Il “Ponte insostenibile”. Intervista al divulgatore scientifico e geologo Mario Tozzi
Il Ponte sullo Stretto è l’opera del “paradosso” e poi è anticostituzionale, perché adesso la Costituzione difende gli ecosistemi con l’integrazione all’articolo 9, c’è scritto proprio esplicitamente
Il Ponte sullo Stretto. In queste settimane se né parlato molto e l’opinione pubblica si è espressa spesso per “supportare” il “pensiero dominante” della propria corrente politica. Ma qual è la situazione reale delle infrastrutture tra Messina e Villa San Giovanni? Le autostrade siciliane, per lunghi tratti unica corsia, sono fatiscenti e pericolose; la stazione di Villa San Giovanni sembra Beirut e mancano ascensori per disabili da anni; dopo Pasqua centinaia di passeggeri siciliani (diretti a Villa) hanno perso il treno poiché gli aliscafi da Messina partono in ritardo (per via del grande flusso). Potremmo continuare ancora. No, non è un paese per vecchi (ma manco per giovani). Mobilità da terzo mondo ma si parla del ponte. Abbiamo intervistato il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi che si espresso in proposito.
Buongiorno Mario. Nelle scorse settimane hai pubblicato sui tuoi profili social una serie di punti che evidenziano come il ponte sullo Stretto sia realmente “insostenibile”. In questa intervista cercheremo di approfondirli insieme cercando di fare chiarezza su un’opera mai realizzata ma sempre discussa, dall’epoca romana in su. Intanto la politica. Chi si oppone lo fa per ideologia, perché è di sinistra, perché è contro il progresso o c’è dell’altro? Io non lo so per cosa si oppongono gli altri, io lo faccio semplicemente perché mi sembra un’opera molto complicata da realizzare in un contesto difficile, non particolarmente utile, dannosa per gli equilibri naturali e anche diseducativa perché “dice” sostanzialmente che gli uomini possono fare quello che gli pare. Detto questo è l’opera del paradosso perché mettere un ponte che è in grado di resistere a due scosse di magnitudo 7,1 Richter – il massimo che si possa attendere in quell’area, perché il ponte dovrebbe resistere a questo – non salverebbe dal paradosso di avere un ponte che sta in piedi ma due città rase al suolo, perché Reggio Calabria e Messina non reggerebbero a una scossa di magnitudo 7,1 Richter. Gli aspetti strutturali. Molti ribattono che altrove – Stati Uniti, Cina, Giappone – di ponti così lunghi in luoghi non meno complicati ne sono stati costruiti. Che ne pensi? Ma no, non è vero, i ponti che sono stati costruiti a “campata unica” così lunga non c’è ne nemmeno uno al mondo, in nessuna parte, nemmeno in contesti meno difficili. Per quanto riguarda i contesti sismici certo, ma, ad Auckland oppure a San Francisco i ponti che sono stati costruiti, oppure in Giappone, sono ponti costruiti in contesti che erano stati già risanati o che si stanno risanando. Cioè si devono preoccupare prima della sicurezza delle abitazioni e del territorio e poi eventualmente del ponte. In ogni caso il ponte di Akashi – quello più vicino al progetto del ponte sullo Stretto di Messina – il più lungo a campata unica subì il terremoto mentre era in via di ultimazione, un pilone si spostò di 120 centimetri, quindi lo dovettero riassestare e la linea ferroviaria che era prevista non fu più messa. Ma se noi facciamo il ponte sullo Stretto senza la ferrovia è veramente inutile. C’è bisogno di ribellarsi parecchio, soprattutto per la ferrovia eventualmente. Parlando poi degli aspetti legati alla mobilità dello Stretto, quanto un possibile ponte favorirebbe gli spostamenti dalla Sicilia alla Calabria e viceversa? Mah, non si capisce di chi, i pendolari che gravitano tra Reggio Calabria e Messina certamente non lo prenderanno, sono circa 5mila, l’80% non prende l’auto, per quale ragione “il pendolare” dovrebbe prendere la macchina, uscire da Reggio Calabria, farsi dieci chilometri di strada per arrivare a Cannitello, attraversare il ponte entrare a Messina per farsi altri 10 chilometri e cercare pure parcheggio. Un pazzo! Continui a prendere l’aliscafo naturalmente, quindi per loro non è utile. Gli altri non so, a chi possa essere utile è davvero difficile da interpretare, se vieni da Francoforte e vuoi arrivare in macchina in Sicilia vai ricoverato. Oltretutto da Genova e Napoli puoi traghettare l’auto sulla nave, ti riposi e non inquini l’ambiente.
L’impatto ambientale. Ambiente e paesaggio – tra Ganzirri e Capo Peloro – sarebbero per anni teatro di lavori di proporzioni eccezionali per un territorio fragile, quali i rischi? Come minimo una ventina di anni, mi sembra difficile di meno, comunque in tutto questo i laghi di Ganzirri scordiamoceli, perché sparirebbero, con piloni alti 400 metri sbancherebbero tutto così come verrebbe distrutta la circolazione delle acque dolci. Non ci trovi più niente lì, andrebbero cancellati quegli ecosistemi. Stiamo parlando di siti di importanza comunitaria, zone di protezione speciale, se ne fregano di tutto. Dal punto di vista dell’impatto paesaggistico e dell’impatto sugli ecosistemi è devastante e in questo senso è anticostituzionale perché adesso la Costituzione difende gli ecosistemi con l’integrazione all’articolo 9, c’è scritto proprio esplicitamente. Qui non li stai difendendo, anzi li stai distruggendo.
*Roberto Sciarrone, direttore responsabile di Verbum Press