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La lotta per i diritti femminili nella storia, da Olympe de Gouges all’Era digitale

La forza solidale della cultura

Nel 1793 l’intellettuale Olympe de Gouges venne ghigliottinata con l’accusa d’aver dimenticato le virtù convenienti al suo sesso: lottava per i diritti femminili. Denunciata non dagli uomini ma dalle donne. La rivalità femminile è stata e in parte è, una piaga che ha prodotto battute d’arresto nel progresso sociale. Nel 1866 Cristina di Belgioioso notava che spesso dalle donne proviene un’ottica oscurantista contraria a riforme di parità. Leonardo Sciascia biasimava l’educazione permissiva e complice di madri di figli maschi, tollerante finanche lo stupro; potenziando violenza, egoismo maschili, quale riscatto tramite la maternità del ruolo subalterno socialmente impostole. Indifferente a che il proprio riscatto fosse di detrimento a vita e futuro del proprio sesso. Aveva dunque qualche ragione Arnault de Villeneuve nel 1586 definendoci bestie velenose? Certo che no; ma secoli di soggezione, soprusi, in una società maschio-centrica non hanno giovato alla crescita sodale delle donne fra loro. La posizione di subalterne ci ha reso spesso nemiche. Non ci siamo spalleggiate a sufficienza, ognuna alla ricerca di spazi da conservare gelosamente: maternità e consenso maschile uniche porte d’ingresso. La donna era educata ad accudire i fratelli maschi, divenire ottima sposa e madre; nelle classi modeste a faticare da mane a sera. In ambienti agiati, aristocratici le si dava un’istruzione limitata, controllata dagli uomini. Si ritenevano incapaci di recepire concetti letterari, specie scientifici, col pericolo di turbe mentali; le troppe letture le avrebbero rese vittime di fantasie morbose. Per secoli hanno dettato legge Ippocrate, il più grande medico dell’antichità che definiva la donna incompleta fisicamente e intellettualmente e Aristotele che negava alla donna una natura attiva sostenendo il concetto che solo il maschio possiede l’essenza e la forma; la donna riproduce solo. A piccoli varchi aperture avvennero. La cultura in ogni sua accezione farà sempre da traino. L’Illuminismo con la Repubblica delle Lettere che include ogni genere di forma culturale intensifica i rapporti epistolari incrocia idee sviluppa sensibilità sociali. Dal 1874 non prima, la donna potrà diplomarsi, laurearsi! La I guerra mondiale la vedrà sostituire in mansioni lavorative gli uomini diretti al fronte; quanto scetticismo e criticismo, però! Ma in lei cresce la voglia di autonomia e mostrare di cosa sia capace. Ora, nella raggiunta indipendenza, libera di studiare, accedere a cariche gratificanti non ha più depressioni (isterismo, dicevano) non cade più in deliquio, gestisce incarichi di potere coniugando femminilità e autorevolezza. Ma deve ancora confrontarsi con mentalità retrive che non l’aiutano verso un’equilibrata solidarietà con le altre donne. E invece solo così si cresce e si affermano i proprio diritti, non contrapponendo poteri di genere, ma creando dialogo, stima reciproca. Si sa, maggiore è il grado di cultura, maggiore la capacità di consenso e sostegno. Chi è più avanti deve aiutare a uscire altri dalla minorità intellettuale, genere a parte. L’era digitale ci aiuta. Se ne avvantaggerà l’intera società. Gabriella Izzi Benedetti

*Gabriella Izzi Benedetti, scrittrice