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Il “Codice” di Antonello da Messina, i simboli del “non humani pictoris”

L’arte rinascimentale è costellata da, quasi fosse una “foresta di simboli”. Tra i protagonisti di questa visione che va “oltre il visibile”- come ricordava lo studioso Fortunato Pergolizzi – troviamo indubbiamente un artista come Antonello da Messina, magistrale pittore del Quattrocento siciliano, che sulle rive dello Stretto mitico, crocevia di rotte e merci, assorbiva tendenze, stili, saperi da ogni dove. Antonello simbolista è protagonista de “Il codice Antonello”, ricco e originale volume pubblicato da Edas dello studioso peloritano Nino Principato, che rilegge “in chiave “esoterica e teologica” le opere del “non humani pictoris”. Attraverso analisi dettagliate, acute e ricche di osservazioni, riferimenti biblici ed evangelici, intuizioni folgoranti, lo studioso offre una panoramica dell’arte antonelliana in chiave simbolica, riprendendo anche le fila di recenti studi che proprio sui tanti aspetti di Antonello hanno cercato di indagare, tra misteri, scoperte, ipotesi, “casi”, che potranno essere da modello apripista per ulteriori analisi. In attesa di scovare documenti nuovi, in una biografia, come quella del genio messinese, che si caratterizza da tanti vuoti e da una cinquantina di opere uniche distribuite nel mondo.  

Simboli, dicevamo, elementi identificativi “antonelliani”. L’uso  del cappio a collo nei toccanti “Ecce homo”- di cui Antonellus Messinensis fu tra i primi a dare forma- così come di animali, pietre preziose, paesaggi fortemente siciliani magicamente evocati, o di tronchi d’albero coi rami tagliati nelle Crocifissioni, in quelle magnifiche Passioni ambientate in riva allo Stretto di Messina,costellate di segni urbanistici del tempo, che sembrano seguire- ci suggerisce  lo studioso- l’invito della mistica clarissa Eustochia Calafato, sua vicina di casa (nata nel quartiere Annunziata il giorno dell’Annunciazione, possibile ispirazione per l’iconica Annunziata di Palermo…), che nel Libro della Passione scriveva che bisognava “formare nella mente una citade, la quale si sia nota che la finga esere la citade de Yerusalem, et in quella formarsi tutti gli altri luchi”.Un autentico “Golgota messinese” che ridisegna- dipingendole dalle colline messinesi- le Crocifissioni, che Principato rielabora seguendo i principi del “pentacolo stellare”, simbolo di eterna creazione.  E ancora, in questo palinsteso affascinante, la melagrana aperta in mano al Cristo bambino della Madonna Saltig, simbolo della maternità “aperta” della Vergine, di “potere universale e promessa della resurrezione”; il santo Gral della Pala di San Cassiano, il Salvator Mundi- ovvero l’uomo Cosmogonico”- con la splendida mano benedicente, o il pendente di corallo  rosso e blu appeso al petto del bambinello del Polittico di San Gregorio, che sembra alludere al Cuore di Gesù, o il rosario dello stesso capolavoro del Museo Regionale di Messina, che potrebbe riferirsi al rosario musulmano (tasbeeh).

Che dire, poi, del San Sebastiano (su cui rimandiamo anche al recente libro di Carmelo Micalizzi), “messa in scena di un martirio” ambientato nel “microcosmo messinese” del tempo, destinato a “rivoluzionare” il tema iconografico sul tema, in cui Principato identifica la figura del cardinale Bessarione, archimandrita del monastero del SS. Salvatore che nella città peloritana alimentò una straordinaria scuola umanistica animata dal Bembo e Lascaris.

Il “San Girolamo nello studio” londinese, gioiello spiazzante di miniature, omaggio alla gloria di Girolamo (secondo Micalizzi, un ritratto del Cusano):  a ridosso del muro, posti sulla parete ombreggiata, troviamo due elementi simbolici di carattere religioso: sul pavimento, il gatto, considerato da Maometto e da tutti gli islamici come un animale sacro; sulla parete superiore, appeso al muro, un asciugamano sporco, posto, un elemento che ad un’approfondita analisi- osserva Principato- si potrebbe identificare come il tallèd o tallit, lo scialle di preghiera usato dagli ebrei come indumento rituale, decorato con frange agli angoli anche sui due lati più corti. Il messaggio di Antonello indurrebbe-secondo lo studioso- ad affermare che la vera religione, cioè quella cristiana, espressa dalla figura di San Girolamo che legge il libro delle Sacre Scritture, domina le altre due religioni, l’islamismo e l’ebraismo.Non manca poi il caso della presunta Tomba di Antonello di Messina, al centro di indagini ancora aperte cariche di interrogativi. 

*Sergio Di Giacomo, giornalista