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La fine

“Mi fa rabbia che abbia insistito per tornare in acqua un’ultima volta, anche se tirava vento e il mare era agitato, arrivavano onde sempre più grosse, ma quando le ho detto che si stava facendo tardi e che dovevamo tornare a casa, mi ha riso in faccia ed è corsa incontro ai cavalloni. Anna era così, una che faceva comunque quello che voleva, senza sentire ragioni, un’impulsiva piena di entusiasmo. […] Sì, se non fosse tornata in acqua sarebbe ancora viva, ma non saremmo stati insieme più di trent’anni se per esempio avessi provato a impedirle di entrare in acqua quando voleva”. [Paul Auster]

Una psicologa una volta mi ha detto che le storie d’amore, in genere, finiscono nello stesso modo in cui hanno funzionato.


Seguendo le stesse dinamiche.


Leggendo questo passo di “Baumgartner”, ho pensato che la stessa “legge” si possa applicare anche alle persone: finiscono nello stesso modo in cui hanno vissuto.


Magari non tutte, ma alcune sì.


E, probabilmente, le più felici, le più risolute.


Le persone capaci di vivere rimanendo fedeli a se stesse restano fedeli a se stesse anche nell’andare incontro alla morte.


Come Anna, la moglie di Seymour Baumgartner.


Che ha sempre vissuto come “un’impulsiva piena di entusiasmo”, facendo “quello che voleva, senza sentire ragioni”.


E in quello stesso modo se n’è andata.

Seymour questo lo sa.


C’è una parte di lui, dilaniata dal dolore e dalla rabbia, che fatica a farsene una ragione.


Ma ce n’è anche un’altra, che la ragione l’ha capita perfettamente. Che sa che non avrebbe potuto andare in altro modo se non così.


Sono due ruoli difficili quelli di Seymour e Anna.


Rappresentano due delle più grandi sfide della vita.


Da un lato, essere capaci di accettare che ciò che amiamo di qualcuno potrà rivelarsi un giorno ciò che ce lo porterà via.


Dall’altra, rimanere noi stessi anche se questo potrà ferire i nostri cari, farli soffrire, separarci da loro (fisicamente e non).


Sono sfide enormi, estremamente complicate.


E non riguardano solo l’amore o le coppie in senso romantico.


Ma tutte le sfere della vita, tutte le relazioni.


Quel figlio che ti riempie di orgoglio perché è indipendente, maturo e intraprendente, magari se ne andrà a vivere dall’altro capo del mondo e lo vedrai tre volte all’anno.


Quel dipendente che stimi immensamente perché ha spirito imprenditoriale, tratta l’azienda come fosse la sua e mette il cuore in ogni cosa che fa, forse un giorno lascerà il tuo team per aprire un’attività sua per davvero.


Quell’amica che ammiri perché è visionaria, sognatrice, fuori dagli schemi, magari ti dirà di no all’aperitivo il sabato sera, perché il sabato sera lo userà proprio per lavorare ai suoi progetti visionari e ai suoi sogni fuori dagli schemi.


E viceversa.


A volte sarai tu a doverti allontanare dagli altri per rimanere aderente a te.


A dover dire di no, per dirti di sì.


Spesso non è facile per niente, ma bisogna lavorarci.


Perché a un certo punto la fine arriva.


E ho il sospetto che sia meglio annegare sotto i cavalloni tra cui hai amato nuotare, che farti sommergere dal rimpianto di non aver mai lasciato la riva.

Bibliografia:

Paul Auster, Baumgartner

*Mariachiara Silleni, giornalista, copywriter & communications specialist