Il gioco della vita: le regole di Erri De Luca
Erri De Luca in Le regole dello Shangai racconta di un inaspettato incontro tra una giovane gitana e un anziano campeggiatore.
L’autore sceglie volutamente di non dare un nome ai personaggi per mettere a fuoco la loro intesa ed evitare che il lettore si possa immedesimare, sottraendo ai protagonisti spessore individuale.
Il racconto muove dall’irruzione di una gitana in fuga nell’area in cui l’uomo campeggia. Così inizia l’improbabile intesa tra due individualità lontane sia per appartenenza generazionale che per origini culturali.
La protagonista femminile fugge da un matrimonio combinato dalla sua tribù e il campeggiatore solitario la guida nella sua fuga verso il mare, la libertà e la salvezza.
Il cardine dell’intesa consiste proprio nella capacità di entrambi di immaginare il futuro piuttosto che concentrarsi su un presente difficile da gestire. I personaggi, tuttavia, applicano all’esistenza leggi diverse. Il vecchio obbedisce alle regole dello Shangai: agisce poco alla volta e con precisione, evita di attirare l’attenzione, rifiuta gli automatismi e vive con intenzione ogni sua mossa, agisce con uno scopo senza sfiorare gli altri. La gitana, invece, si affida alla sua percezione del magico e all’irrazionale: pratica la cartomanzia, rifiuta la vita moderna – responsabile di aver ridotto gli istinti ad impulsi superficiali – e sceglie come insegnante di vita un orso: maestro di calma e concentrazione.
Il lettore, come se fosse uno spettatore, ascolta i dialoghi tra i personaggi e assiste alla loro fuga verso il mare, ma successivamente Erri De Luca sceglie di affidare i segreti dei protagonisti alla parola scritta: lettere e pagine di quaderno dalla potenza evocativa e rivelatoria svelano gli effetti che l’innesco di quell’incontro ha prodotto nelle vite dei personaggi. A questo punto il lettore è catapultato dentro la storia e diventa il confessore di rivelazioni e segreti intimi. De Luca compie il difficile passaggio dalla lontananza alla vicinanza tra i personaggi e il lettore e realizza così le aspettative di quest’ultimo di partecipazione attiva ed emotiva, di affezione sentita alla vita dei protagonisti.
De Luca fa capolino nella seconda parte del libro, in cui sovrapponendosi al campeggiatore si sofferma a riflettere sull’importanza della lingua e la forza espressiva ed emotiva del napoletano, sua lingua d’origine: “Serve una lingua in cui rifugiarsi. La mia è napoletana, poche sillabe bastano a calmarmi. Mettersi al riparo, da quelle parti si dice: trovare arricietto. Mi basta una battuta, il verso di una canzone, e sono in salvo.”
La grandezza di De Luca si misura soprattutto nel suo uso misurato e pregnante della parola, nel saper incastrare e condensare in poche pagine riflessioni e significati profondi che si estendono ben oltre l’agire dei personaggi e scalfiscono l’emotività del lettore.
Questa è una storia in cui non sono le persone a cambiare la vita, ma è la vita a cambiare le persone; i protagonisti, trasformati, diventano causa e producono effetti, ridisegnano la loro esistenza sotto l’influsso di quell’innesco iniziale che è scaturito dal loro incontro.
I personaggi hanno imparato la vita giocando insieme, ciascuno secondo le proprie regole, interferendo e indirizzando l’una il destino dell’altro.
Quello di De Luca è il racconto delle infinite possibilità d’agire nella vita, del poteva essere…e invece…
*Tiziana Santoro, giornalista