VerbumPress

La radio: 24 giugno 1976

Da meno di una settimana Antenna dello Stretto, la prima emittente libera di Messina, aveva iniziato le sue trasmissioni… una grande notizia per una piccola città di provincia del profondo sud, affamata di novità e di musica. I giovani della mia età, ventiquattrenne all’epoca, avevano subito preso l’abitudine, la sera, di riunirsi nelle piazzette, sui muretti o sulle spiagge, con voluminose radio portatili o con gli sportelli delle auto spalancati. Io ero uno di questi…

Una sera riconobbi la voce del conduttore, un caro amico che conoscevo da anni; anche lui appassionato di musica, quella diversa, quella che la RAI di allora non trasmetteva mai. Entrambi acquistavamo dal “nord” i primi vinili d’importazione, ci scambiavamo cassette che ascoltavamo in auto nelle nostre scorribande notturne. La mattina dopo lo chiamai…una frenesia mi aveva accompagnato per tutta la notte, la voglia di condividere emozioni e di dare il mio contributo, era diventata una necessità vitale. Una telefonata, il suo entusiastico invito, l’accordo di vederci la sera stessa in radio per la mia prima trasmissione. E così, alle 20,50, nel retrobottega di un piccolo negozio di abbigliamento in centro città, con la sporta che avevo portato da casa, appesantita da una quindicina di LP della mia collezione, ero pronto a sedermi davanti a un microfono col cappuccio rosso, con accanto due piatti Thorens che giravano senza sosta dal mattino, un Galactron MK 160, come mixer e una martoriata cuffia Sennheiser, dalle spugnette gialle. Un mini corso di due minuti sull’uso del mixer, sul preascolto e sull’equalizzazione del suono; non esisteva una regia, si faceva tutto da soli. La radio, per tutta la giornata generalista, dove non mancavano le dediche, le telefonate in diretta, qualche raro annuncio pubblicitario, letto dallo speaker di turno, la sera diventava un’altra cosa; la musica cambiava, le atmosfere divenivano più intime, più confidenziali, più mirate. Per tre ore, senza interruzioni pubblicitarie, senza vincolo alcuno, ci alternavamo, fino a mezzanotte.

Le 21! Adesso toccava a me aprire la fascia serale! 

Il consunto disco che faceva da stacco tra una trasmissione e l’altra, l’interminabile Jessica degli Allman, girava sul piatto di sinistra macinando minuti. Occupai il posto ancora caldo di chi mi aveva preceduto, indossai la cuffia, provai la giusta equalizzazione per la mia voce, mentre poggiavo sul piatto di destra il pezzo che avevo scelto come sigla d’apertura. La puntina galleggiava a un centimetro dal primo solco, pronta a percorrerlo. Presi coraggio e spinsi in giù la levetta facendo planare il braccio sui primi solchi, arrivò in cuffia il classico fruscio che precede l’inizio della traccia…primo mixaggio… “DIN DON DAN DON, DIN DON DAN!” Le campane di Vulcan Princess di Stan Clarke esplosero nelle cuffie, spezzando di colpo le liquide sonorità di Jessica. Adesso toccava a me, alla mia voce che ancora indugiava nella gola secca per l’emozione. Fuori, per le strade, sulle spiagge, nelle case, sapevo che stuoli di ragazzi, centinaia, forse migliaia, erano pronti ad assorbire le vibrazioni che gli altoparlanti avrebbero presto diffuso; pronti anche a giudicare, a criticare, forse ad applaudire. Non avevo programmato una scaletta, non sono stato uno pragmatico, vado a braccio, improvviso, mi adatto a ciò che il mio istinto mi suggerisce, o mi comanda. Avevo scelto solo il brano d’apertura, gli altri…ci avrei pensato…

Tutto era pronto mentre le campane lasciavano il posto al sincopato riff di Stan; a quel punto avrei dovuto solo sfumare il volume della musica, alzare quello del microfono e…parlare. Per dire cosa? Tutte le frasi che avevo immaginato, studiato, memorizzato e ancora ristudiato …svanite, cancellate dall’emozione. Il pezzo andava avanti, i secondi diventavano minuti… “Buonasera”, esordii con voce incerta “…siete all’ascolto di Antenna dello Stretto e io… sono Pippo…”. Stop! Afasia totale!

Per togliermi dall’impasse, mixai il primo pezzo della serata senza nemmeno presentarlo: uno sfarfallio, come di stormo d’uccelli, introdusse i primi arpeggi della chitarra di Cockburn in Lord of the Starfields. Accesi una sigaretta che aspirai come se fossi riemerso dopo un’apnea; avevo poco più di tre minuti per resettare il cervello, un tempo che mi appariva brevissimo, scegliere il pezzo successivo e sciogliere in nodo che mi serrava la gola. Scelsi l’ultimo album di Terry Reid, Seed of Memory, con un brano che ben si sposava e proseguiva le atmosfere di Cockburn, che intanto andavano sfumando…titolo del brano appena finito, autore, bervi note biografiche e presentazione del pezzo successivo…

Quell’ora passò velocemente, i brani si succedevano come in un’onda emotiva, alternavo le pacate atmosfere romantiche dei primi pezzi, con le esplosioni adrenaliniche di un Billy Cobham, o i surreali assoli di Zappa, per poi ritornare all’intimismo sofferto di Nick Drake, passando per le solarità californiane dei Sopwith Camel. Ad ogni stacco la lingua si scioglieva, la parlantina diventava più fluida e sicura e la fantasia riempiva gli impacciati silenzi e le pause dei primi minuti; arrivarono le prime telefonate di apprezzamento, di curiosità, di entusiasmo per quelle sonorità mai udite. 

Era l’inizio di un’epopea che insieme a tanti amici e a tanti altri ragazzi sparsi per tutta l’Italia, ho avuto il privilegio di vivere, con entusiasmo e orgoglio e con quel senso di libertà, di trasgressione che la prima Radio Libera incarnava…E’ durata poco quell’era…il business, il profitto, i grandi network imposero ben presto dei limiti, degli standard, sacrificando e uccidendo i fervori di una generazione.

Antenna dello Stretto non ha mai smesso di trasmettere, adeguandosi ai tempi e alle necessità del mercato; è sopravvissuta alla pandemia, giusto per usare un temine attuale, che ha cancellato come un’onda anomala un’epoca fatta di sogni e speranze.

*Pippo Donato, scrittore