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Il mondo che va”. Intervista all’autore Goffredo Palmerini

Un libro che fa posto a tutte le generazioni, intreccia voci e avvenimenti tra passato e futuro, tra storie di rinascita e speranza

“Il mondo che va – scrive l’editore – è un libro che fa posto a tutte le generazioni, intreccia voci e avvenimenti tra passato e futuro, tra storie di rinascita e speranza”. Facendo seguito al grande successo della “prima” a L’Aquila, il dodicesimo lavoro letterario dell’affermato giornalista e scrittore Goffredo Palmerini, verrà presentato in primavera in un tour italiano. Il volume di 355 pagine (One Group Edizioni) è dedicato a Papa Francesco che “dopo Celestino V ha fatto a L’Aquila il dono più grande” partecipando il 28 agosto dello scorso anno all’apertura della Porta Santa, nella Perdonanza n.728. Spiega l’autore: “Il titolo scelto da Francesca Pompa esprime l’ottimismo dei giorni e degli anni che abbiamo davanti, il desiderio e la responsabilità di portare ciascuno il proprio contributo per renderli migliori, la consapevolezza che la qualità del futuro risiede anche nelle nostre mani”.

E allora cosa fare e come agire concretamente? chiediamo a Palmerini.

Evito di aprire un approfondimento che richiederebbe un’ampia trattazione. Posso invece rispondere, in breve, che ciascuno può contribuire a migliorare il tempo che viviamo e quello che abbiamo davanti. Come cittadini abbiamo un riferimento affidabile e sicuro nella nostra Carta costituzionale, scritta dai nostri Padri costituenti dopo le rovine della guerra e della dittatura fascista, in quei valori fondanti richiamati nei primi 11 articoli, in particolare, e negli altri 128. Dovrebbe essere la bussola per tutti gli italiani. In sintesi, richiamerei in ciascun cittadino l’esigenza e il dovere della partecipazione nell’ambito della comunità di cui si è parte. L’altro elemento fondamentale è che ciascuno, in ogni occupazione della propria vita, faccia al meglio il proprio dovere, con passione e senso della comunità. Il richiamo ai nostri diritti non dovrebbe mai essere disgiunto dall’esercitazione piena dei nostri doveri. 

Guardando con ottimismo al futuro, ritorniamo al “mondo che va” e alle “mille voci ed agli altrettanti volti dei tanti argomenti trattati”, chiedendo a Palmerini quali sono state le linee guida che hanno caratterizzato la sua opera.

Questa risposta va in continuità alla precedente. Oggi siamo assillati dalle cose che non vanno come dovrebbero andare. L’informazione ne dà conto quotidianamente. Eppure c’è una parte della nostra comunità, locale e nazionale, che opera al meglio, il più delle volte senza fare notizia. Ci stiamo abituando a società distorte dove il Bene non fa notizia, o la fa raramente. Eppure se riusciamo a crescere e progredire lo si deve all’opera silenziosa di questa parte di comunità del nostro Paese. E’ “il mondo che va”, che lavora, opera e si impegna, per sé e per gli altri, senza esternazioni e clamori, quasi a prescindere da tutto il resto. Ecco, questo libro e tutti i miei libri raccontano questa parte d’Italia e di italiani, dentro i confini e anche oltre i confini, rivolgendo lo sguardo a quegli 80 milioni di connazionali emigrati che vivono in ogni angolo del pianeta, avvertendo in maniera più forte di noi il “dovere” di essere buoni cittadini nei Paesi dove vivono, nel contempo sentendo fortemente un altro dovere morale: quello di rendere onore all’Italia. Raccontando queste storie di vita, ordinarie o straordinarie, belle e intense, ricche di valori, mi piace immaginare d’essere utile a dar voce, volti ed esemplarità all’Italia che va avanti. E’ un modo di esercitare l’ottimismo a prescindere, fondando la fiducia e la speranza del futuro su quanto di positivo ogni giorno siamo capaci di esprimere, grazie ai valori civili e morali che alimentano la nostra quotidianità. E questa narrazione riguarda ogni scala di grandezza, dall’ordinario all’eccellenza, purché ciascuno si realizzi nella pienezza dei propri talenti, mai conservati sotto la terra, ma messi a frutto al meglio, come nel messaggio evangelico.

Chi e come ha inciso maggiormente nel miglioramento della realtà abruzzese e di quella italiana?

Avrei qualche difficoltà a dare una risposta netta, perché nella politica attuale stento a riconoscere personalità che hanno una visione del Paese di lungo respiro. Tutto si consuma nella ricerca del consenso immediato, la classe dirigente è assillata dai sondaggi del giorno dopo. Non vedo statisti che guardano alle generazioni future per fare le loro scelte. Nella situazione che vive il Paese oggi occorrerebbe una classe politica con il medesimo spirito di quella d’inizio anni Cinquanta che ricostruì l’Italia dalle macerie materiali della guerra e dalle macerie morali della dittatura fascista, dopo aver riscattato l’Italia con la lotta di Liberazione. In appena 15 anni quella classe politica – anche se ideologicamente molto contrapposta, ma unita negli ideali di fondo sanciti nella Costituzione – seppe fare dell’Italia la settima potenza industriale del mondo. Nel primo mezzo secolo di democrazia repubblicana, pur con tutti i limiti dei partiti al governo e all’opposizione, l’Italia è cresciuta e ha conosciuto un costante sviluppo, come l’ha conosciuto l’Abruzzo diventato la prima regione del Mezzogiorno per dati economici e sociali. Poi, dopo la fine della cosiddetta prima Repubblica, è iniziata una transizione che ancora non trova il suo sbocco in una democrazia davvero matura, dove nascono come funghi i partiti personali e il legame tra Paese reale e Paese legale è sempre più distante, l’esercizio della partecipazione e del voto sono in crisi e cresce l’astensionismo. C’è davvero urgenza che i cittadini si riapproprino dei loro diritti di partecipazione. Dare deleghe in bianco alla classe politica ha portato all’attuale situazione di degrado, dove demagogia e facili slogan allontanano i cittadini che non vedono affrontati e avviati a soluzione i problemi strutturali del Paese e la via dell’emigrazione è ripresa, specie per i giovani che non vedono per loro un futuro a portata di mano.  

Nella presentazione il famoso giornalista, poeta e scrittore aquilano Mario Narducci osserva: “Palmerini non si accontenta di “riportare o narrare”. Scrive invece per “dire” cose che altrimenti resterebbero sconosciute ai più perché date per scontate mentre scontate non sono”. E ha ragione. Viviamo in un’epoca in cui si corre molto e si riflette poco. Palmerini esemplarmente, con i suoi scritti, fa capire che bisogna cercare di trovare una soluzione positiva. “La sua personale scelta di campo – sottolinea Narducci – lo porta quotidianamente, anche nella vita privata, a stare con gli ultimi e in particolare con un mondo, quello dell’emigrazione, la cui storia, vestita di fame e di tragedie, ha segnato il nostro passato, mentre inorgoglisce il presente per le figure di connazionali all’estero che, attraverso una personale affermazione, hanno contribuito spesso in maniera determinante a fare grande il Paese che li ospita”. 

Palmerini quale è la vicenda che secondo lei merita una menzione particolare?

Tra la ricchezza di storie di vita che il corposo volume tratteggia, vorrei citare il ricordo che ho scritto qualche giorno dopo l’inattesa scomparsa, il 25 marzo 2022 a Sulmona, di Mario Setta, comune nostro amico. Di lui ho voluto richiamare il valore della sua testimonianza, resa per un’intera vita, dapprima come sacerdote operaio tra gli operai, poi come docente, finissimo storico e testimone di libertà. Lo consideravo come un fratello maggiore, data la frequenza delle nostre corrispondenze, tra i nostri rari incontri, perché per alcuni anni ho curato la diffusione dei suoi articoli sulla rete dei miei contatti stampa in Italia e all’estero. Nella sua mitezza, nel rigore morale, nella sua franchezza e nella ricchezza interiore, che sfociava in una cultura rilevante e mai sussiegosa, ho trovato per anni rifugio e motivo di confronto. Ne ho stimato l’apertura al dialogo e la fecondità di grandi valori universali, che Mario declinava con la semplicità del suo tratto, con la sua modestia e il suo garbo, con la chiarezza evangelica del “sì sì, no no” senza indulgere a compromessi. Suoi punti di riferimento erano il filosofo gesuita Pierre Teilhard de Chardin, don Primo Mazzolari, don Giovanni Minzoni e don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana del quale quest’anno ricorre il centenario della nascita: tutti autentici testimoni di fede, di valori civili e di libertà. Rilevante di Mario Setta storico l’impegno nel valorizzare la Resistenza umanitaria in Abruzzo, approdato nella realizzazione del Sentiero della Libertà quale testimonianza del rilevante contributo degli Abruzzesi nella lotta di Liberazione dal nazifascismo e nella riconquista della libertà. Vorrei anche sottolineare l’amore che Mario Setta nutriva per Celestino V, per la sua vita “rivoluzionaria” e la Perdonanza. Come peraltro ammirava il suo gesto della rinuncia alla tiara papale. Sulle dimissioni di papa Celestino Setta ha scritto pagine di forte significato, dove egli rimarca il coraggio profetico nel distaccarsi dal potere, per tornare ad essere l’umile eremita. Non sono certo io la persona più adeguata ad illuminare in pieno di Mario Setta il valore della testimonianza resa in vita. Tuttavia ho segnalato l’apprezzamento per l’onestà della sua continua ricerca e riflettuto sulla sincerità della sua vicinanza all’uomo, sull’autenticità dei valori morali che hanno indirizzato la sua esistenza, sulla trasparenza e sul disinteresse delle sue scelte, sulla libertà da ogni condizionamento di potere.

Un libro-documento. La definizione nella presentazione è della giornalista, scrittrice e poetessa Patrizia Tocci. Un invito alla lettura che condividiamo pienamente “a chi per il piacere di leggere, documentarsi e vorrà avere conto di questi anni, difficili e duri, in cui la scrittura è stata conforto e barra dritta per navigazione in acque molto incerte”.

Palmerini quanta attenzione c’è stata finora per “Il mondo che va”?

Devo dire che già nelle anticipazioni dell’uscita c’è stato molto interesse, poi nelle presentazioni del libro e soprattutto nelle numerose recensioni uscite finora, assai lusinghiere. Poi c’è l’attenzione che, non so quanto meritatamente, la stampa in Italia e all’estero riserva ai miei libri. Sono peraltro molto grato a Mario Narducci e Patrizia Tocci che con i loro scritti, molto attenti e intensi, hanno certamente dato un valore aggiunto al volume, prezioso anche nella veste grafica dovuta all’eccellenza professionale dell’editore One Group.   

Tutte le biblioteche delle scuole abruzzesi, e non solo, dovrebbero dotarsi di opere letterarie e di approfondimento storico, economico e sociale come “Il mondo che va”.

Palmerini ha in programma anche incontri con gli studenti?

Ho avuto molti impegni in questi mesi del 2023, ma colgo ogni occasione come buona per parlare del fenomeno migratorio italiano, in conferenze ed incontri, sia in Italia che all’estero. Spesso ci sono giovani e mi fa piacere che siano vivamente interessati alla conoscenza dell’emigrazione italiana, la più grande diaspora della storia che ha visto uscire dall’Italia 30 milioni di connazionali in poco più di u secolo, diventati un’altra Italia nel mondo con 80 milioni di oriundi. Avverto però che c’è tanto da fare nelle scuole e nelle università. Forse è il caso di raccogliere lo stimolo della sua domanda, con un ciclo di incontri da convenire con le dirigenze scolastiche degli istituti superiori nel prossimo anno scolastico. 

*Domenico Logozzo, già Caporedattore centrale TGR Rai