Il mondo soffuso: Il grande me. Il nuovo romanzo di Anna Giurichovic Dato
Un testo profondo, di forte caratura ecologica, con risvolti psicologici di notevole intensità, è l’ultima fatica letteraria di una giovane scrittrice già affermata, Anna Giurichovic Dato.
“Il grande me” (Fazi Editore, Isola del Liri, Frosinone, 2020 pag 228) è un romanzo poliedrico, plurivoco, non facilmente ascrivibile ad una tipologia narrativa ben definita(memoriale, romanzo psicologico e d’ambiente, pamphlet) perché le sfiora tutte. L’opera vuole essere, in definitiva, una sorta di denuncia della malversazione dell’uomo che famelicamente ha fagocitato e continua a fagocitare la natura, con grave ricaduta sulle generazioni future. Tuttavia, ciò che l’autrice vuole esprimere, ha un sostrato ancora più profondo: l’alienazione dell’uomo, solo e monade vagante, alla ricerca un appagamento fisico in grado di colmare la sua anelante richiesta di verità, non ha vie d’uscita. La natura è malata e l’uomo ne vive le disarmonie, non sempre consapevole del punto d’arrivo. Tuttavia la scrittrice non abbandona il lettore in questo stagno putrido ma lo fa emergere accompagnandolo per un percorso dolente ma non amaro. E’ un percorso che ingloba in sé il concetto di condivisione. Quello che Pavese definiva “Il mal di vivere”, può trovare un bastione solido e sicuro nella famiglia, negli affetti cari che divengono veicoli di trasmissione di quei valori che sono la base della congregazione degli uomini. Non solo, tuttavia, la famiglia va difesa ma anche tutta la società umana in una visione universalistica e globale del pianeta. Esiste una via di salvezza che si raggiunge solo creando una catena umana che, partendo dalla famiglia come nido, si allarghi poi alla società tutta. Nell’intreccio del romanzo, il ruolo salvifico viene affidato al padre che ha saputo gustare il dolce della vita con ricadute non sempre positive. Egli è stato un superuomo che ha messo innanzi a tutto il piacere della scoperta, il gusto del proibito, l’amore per una libertà sconfinata. Non ha neanche trascurato cultura ed arte ma la famiglia si, rimasta in dolente attesa. Si è scontrato però con un essere potente che non perdona, un sopraffattore che non ha ostacoli. Il Cancro, protagonista indiscusso del romanzo, recupererà i fili sciolti e li salderà in modo indissolubile. Il padre sarà il figlio recuperato, i figli saranno il padre prodigo che perdona ed accoglie. La vicenda del singolo è la vicenda dell’umanità tutta, delle sue debolezze, dei suoi dinieghi ma anche della forza che viene dall’amore che si rimpingua di se stesso e che è forza vitale. Numerosissime le figure alitanti intorno al padre, ricche ognuna di profonda umanità; folti gli spunti tematici che abbracciano la complessità del vivere, tra tutti il ritrovamento del figlio perduto. Il testo si può leggere come una ricerca corale delle ragioni dell’individuo nel suo intreccio con la natura e con gli altri uomini. Vivace e limpida la prosa nell’alternarsi del tempo della realtà narrativa e del tempo della memoria: il lettore, meditando sull’universalità del narrato, commosso, abbandona il testo con ritrosia.
*Pina D’Alatri, operatrice culturale