la sensibilità sopite di un numero inaspettato e crescente di spettatori.
La vera “Stranezza” è proprio quella di essere sorprendentemente riuscito a risvegliare quella malia silente, che alberga in ciascun uomo.
*Tiziana Santoro, giornalista