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Il mistero pasquale e la devozione popolare

Una devozione venuta dai secoli

Affermava San Giovanni Paolo II: “Quante strade deve percorrere un uomo per potersi riconoscere uomo? Vi rispondo: una! Una sola è la strada dell’uomo, e questa è Cristo, che ha detto “Io sono la via” (Gv 14,6). Egli è la strada della verità, la via della vita”. 

La venuta di Cristo nel mondo genera per noi cristiani il problema e il dovere di conoscerlo. Come conoscerlo? Ecco la domanda che ciascun battezzato in Cristo deve porre a se stesso: conosco io Gesù Cristo? Lo conosco davvero? Lo conosco abbastanza? Come posso conoscerlo meglio? Il periodo della Quaresima e della Settimana Santa sono un tempo di grazia per ogni credente.

La Settimana Santa è sicuramente la più sentita da ogni cristiano e da ogni comunità cristiana parrocchiale, è la principale settimana di tutto l’anno liturgico, va dalla Domenica delle Palme al Sabato Santo, chiudendo il periodo quaresimale e aprendo quello pasquale. 

Come ci ricorda il più grande missionario delle genti, Paolo di Tarso, nella sua Lettera ai Filippesi, che viene proclamata nella liturgia della Domenica delle Palme, Gesù si muove dalla divinità all’umanità, dimenticandosi i privilegi dell’essere Dio (Fil,  2,5). 

Il popolo di Dio è chiamato ad essere non solo esperto di Vangelo e catechismo, ma, soprattutto e prima ancora, esperto in umanità. 

La fede nasce nel rapporto personale con il Crocifisso risorto: incontro vero, non parole ascoltate e ripetute!

Per quanto riguarda il Triduo pasquale, esso è il fulcro dell’intero anno liturgico. In questi giorni la Chiesa si raccoglie in silenzio, prega e medita il mistero della passione, della morte e della risurrezione del Signore. Nel cuore di questo Triduo sacro c’è il “mistero di un amore senza limiti”, il mistero di Gesù che, come afferma l’evangelista Giovanni, «dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1). 

La Settimana Santa è caratterizzata da devozioni nelle Chiese, processioni solenni, rievocazioni della Passione di Cristo. 

Anche ad Orte, comune viterbese nell’alto Lazio, essa è scandita nei riti che vanno dalla Domenica delle Palme, nella quale Cristo, con il suo ingresso in Gerusalemme, inizia il cammino di amore e di dolore della Croce, al Sabato Santo. 

La Settimana Santa è poi seguita dalla Domenica di Pasqua in cui si celebra il passaggio da morte a vita per Gesù Cristo e il passaggio a una vita nuova per i cristiani, liberati dal peccato con il sacrificio sulla croce e chiamati a risorgere con Gesù; e, dal Lunedì dell’Angelo, in cui si ricorda la manifestazione dell’angelo alle donne giunte al sepolcro.

Per quanto riguarda il pio esercizio della Via Crucis, il Mercoledì Santo, giorno della tristezza, giorno del tradimento di Giuda Iscariota, la comunità ortana si reca sul Colle di San Bernardino, un colle con una bellissima storia che porta il nome di San Bernardino da Siena, che lasciò ad Orte il segno del suo passaggio, e nei secoli è stato la fucina di molti seguaci di Francesco d’Assisi, come Convento e Collegio Serafico, oltre che luogo privilegiato per cerimonie religiose, eventi sportivi e culturali.

Il Mercoledì Santo i fedeli percorrono la salita del colle illuminato dalle fiaccole, ciascuno portando in mano un flambeau, con la guida del sacerdote, meditando le quattordici stazioni della Via Crucis e giungono al Santuario della Santissima Trinità fuori le Mura in Orte per la conclusione e la benedizione finale. 

Il solenne Triduo pasquale è celebrato in entrambe le parrocchie del paese, la Parrocchia dei Santi Giuseppe e Marco in Orte Scalo e la Parrocchia di Santa Maria Assunta in Orte, ed inizia il Giovedì Santo. 

Il Giovedì Santo è il giorno dell’Ultima Cena, il giorno in cui il Signore Gesù istituì l’Eucarestia e il Sacerdozio. Esso è diviso in due momenti, con diversi riti religiosi a scandire la giornata. Nella mattina non viene celebrata l’Eucarestia nelle parrocchie, perché in ogni diocesi, nella chiesa cattedrale, viene celebrata un’unica Messa (detta Messa del Crisma) presieduta dal vescovo insieme a tutti i preti e diaconi nella quale si consacrano gli oli santi e i sacerdoti rinnovano l’ordine sacro. Nella Chiesa cattedrale della Diocesi di Civita Castellana, dopo che i presbiteri hanno rinnovato le promesse sacerdotali, il vescovo procede alla benedizione dell’Olio degli Infermi, che dona forza ai malati ed ai sofferenti. Nel pomeriggio, alle ore 17:30, nelle rispettive parrocchie, la celebrazione della Santa Messa, nella quale dopo la proclamazione del Vangelo e dell’omelia ha luogo la Lavanda dei piedi.

I Vangeli detti sinottici (Matteo, Marco, Luca) presentano l’Ultima cena come una celebrazione della Pasqua ebraica, alla quale però Gesù attribuisce un significato nuovo. Egli distribuì infatti ai discepoli il pane e il vino, identificandoli con il proprio corpo e il proprio sangue. Il Vangelo di Giovanni afferma invece che Gesù morì il giorno della parasceve («preparazione»), ossia il giorno che precede la Pasqua ebraica; tuttavia anch’esso ricollega chiaramente il segno del pane al sangue di Gesù: «il pane che io dò è la mia carne per la vita del mondo». Ad Orte, dopo la Santa Messa segue l’Adorazione presso gli altari della reposizione delle chiese del centro storico; invece, nella Parrocchia dei Santi Giuseppe e Marco in Orte Scalo, la stessa ha luogo dopo cena, a partire dalle ore 22:00.

Il secondo giorno del Triduo pasquale, il Venerdì Santo, è il giorno in cui si ricorda la morte di Gesù sulla croce. La Chiesa celebra il solenne rito della Passione, divisa in tre parti: la Liturgia della parola, l’adorazione della croce e la santa Comunione. 

Al riguardo mi vengono in mente le parole di uno dei santi più celebri del XX secolo, uno dei più cari della devozione popolare, Francesco Forgione, nato a Pietrelcina in provincia di Benevento, detto padre Pio. 

Padre Pio a chi gli chiese cosa fosse la sua Messa disse: «Figlio mio, in croce ci siamo sempre… e durante la Messa si passa a vivere le tre ore del Calvario». Nella Messa, come soleva dire, bisogna leggere «tutto il Calvario»; per questo la sua Messa era, come la definiva, «un pasticciotto sacro con la Passione di Gesù», avendo egli, come affermò, una «responsabilità […] unica al mondo».  In effetti «padre Pio, portando continuamente nel corpo i patimenti di Gesù morente, viveva nella carne una vita che era segno visibile della vita che viveva nella fede: non era più lui a vivere, ma il Signore così pienamente viveva in lui da essere addirittura confitto fisicamente con Cristo in croce». Per tal motivo questo «Crocifisso del Gargano, segno efficace di Cristo, all’altare riattualizzava al vivo, nella sua carne, il Crocifisso del Calvario», rivivendo ancor più profondamente «nella Messa la Passione di Cristo».  I fedeli che partecipavano alla Santa Messa celebrata da padre Pio percepivano qualcosa di ciò che viveva il Santo. Per questo il papa Giovanni Paolo II, che da giovane sacerdote ebbe la possibilità di partecipare alla Messa celebrata dallo Stimmatizzato del Gargano, affermò: «chi non ricorda il fervore col quale padre Pio riviveva nella Messa la Passione di Cristo? Da qui la stima che egli aveva della Messa – da lui chiamata “un mistero tremendo” – come momento decisivo della salvezza e della santificazione dell’uomo mediante la partecipazione alle sofferenze stesse del Crocifisso», potendo anche asserire che i fedeli, assiepati intorno al suo altare, «erano profondamente colpiti dall’intensità della sua “immersione” nel Mistero e percepivano che “il padre” partecipava in prima persona alle sofferenze del Redentore».

Ogni anno la sera del Venerdì Santo ha luogo la Processione del Cristo Morto. Ad Orte se ne tengono due. Una si svolge ad Orte Scalo. Questa processione fu introdotta da padre Geremia Subiaco, il frate francescano “costruttore”, originario di Vallecorsa, in provincia di Frosinone, fondatore della comunità cristiana di Orte Scalo dove lavorò con la mente, con il cuore, con le braccia, sorretto da una fede limpida ancorata al Vangelo. Alle ore 21:30 la processione devozionale del Venerdì Santo esce dalla Parrocchia dei Santi Giuseppe e Marco e si snoda lungo tutte le vie del paese e i fedeli portano le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, pregando e ascoltando i brani delle meditazioni proclamate durante il percorso, le stesse che ogni anno vengono proclamate al Colosseo. 

Sappiamo che ogni anno persone o gruppi diversi vengono incaricati dal Santo Padre della loro redazione. Quest’anno, per la prima volta dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco è l’autore delle meditazioni. Il tema è “In preghiera con Gesù sulla via della Croce”.

Anticamente, come mi ha riferito mia madre, la processione ad Orte Scalo non era serale, si teneva nel pomeriggio.

L’altra Processione del Cristo Morto si svolge nel centro storico di Orte, ed è una delle rievocazioni più antiche d’Italia, se non la più antica. Dal mese di maggio 2022 è in itinere per il riconoscimento dell’Unesco come Patrimonio Immateriale dell’Umanità. 

Risale a un periodo che possiamo indicare dalla fine del 1100 alla seconda metà del 1200. Ad ogni modo, essa ha mantenuto intatte tutte le caratteristiche e la stessa forma che le diedero i primi con fraterni. Per tale ragione lo storico ortano Gioacchini cita: “Se per caso una persona vissuta nel 1300 venisse a Orte, riconoscerebbe il paese grazie a questa processione”. 

Orte ha una storia molto antica della quale le Confraternite Riunite sono parte integrante. Nel corso dei secoli si formarono e se ne disgregarono molte, attualmente le confraternite sono nove, di cui l’attuale Rettore Generale è Roberto Rondelli. Le loro attività sono di carattere religioso, laico e culturale. Nell’ordine: la Confraternita del SS.mo Sacramento, di Santa Croce (la più antica), della Misericordia, della SS.ma Trinità, di San Pietro, della Madonna del SS.mo Rifugio dei peccatori detta dello Stendardino, di Santa Maria delle Grazie, di Sant’Antonio Abate e del SS.mo Rosario. La sera del Venerdì Santo lo svolgimento della processione segue regole rituali, fissate dalla tradizione, che devono essere rigorosamente rispettate. Il Vice Furiere, il Rettore Generale e un altro confratello, chiamano l’assistente spirituale, il parroco, e insieme si recano in ogni Chiesa dove sono raccolti i confratelli, per una piccola preghiera e una benedizione, poi tutti insieme tornano alla Chiesa di Santa Croce in Piazza sant’Agostino. A questo punto il Furiere generale da’ il via alla processione. 

Alle ore 21:30 le confraternite scendono a Piazza Sant’Agostino e sfilano davanti alla bara del Cristo Morto e alla macchina della Madonna Addolorata e ritornano facendo il giro del Monumento. Le Confraternite, dietro l’invito dei furieri di Santa Croce, muovono dalle rispettive chiese e sostano, in attesa che tutte siano pronte, allo sbocco delle varie strade sulla piazza principale. Poi, al cenno dei furieri si avviano secondo un ordine di precedenza stabilito in base all’antichità di ognuna. La processione così si mette in moto.  E’ dal 1550, dopo il Concilio di Trento, il quale, tra le altre cose, prese anche alcuni provvedimenti per migliorare l’organizzazione della Chiesa, che si verifica un cambiamento anche nelle sacre rappresentazioni, le processioni escono dal tempio e si svolgono all’aperto. 

L’attuale bara del Cristo Morto di Orte risale all’anno 1722, pesa 333 kg, è portata da dodici confratelli, è in legno di faggio, di stile classico barocco e riprende il concetto del cataletto. Su di essa sono disegnati molti simboli biblici.

Giunta sulla piazza principale del paese, Piazza della Libertà, la processione fa sosta, disegnandosi a forma di cuore, e dentro il cuore sarà posata la bara del Cristo morto e la macchina della Madonna, sua madre. Il Vescovo della Diocesi di Civita Castellana solitamente presente alla processione di Orte, saluta dal sagrato della Chiesa l’assemblea, pronunciando una breve omelia, al termine i confratelli recitano a voce il Miserere. A questo punto la processione riparte e si reca alla Rocca scendendo dall’altra via, quella del Tevere, per arrivare in Piazza della Libertà. In Piazza Sant’Agostino, invece, i confratelli cantano lo Stabat Mater. Al termine del canto, la bara del cristo Morto, la macchina della Madonna e la Compagnia di Santa Croce entrano nella Chiesa di Santa Croce, mentre le altre confraternite tornano alle loro rispettive Chiese dove si svolgerà il rito dello spezzare il pane. I confratelli camminano scalzi, con delle catene ai piedi e incappucciati. Lo spettacolo è davvero suggestivo, anche perché per l’occasione la città spegne tutte le sue luci, lasciando solo le torce dei fedeli ad illuminare il cammino.

Infine, il Sabato Santo, la celebrazione della Veglia si tiene in entrambe le parrocchie, nel centro storico alle ore 10:30, ad Orte Scalo alle ore 11:00, ed è scandita nei diversi momenti: il Lucernario, la Liturgia della Parola, la Liturgia battesimale e la Liturgia Eucaristica.

Nella Veglia pasquale, madre di tutte le veglie, ogni uomo può riconoscere anche la propria personale storia di salvezza, che ha il suo punto fondamentale nella rinascita in Cristo mediante il Battesimo.

Come ha spesso ricordato Papa Francesco, il cristiano al centro della sua esistenza non dovrebbe mettere il proprio io, a volte gonfiato dall’individualismo e dall’egocentrismo, ma la persona di Cristo. Solo ponendo Lui al centro della nostra vita, possiamo dirci veramente cristiani. Quanto è importante quindi vigilare perché siano la persona di Gesù Cristo e la sua parola a motivare ogni nostra scelta! 

Quanto è necessario custodire quella sana inquietudine del cuore che ci spinge a metterci continuamente in cammino per trovare il Signore. Ricordiamo le parole di Sant’Agostino: “Ci hai fatti per Te [Signore] e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te”.

Egli ci invita a custodire nel nostro cuore quella salutare inquietudine che ci spinge a essere sempre più cristiani, sempre più ciò che siamo in quanto battezzati, e a vivere e a testimoniare la nostra fede con gratitudine e gioia. 

*Francesca Maccaglia, giornalista