La religione laica della libertà nell’opera di Pier Franco Quaglieni* La passione per la libertà
La passione per la libertà, sottotitolo: Ricordi e riflessioni (Buendia Books, 2021) è una delle ultime grandi opere di Pier Franco Quaglieni, che, come si sa, è uno dei maggiori storici contemporanei italiani nonché, per tanti anni, Direttore del Centro “Pannunzio” di Torino, di cui è stato tra i fondatori insieme ad Arrigo Olivetti e Mario Soldati. Grande personalità del mondo liberale, Quaglieni si è espresso così sul suo lavoro, che ha portato in giro per l’Italia con tanta passione: E’unlibromoltodiversodaimieialtriprecedenti perchérappresenta una rivisitazione complessiva della storia italiana dal fascismo in poi,andandooltreiluoghicomunieilconformismoattuale.Affrontotemiancoradivisivicome le foibe e rifletto sui temi della laicità rispetto al Cattolicesimo e all’Islam. (…) Non è un librodestinatoapassarenell’indifferenza,faràdiscutereforseancheanimatamenteeforse verròancheattaccatodallasolitaintellighenziaintollerante.Mahovolutoscrivereinassolutalibertàilmiopensiero, senzatimorireverenzialipernessuno.Nonloritengoun merito,maundovere. Che è una vera e propria dichiarazione di poetica, di visione del mondo, che conferma rigorosamente il proprio pensiero e la stessa libertà del pensiero propria della concezione del grande liberalismo occidentale, del quale l’amato Tocqueville resta uno dei punti fondamentali di riferimento, come fondamentali restano per ogni vero liberale le parole attribuite a Voltaire: Non condivido le tue idee, ma mi batterò fino alla morte affinchè tu possa esprimerle.
Prima di iniziare il suo lungo racconto, il prof. Quaglieni propone ai suoi lettori due significative frasi, la prima è del grande illuminista Denis Diderot: Dal fanatismo alla barbarie c’è solo un passo, come dire che da tutto ciò ci può salvare soltanto un sano liberalismo che è il contrario sia del fanatismo che della barbarie. La seconda frase è di George Orwell, che di tante derive dei nostri tempi è stato lucidissimo profeta: Se la libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuole sentire, che è proprio quello che magistralmente e con estrema coerenza intende fare Pier Franco Quaglieni con la sua opera. E lo fa attraverso i profili, le istantanee, i ricordi e, insomma, con il racconto delle vite quasi parallele e comunque affini di grandi personalità, di grandi esponenti politici, del mondo della cultura, del giornalismo, ecc. che del liberalismo hanno fatto la loro bandiera: Alfredo Frassati (il lungimirante fondatore de La Stampa), Federico Chabod, Guido Ceronetti, Philippe Daverio, Arturo Diaconale, Alfredo Biondi, Vittorio Mathieu, Nicola Matteucci, Massimo Mila, Ottavio Missoni, Piero Ostellino, Giampaolo Pansa, Vittorio Emanuele II, Marco Weigmann.
Questi i nomi nella prima parte del testo, poi, nella terza parte troviamo altre figure e altri ritratti memorabili: Maria Josè di Savoia, Carlo Delcroix, Giovanni Gentile, Giorgio Amendola (comunista sui generis, figlio di Giovanni, leader liberale assassinato dai fascisti), V. B. Confalonieri, Francesco Barone, Giovanni Malagodi, Mario Pannunzio, Don Lorenzo Milani, Aldo Garosci, Carlo Casalegno (il vicedirettore della Stampa, ucciso dalle Brigate Rosse sul finire del 1977) e Luigi Firpo, per poi ritrovare, nella parte quarta, figure meno note ai più come quelle di Fratel Enrico Trisoglio, Nicoletta Casiraghi, Giovanni Ramella. In mezzo a questi ritratti e a queste figure che, per l’autore sono esemplari e ormai perdute per sempre, non mancano due sezioni con riflessioni e prese di posizione su episodi e tematiche che hanno fatto discutere e tuttora si impongono alla riflessione.
Nella seconda parte troviamo, dunque, il tema dell’adesione degli intellettuali al fascismo, facendo risaltare i coraggiosi professori che seppero dire “no” al fascismo, disposti a pagare per il loro coraggio e la loro coerenza; c’è l’attentato di via Rasella che avrebbe scatenato la durissima e spietata rappresaglia nazista delle Fosse Ardeatine; ci sono il 25 aprile, l’Antifascismo e l’intolleranza degli antifascisti; la Resistenza liberale per poi passare alle responsabilità morali della lotta armata, fatta da uomini politicamente, moralmente e culturalmente poco elevati; e poi c’è il tema delle foibe e quello dei disertori di guerra che non meritano affatto di essere celebrati, fino a una riflessione su Beppe Grillo e il nostro Risorgimento.
La quinta ed ultima parte è dedicata a riflessioni sulla libertà responsabile, che ci deriva proprio dal fatto di essere dotati della ragione e del libero arbitrio, e, dunque: il tema-problema, sempre di scottante attualità, dell’aborto, del segno-simbolo della svastica e della bestemmia che appaiono come l’emblema di una società nichilista, capace solo di negare ogni valore e di distruggere; c’è, poi, una riflessione su come si possa conciliare Cristianesimo, pauperismo e proprietà privata; e poi su Napoleone e la Babele liberale; su laicità e religiosità (altro tema spinosissimo: laicismo e religioni potrebbero anche ben convivere e ben cooperare se tutto avviene nel reciproco rispetto e nella reciproca tolleranza) e, in chiusura, ancora più ampiamente su laicità, Cristianesimo e Islam visti attraverso la grande figura del Cardinale Gianfranco Ravasi.
Questa la struttura del libro, un libro che il lettore può leggere senza seguire per forza l’ordine in cui personaggi e tematiche sono stati esposti ma anche per sezioni: dalla prima o dall’ultima, dalla terza o dalla quarta, perché in questo volume tutto si tiene, in quanto protagonista ideale è la libertà, il bene fondamentale e irrinunciabile della liberà, grande ideale per cui vale la pena di vivere e di morire, come ben sapeva Padre Dante. E il prof. Quaglieni, dopo aver detto, nell’Introduzione, che i suoi maestri nella ricerca storica sono stati uomini come Chabod, Venturi, Romeo e Luraghi, dichiara con fermezza che per lui è irrinunciabile e fondamentale l’art. 21 della Costituzione sulla libertà di poter esprimere il nostro pensiero. Ed è consapevole, il Nostro, che il suo testo certamente scatenerà polemiche, dure prese di posizione, anche attacchi di chi non condivide e/o disprezza certe posizioni. Ma scrivere non vuol dire andare alla ricerca del facile consenso, osserva il professore, ma deve servire a smuovere le acque stagnanti e suscitare dibattiti, prese di posizioni e via discorrendo.
Nel libro di Quaglieni, in cui sembra aleggiare lo spirito della laica e crociana religione della libertà,si avverte come la presenza delle grandi anime, dei grandi padri del liberalismo italiano nonché figure di primo piano della cultura del nostro paese nella prima metà del Novecento come, appunto, per es. Benedetto Croce (che ebbe il coraggio di sfidare il fascismo rifiutando di firmare il Manifesto degli intellettuali fascisti) Gaetano Salvemini (grande antifascista su posizioni di socialismo liberale) ed Ernesto Rossi (tanto legato alla figura di Salvemini e che, con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni, fu l’autore del famoso Manifesto di Ventotene, del 1941, per un’Europa libera e unita). Ma, per la grande coerenza e per il grande rigore morale, si avverte anche la presenza degli esponenti liberali che fecero la grande impresa del nostro Risorgimento e, dunque, Padri della Patria come Cavour, d’Azeglio, Minghetti, Sella, Lanza, Ricasoli, Menabrea, ecc. esponenti di quella che nei testi di Storia viene chiamata Destra storica e che ebbe il coraggio – in nome della laicità dello Stato e della sua autonomia e indipendenza dalla Chiesa – di sfidare lo Stato Pontificio con la confisca dei beni ecclesiastici, dei beni degli enti religiosi e con la soppressione delle congregazioni e degli ordini religiosi (negli anni Sessanta dell’Ottocento), cosa di cui non sarebbe stato capace di fare il comunista sovietico Palmiro Togliatti, così moderato e morbido con il Vaticano nei governi postfascisti da far meravigliare un moderato come Alcide De Gasperi. Quella Destra storica (bisogna dirlo, anche se le nostre posizioni possono essere diverse) non è stata solo così coraggiosa nel suo anticlericalismo e nella difesa della laicità dello Stato, ma è stata anche una delle classi politiche più oneste che il nostro paese abbia mai avuto, un’élite di potere che, nel fare l’Italia, ebbe l’intelligenza, la saggezza politica di optare per l’accentramento amministrativo, per lo Stato centralizzato e non per forme di federalismo e di decentramento che avrebbero messo in serio pericolo il nuovo e fragile Stato appena messo in piedi e con ai propri confini una Francia che era uno Stato molto forte e una grande potenza da secoli.
Ebbene, è questo che sembra aleggiare nel testo di Quaglieni, così ricco di notizie e di spunti di riflessione: il rimpianto per un’Italia e per certe figure di italiani che appartengono ormai a un mondo perduto per sempre, insieme ai grandi valori e ai grandi ideali che furono già del nostro Risorgimento, che bisogna, però, tenere vivi, che non si devono dimenticare, che gli italiani devono conoscere e che dovrebbero, soprattutto, conoscere i giovani, le nuove generazioni, in genere, distratte da tanto effimero e poco propense allo studio della Storia e alla Memoria storica. Che è proprio uno degli obiettivi principali e uno dei più nobili fini di questo interessante e suggestivo lavoro di Pier Franco Quaglieni. Il quale, così chiude una riflessione a pag. 139, che ci appare davvero calzante e in sintonia con le nostre conclusioni: Viviamo in un Paese in cui, in fondo, la cultura interessa a pochi e una delle cause del risorgere del fascismo è proprio questa: la mancanza di un’adeguata cultura storica che consenta di non dimenticare cosa sono state la dittatura e la guerra per milioni di Italiani.
*Pier Franco Quaglieni: Laureato in Lettere a indirizzo storico all’Università degli studi di Torino, allievo di Narciso Nada e Alessandro Galante Garrone. Presidente fondatore del centro di Studi e Ricerche “Mario Pannunzio” fondato da Arrigo Olivetti, Mario Soldati e da lui nel 1968 (www.centropannunzio.it). Storico, docente e giornalista, è autore di libri di storia contemporanea e risorgimentale. E’ stato decorato nel 1994 dal Presidente della Repubblica della Medaglia d’oro di benemerito della Cultura e nominato nel 1999 Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica. È socio onorario del Circolo della Stampa di Torino. È Socio straordinario del Circolo Ufficiali del Presidio di Torino. Presiede le Giurie dei premi letterari “Mario Pannunzio”, “Mario Soldati”, “Albingaunum Città delle torri”. È Presidente della Società internazionale di storia contemporanea. Accademico onorario dell’Accademia italiana di cucina, è presidente del Premio di Alta Gastronomia “Mario Soldati”. Socio onorario della FIVL, Federazione Italiana Volontari della Libertà di cui presiede la sezione di Alassio e Laigueglia. È socio di molte accademie e sodalizi culturali italiani e stranieri. Insignito dell’”Alassino d’oro” dal Sindaco di Alassio nel 2007 e del Sigillo civico di Torino nel 1984. Dal 2012 è socio onorario del Circolo degli Inquieti. Su di lui è stato scritto il libro “Il Centro Pannunzio e un maestro di libera cultura” pubblicato nel giugno 2013 dall’editore Ianni. Autore di molte opere storiche. Nel 2017 ha pubblicato “Figure dell’Italia civile”.
*Salvatore La Moglie, scrittore