La libera muratoria in Abruzzo dal XVIII al XX secolo
Un tomo sulla massoneria abruzzese e sulle figure che ne hanno fatto la storia
L’AQUILA – Fresca di stampa e da pochi giorni in distribuzione l’ultima opera di Loris Di Giovanni ed Elso Simone Serpentini “La Libera Muratoria in Abruzzo dal XVIII al XX secolo” (Artemia Nova Editrice). E’ il quarto volume pubblicato dal Centro Studi sulla Storia della Massoneria in Abruzzo (Ce.S.S.M.A.), uscito per i tipi della casa editrice teramana diretta da Maria Teresa Orsini. Per quanto la letteratura sulla massoneria sia abbondante, non si può certo dire che avesse finora trovato una collocazione in ambito scientifico, men che meno in Abruzzo, prima della meritoria opera dei due insigni studiosi e storici, Di Giovanni e Serpentini, cui si deve peraltro la realizzazione di altre opere, pubblicate con il medesimo editore, quali una “Storia della Massoneria in Abruzzo” (2019) e il recente volume “Gli Illuminati, un filo rosso tra Baviera e Abruzzo” (2020), e prima ancora altri due saggi sulla stessa tematica insieme ad altri autori.
Gli autori in “La Libera Muratoria in Abruzzo dal XVIII al XX secolo” ricostruiscono la presenza in Abruzzo di uomini e associazioni che in qualche modo si richiamano ai valori libero-muratori, calandosi anche nel contesto socio-culturale e della vita politica di ogni periodo storico analizzato. Un vero e proprio manuale di storia ricco di 542 pagine, nelle quali si succedono, oltre alle ricerche storiche, le immagini di illustri massoni abruzzesi, diplomi e brevetti, in un percorso che dalla seconda metà del XVIII secolo arriva fino agli anni Sessanta del secolo scorso.
Punto di partenza dello studio sono le logge napoletane e la figura del Principe di San Severo, per passare alle officine castrensi francesi insediate a Lanciano, i loro rapporti con l’Intendente d’Abruzzo Pierre Joseph Briot e i legami con la carboneria. Il Grande Oriente murattiano e le sue prime logge nella regione precedono un rapido excursus delle singole logge a Teramo, Pescara, Chieti e L’Aquila. Ricostruita nel dettaglio è l’appartenenza alla massoneria del gentiluomo di Atri Carlo Acquaviva d’Aragona, che nella seconda metà del Settecento aderì ad una loggia napoletana, ed i contatti di suo zio cardinale Troiano Acquaviva con Giacomo Casanova, che ospitò giovanissimo a Roma, nel suo palazzo a Piazza di Spagna. Pochi anni dopo Casanova verrà iniziato a 25 anni in una loggia di Lione. Viene analizzato il carteggio massonico del marchese Gesualdo de Felici di Pianella, maestro venerabile della loggia teatina Vettio Catone, quello dello zio Camillo de Felici de’ baroni di Rosciano e i suoi rapporti con Giuseppe Garibaldi, strettissimi dopo aver salvato la vita a suo figlio Menotti; quindi la storia massonica della famiglia Delfico di Teramo, con la prova dell’affiliazione di Gian Filippo alla loggia Vittoria di Napoli, come delle frequentazioni del fratello Melchiorre con il danese Friedrich Münter e con i salotti latomici della capitale del Regno. Non è un caso che sulla copertina del volume campeggi il diploma di maestro massone di Filippo de Filippis Delfico, rilasciatogli da una loggia di Marsiglia, città nella quale si trovava in esilio.
Studiata poi nel dettaglio è la straordinaria figura di Costanzo Di Costanzo, figlio cadetto del Duca di Paganica, che si trasferì giovanissimo dal popoloso paese dell’aquilano in Germania per evitare d’entrare nella vita religiosa, come invece avevano dovuto fare i suoi numerosi fratelli e sorelle, eccetto il primogenito Giovanni destinato a succedere nel ducato al padre Ignazio. A Monaco di Baviera il giovane Costanzo indossò la divisa militare. Entrò nella massoneria, avviatovi dal cognato anch’egli militare, poi passò tra gli Illuminati di Baviera con il nome iniziatico di “Diomede”. Si analizzano inoltre, nel corposo volume, le biografie di due famosi pittori massoni: Teofilo Patini e la sua militanza nelle logge aquilane e Gennaro Della Monica, maestro venerabile della loggia teramana. Quindi l’influenza che ebbe su entrambi l’esperienza dell’iniziazione massonica, evidente in diverse loro opere. Alla Loggia Manthoné di Castellammare Adriatico apparteneva anche il pittore, grafico e cartellonista Vincenzo Alicandri di Sulmona, fondatore insieme a Basilio Cascella dello stabilimento tipografico sulla antica Via delle Acace, dove oggi insiste il Museo Cascella. Un altro artista massone, Alfonso Rossetti, collaborò coi primi due alla rivista “L’Illustrazione Abruzzese”.
La figura di Gabriele Rossetti e suoi rapporti con la carboneria e la massoneria a Napoli sono studiati anche in relazione alla statua che la locale loggia – che ricordava il suo nome nel suo titolo distintivo – gli fece erigere a Vasto. Stesso studio per la statua di Ovidio, su indicazione della loggia Panfilo Serafini. Il monumento al poeta Ovidio, a Sulmona, fu realizzato dal “fratello” Ettore Ferrari (Roma 1845-1929), importante scultore noto per la statua di Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a Roma, inaugurata il 9 giugno 1889 con una grandiosa manifestazione pubblica e un tripudio di labari massonici, compresi quelli abruzzesi, oltre che per le statue di Garibaldi, Mazzini, Quintino Sella ed altre ancora.
Figlio dello scultore Filippo Ferrari (Roma, 1814 – 1897), Ettore Ferrari fu Gran Maestro del Grande Oriente dal 1904 al 1917 e Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico e Accettato dal 1918 al 1929, imprimendo un netto orientamento radicale ed anticlericale sia all’ordine che al rito. Era stato iniziato nell’estate del 1881 nella Loggia Rienzi di Roma, nella quale era oratore Fabrizio Padula, il chirurgo di Trivigno che divenne abruzzese d’adozione sposando la nobildonna atriana Anna Forcella. E che costruì a Pineto Villa Giovinezza, edificio in stile moresco veneziano ricco di simbologia esoterica.
La realizzazione della statua a Publio Ovidio Nasone a Sulmona seguiva quella di Costanza, in Romania, l’antica Tomi dove il poeta scontò l’intero suo esilio fino alla morte nel 17 d.C., nata per interessamento di Remus Opreanu. In quella giovane nazione Ferrari aveva realizzato nel 1881 anche la statua di Heliade Radulescu, padre della letteratura romena. Furono gli esponenti della massoneria di Sulmona a convincere il “fratello” Ferrari a realizzare l’opera, accettando il solo rimborso delle spese. Pur se nominato cittadino onorario di Sulmona il 17 febbraio 1925, il massone Ettore Ferrari il giorno dell’inaugurazione del monumento non volle esser presente, in quanto acceso repubblicano e antimonarchico. Invero, pochi giorni prima della cerimonia, si era recato nella città peligna per aggiungere alla mano destra della statua di Ovidio lo stiletto, realizzato in un secondo tempo.
Una novità consiste sicuramente nell’aver rintracciato il nome di Angelo Camillo De Meis da Bucchianico nel piedilista della loggia Felsinea di Bologna, nel 1867 accanto a quello di Giosuè Carducci. Lo scisma ferano del 1908 in Abruzzo, e le sue conseguenze, viene trattato con notizie finora inedite. L’inizio del ‘900 vedrà il susseguirsi di tante associazioni nate in terra abruzzese con il contributo della massoneria: le società operaie e di mutuo soccorso, l’Associazione del Libero Pensiero “Giordano Bruno” a Teramo, i comitati massonici pro Cuba e Candia.
La nascita dei fasci di combattimento e del partito massonico della Stella Nera dividerà in due campi avversi i Fratelli del GOI da quelli fedeli al Palermi. Per poi passare alla legge Rocco sulle società segrete, che anche in Abruzzo metteva al bando le logge. D’interesse anche le notizie dell’Archivio Centrale di Stato sulla soppressione dell’Ordine in Abruzzo, durante il fascismo, e i documenti rinvenuti sui rapporti delle Prefetture, indicanti nel dettaglio i sequestri e le devastazioni nelle officine abruzzesi e molisane. I documenti riguardanti i massoni sono stati individuati seguendo la pista della sigla K3, con la quale il regime fascista indicava gli affiliati alle logge di qualsivoglia obbedienza.
Importantissimo è il primo studio sulla penetrazione delle logge nelle banche abruzzesi. Il consiglio di amministrazione della Banca di Pescara, solo per fare un esempio, vede la quasi totalità del piedilista della loggia “Gabriele Manthoné”, con i fratelli Cesare ed Ernesto Bucco, proprietari dell’omonimo stabilimento farmaceutico fondato nel 1867, Cetteo Mascaretti, Aristide Barattucci. Non è un caso che nel 1958 verrà dalle Marche un altro libero muratore, il dottor Franco Angelini, a rilevare la fabbrica dei Bucco, per trasformarla nella “Farmacia Aterni”, ai più nota come Fater.
Nel secondo dopoguerra l’attenzione si sofferma su un personaggio di Chieti, Romeo Giuffrida, già braccio destro di Raoul Palermi e direttore d’una rivista massonica importante che si stampava a Pescara, “Voce Fraterna”. Dalla Comunione Massonica spuria del Giuffrida nascerà la Loggia Aternum, poi regolarizzata dal GOI e loggia madre d’Abruzzo. Gli anni della ricostruzione del Grande Oriente in Abruzzo e l’opera dei suoi pionieri Valentino Filiberto, Alfredo Diomede e Josè Guillem Guerra chiudono la trattazione. Di notevole valore storico è la ricostruzione di numerosi piedilista delle varie logge abruzzesi nelle quattro province, utilissimi, al pari dell’indice dei nomi e d’una ricca appendice documentale.
Ma la vera novità del volume è la scoperta dell’importanza avuta dai “fratelli” di fede protestante nella storia della massoneria abruzzese. Nel 1907, seicentesimo anniversario della morte di Fra Dolcino, viene fondata una loggia, unica in Italia con questo titolo distintivo. Dove? A Lanciano. A scorrere il suo piedilista saltano all’occhio due fratelli di fede protestante: Camillo Pace e Federico Mecarozzi. All’evangelico Gabriele Rossetti è dedicata una loggia, dove, guarda caso, dopo essersi spostato dalla loggia di Lanciano e dal triangolo che stava principiando a Paglieta, il primo Mastro Venerabile è proprio il pastore evangelico Camillo Pace.
Nel 1927 un altro pastore protestante, Aurelio Cappello (in corrispondenza con Francesco Fausto Nitti), è costretto dal regime fascista a chiudere il circolo giovanile “Gabriele Rossetti” a Palombaro. Ma il contributo dato dai fratelli protestanti non si ferma alla statua dedicata al patriota vastese. A rialzare le colonne delle logge del Grande Oriente d’Italia in Abruzzo, dopo la Seconda Guerra Mondiale, sarà un altro pastore protestante, Agostino Piccirillo, promotore della regolarizzazione di una loggia sorta dallo scisma ferano e aderente ad una struttura teatina di Giuffrida, che diverrà dopo pochi anni la “loggia madre” del nascente Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili abruzzesi.
*Goffredo Palmerini, giornalista