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Il fascino ammaliante della Befana

Forse perché il bisogno di ”sognare” e di ancorarsi a una dimensione di magìa  e di mistero, in contrapposizione al costante bombardamento di notizie inquietanti e allarmanti, alberga più o meno consciamente o inconsciamente in ciascuno di noi, fatto sta che in un’Italia con le calze rattoppate, la vecchia con la scopa di saggina torna a piacere.

 Soppressa per un periodo dai calendari ufficiali, la Befana ha ripreso a furor di popolo da alcuni anni a riproporsi, rivendicando un mito destinato a non scomparire e regalandoci quella dimensione di fascino sospeso sempre più in controtendenza con l’atmosfera cupa e oscura del periodo che stiamo attraversando. Pur avendo perso il suo significato originario (essendo nata come il corrispettivo laico dell’arrivo dei Re Magi alla grotta di Gesù Bambino) la Befana continua oggi ad essere aspettata da bambini e adulti che affidano al suo arrivo l’attesa di un dono, e oggi più che mai, alla realizzazione di desideri ed aspettative.

La ruvida calza di tela di sacco che la mattina del 6 gennaio veniva trovata piena di giocattoli, dolciumi e carbone, è stata sostituita oggi dalla facilità con cui ci si scambia un dono in maniera essenziale e veloce, proprio per il dilagante consumismo che non lascia spazio a rituali, ma che risponde al ritmo accelerato dei tempi che viviamo, in cui tutto si brucia in fretta! Ma il fatto che, ciò nonostante, si continui ad aspettare la Befana, ci dà la misura di quanto riemerga e si rafforzi, mai come in questo momento, il bisogno di una ricerca di emozioni e di storie anche un po’ inventate, e lei, la vecchina, vestita di stracci e a cavallo di una scopa, che sorvola i tetti delle nostre case nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, ci consegna l’augurio che possiamo riconquistare la verità di certi valori, ma soprattutto vuole regalare ad ognuno un messaggio di speranza e di fiducia.

Purtroppo nel tempo si è sempre più persa la dimensione emotiva dell’attesa, del mistero, del progetto, i rapporti interpersonali  non rispondono più ai dettami dello slancio e della spontaneità, alterati da forme di diffidenza collettiva che portano spesso  a isolarsi e a rifiutare occasioni per socializzare e abbandonarsi al libero fluire delle emozioni.

Il culto della Befana è stato da sempre particolarmente sentito a Roma, dove dal 1800 viene festeggiata tra le bancarelle e le botteghe di Piazza Navona che ha soppiantato Piazza Sant’Eustachio. E il 6 gennaio del 1928 venne istituita la Festa nazionale della Befana caratterizzata da donazioni di ogni genere a favore delle famiglie più povere e bisognose da parte delle associazioni dei commercianti.

Nel dopoguerra l’usanza di dare doni ai bambini poveri si estende ai figli piccoli dei dipendenti aziendali e pubblici e prosegue fino al 1977, anno in cui la festa della Befana viene abolita dal governo Andreotti.

Una leggenda quindi come quella dell’Epifania, che da sempre  ha chiuso il calendario delle festività natalizie, assume a maggior ragione oggi un significato fortemente simbolico, perché di fronte al crollo sempre più evidente di punti fermi  e certezze, riesce a regalarci, al di là della strenna puramente materiale, quell’atmosfera fiabesca di cui ognuno ha bisogno. E allora ben venga, anche all’apertura dell’imminente nuovo anno, la nostra  Befana, la più innocua, benevola e fantasiosa tra tutti i miti del trascendente, perché  comunque la si voglia accogliere, rappresenta più di ogni altro sogno o viaggio nell’immaginario, un augurio: l’augurio di un futuro migliore!

*Annella Prisco, scrittrice