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“Il bello, la musica, il potere” di Antonello Cresti e Roberto Giordi

Il rapporto tra arte e potere fa parte di quelle riflessioni a lungo termine che nel corso dei secoli sono state talmente dibattute e hanno prodotto risultati talmente contrastanti e diversi da complicare la gestazione della sua definizione.

L’Arte, in quanto espressione della fantasia e del genio umano, è la più diretta ed efficace rappresentazione di esso. “Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima”, diceva George Bernard Shaw.

Il Potere, quello politico in particolare, ha un legame ambiguo con la manifestazione artistica: ne ha bisogno, da un lato, per meglio comprendere l’animo umano, per poterne comprendere gli slanci e, si sa, se si comprende qualcosa, è più facile mantenerne il controllo; ne ha bisogno, perché, se cautamente utilizzato, lo strumento artistico può divenire uno dei più potenti mezzi di propaganda, come avviene soprattutto oggi.

Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi affrontano anche questo tema nel saggio “Il bello, la musica, il potere”, edito quest’anno da Mariù. Il libro vuole sfidare il politicamente corretto riflettendo sul concetto di bello.

Alexander Baumgarten sosteneva che la bellezza è un sentimento del soggetto che vede, ascolta, “sente” le cose, e dunque riguarda il sentimento dell’io.

Se si sta vivendo un momento particolarmente felice, verrà più facile riconoscere ed apprezzare il Bello, ma uno stato d’animo denso di negatività difficilmente potrà far apprezzare una bellezza.

L’ “esperienza estetica”, dunque, coinvolge principalmente i nostri sensi, procurandoci emozioni, fonte per noi di piacere e portandoci ad esprimere un giudizio rispetto a ciò che ha determinato in noi quella emozione.

Questa è la tendenza attuale che caratterizza perlopiù il nostro percepire, valutare, considerare il bello. Ma può il concetto di bello essere slegato da implicazioni di tipo morale? Secondo i due autori no, lestetica non può esistere senza etica. L’arte contemporanea è consumabile, vendibile, molto spesso di cattivo gusto.

Il mondo globalizzato ha davvero perduto la percezione del bello? Si chiedono i due autori. Qual è il rapporto tra la bellezza e il potere e in che modo l’Occidente vive oggi il suo rapporto con le Arti e con la Musica in primo luogo? Il dialogo tra Cresti e Giordi si snoda attraverso l’analisi storica dell’esperienza estetica occidentale per arrivare a toccare le problematiche della realtà sociale in cui viviamo. Il disinteresse verso la bellezza è infatti allo stesso tempo causa ed effetto della crisi di valori della nostra società, e solo recuperando e valorizzando le nostre vituperate identità profonde potremo traghettarci fuori dal non senso, verso la luce di una nuova, antica, umanità.

Se, infatti, tutto è riproducibile, l’arte che valore può ancora avere? Se poi si pensa allo stato dell’arte contemporanea in Italia è pessimo perché sia le istituzioni sia le gallerie private fanno pochissimo per promuovere gli artisti italiani; l’arte italiana ha delle eccellenze che non sono per nulla inferiori a quelle di tanti altri stati europei e stranieri. Il problema è che chi detiene la leadership a livello mercantile sono le grandi multinazionali dell’arte e nessuna di queste è italiana. Ed è questo l’aspetto principale affrontato nel libro: l’importanza del mercato al quale sono collegati il pensiero unico, il ruolo dei media e il politicamente corretto.

La trascendenza, esclusa dal mercato, richiama a sua volta il problema della bellezza intesa come “ordine delle cose”. Roger Scruton scrisse che la società contemporanea, abbandonando il parallelismo tra ordine e bellezza, ha perduto il desiderio di realtà. E infatti come dimostrano Cresti e Giordi attraverso i loro acuti dialoghi, da un certo punto in poi della storia occidentale, gli elementi di ordine e bellezza, si sono completamente separati: nell’arte, nella musica, nella letteratura.

Con lo sviluppo di una passione per ciò che è eccessivo, sublime, e quindi disordinato, amorfo, brutto, prima della guerra era successo qualcosa nella cultura occidentale su cui vale la pena che gli intellettuali di oggi, semmai esistano ancora, indaghino approfonditamente. 

Antonello Cresti è saggista, conferenziere ed agitatore culturale. Si è laureato con lode in “Scienze dello Spettacolo” presso l’Università di Firenze. Ha iniziato la sua attività artistica come musicista, animando vari progetti e producendo numerosi album. Ha già pubblicato tredici libri, usciti con varie case editrici, dedicati a musica underground, cultura britannica, esoterismo, controcultura. È ideatore di un film e di un documentario, entrambi a tematica musicale. È attivo nella creazione di una rete trasversale di intellettuali e creativi in opposizione al Pensiero Unico.

Roberto Michelangelo Giordi è un cantautore e scrittore partenopeo. Vive attualmente tra Parigi e Roma. Ha pubblicato quattro album: Con il mio nome (2011), Il soffio (2015), Les amants de Magritte (2017), Il sogno di Partenope (2019), gli ultimi due usciti anche in Francia. Nel 2019 è stato finalista alle Targhe Tenco. Nel 2022 pubblica per Mariù Aliene sembianze, il suo quinto lavoro discografico e la sua prima opera narrativa. È diplomato al CET di Mogol e laureato in “Scienze politiche” e “Lingue e letterature straniere”. Si è occupato della tradizione letteraria napoletana e del rapporto tra musica e testo nella canzone antica e in quella d’autore.