Intervista a Peppino di Capri
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In quest’estate ancora piena di incognite, ma anche di tanta voglia di ricominciare…ripropongo un ‘intervista a Peppino di Capri, che esprime comunque quella carica di entusiasmo, di energia e di emozioni inespresse e che certamente non guasta!
Incontrare Peppino di Capri a Marina Grande a Sorrento per il Premio Caruso, riporta alle note di “Frennesia” o “Voce e’ notte” che sembrano fare da sottofondo alla nostra chiacchierata. “La passione per la musica – sottolinea – me la porto dentro da bambino, essendo nato in una famiglia di musicisti. Il mio giocattolo preferito era un vecchio pianoforte che stava in casa. La musica per me ha sempre avuto una funzione spirituale, catartica, con l’effetto di propagare energie. D’altronde anche nei momenti più critici la giusta colonna sonora diventa un rifugio prezioso”.
Peppino di Capri, insieme a Mina e Celentano, è stato un mito degli anni Sessanta – Settanta, ma le sue canzoni sono amate e preferite anche oggi, nonostante i grandi cambiamenti di costume. “Sicuramente – aggiunge di Capri – noi siamo stati dei fortunati a nascere in un periodo in cui la canzone lasciava una traccia molto più profonda di oggi. Allora c’era più possibilità di comunicare. Oggi vi sono sì delle canzoni valide, ma c’è anche una forte tendenza alla musica usa e getta. Si cerca il successo immediato a discapito della qualità del prodotto. Viviamo in un mondo dove, per non sembrare out, si privilegia l’apparire all’essere”.
Le canzoni di Peppino di Capri resistono dunque alle mode perché non sono legate ad una particolare stagione storica, e sicuramente, come lo stesso cantautore conferma, piacciono anche alle nuove generazioni. “Quella di oggi – aggiunge- è una musica adeguata ai tempi in cui tutto viaggia in modo sfrenato. E’ giusto che i ragazzini abbiano bisogno della loro musica, ma non dobbiamo dimenticare che noi italiani siamo un popolo di romantici, di sentimentali, per cui di fronte agli aspetti più profondi dell’esistenza, anche la canzone che si sceglie deve avere una tenuta. Penso che i miei motivi attirino ancora perché si modulano su standard universali. Basta raccontarsi e si ha l’impressione di prendere una boccata d’ossigeno contro tutto.”
Peppino di Capri è sempre rimasto fedele alla sua Capri e a Napoli, e pur constatando con amarezza che Napoli è spesso tagliata fuori dai grossi circuiti di promozione, sottolinea tuttavia con forza il tratto fortemente umano del popolo partenopeo: “Penso che a Napoli ci sia un’umanità che ci viene invidiata ovunque, per cui la città dovrebbe ripulirsi di quegli aspetti che la danneggiano, come lo scippo o il teppista sullo scooter, per valorizzare quei lati insostituibili che le appartengono.
A Napoli non c’è stato un ricambio generazionale. Eravamo molto forti negli anni Sessanta. Quello che conta, secondo me, è rimanere a Napoli.”
Anche a Capri ci sono tante positività, nonostante molte caratteristiche siano andate scomparendo. Le botteghe degli artigiani, ad esempio, sono sempre più diminuite per cedere il posto alle grandi griffes e boutiques. “Noi capresi – conclude l’artista – siamo dei privilegiati perché in un certo senso viviamo ancora sull’eco di Tiberio. Deve essere pertanto compito di tutti valorizzare sempre più il patrimonio naturale dell’isola, perché di turismo potremmo vivere nei secoli e non solo nei quattro mesi della stagione estiva. Tutto sta nel limitare l’afflusso esagerato, proprio per consentire a chi arriva di gustare una Capri di qualità e non consumistica.
*Annella Prisco, scrittrice