I magistrati e la corretta decodifica dei segnali delle vittime
A colloquio con Tina Iannella, neuropsicomotricista dell’età evolutiva, psicologa e criminologa forense
È una professionista nel settore dei disturbi dell’età evolutiva, ma è – e fa – anche tanto altro Tina Iannella. La conosciamo in maniera approfondita nel corso di una conversazione nata per capire gli errori commessi da alcuni magistrati quando interrogano i minori. Lei ha sviscerato il problema nel suo ultimo libro, “Abuso e testimonianze nel minore”, in cui indica come porre le domande ai bambini in presunzione di abuso, come ascoltarli in maniera corretta e tanto altro.
Una guida inddispensabile, insomma, – visto che per i giudici non esiste alcuna formazione al riguardo – per indagare sul peggiore dei crimini, l’abuso sul minore, e spiegare come fare per prevenirlo, ma soprattutto come fare a decodificare i segnali delle vittime.
«In presunzione di abuso sessuale o maltrattamento, – spiega l’Autrice – nell’escussione testimoniale del bambino va utilizzata una procedura verificabile e condivisibile, in linea con le più aggiornate evidenze scientifiche, che renderà minime le possibilità d’inquinamento della primaria traccia mnestica e di accrescere le tracce del ricordo corretto. Percezione, memoria, suggestionabilità, comprensione e competenze linguistiche, capacità di distinguere realtà dalla fantasia, verosimile da non verosimile, assurdo da plausibile, sono quelle funzioni psichiche di base che permettono al bambino di essere idoneo come testimone, così come lo studio delle dinamiche parentali che possono influenzare, a vario titolo, il minore e le sue abilità a riferire, in modo utile e preciso, i fatti per cui la magistratura procede».
L’apprezzamento della credibilità del testimone e, quindi, l’attendibilità del suo narrato, rappresentano perciò uno dei momenti più complessi della valutazione della responsabilità da attribuirsi al soggetto ritenuto colpevole di un reato e, in particolare, di un reato di abuso sessuale.
Non va dimenticato che, il più delle volte, l’abuso sessuale avviene in assenza di testimoni oculari e l’unica fonte da cui è possibile trarre il convincimento del giudicante sono le dichiarazioni della vittima del reato: «A tale proposito – precisa Tina Iannella – la Cassazione ha affermato: “Le dichiarazioni della persona offesa – cui non si applicano le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, Cod. Proc. Pen. – possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto” (Cass. Sez. 2° n. 43278 del 24.9.15)».
Sottolineato l’importanza della testimonianza della vittima del reato, in particolare per alcuni tipi di reato, va detto che la testimonianza altro non è che il recupero dalla memoria del soggetto ad essa sottoposto delle informazioni utili all’accertamento dei fatti. Le modalità di recupero delle informazioni sono determinanti in quanto un uso errato delle tecniche adottate ovvero l’uso di tecniche sbagliate, può causare danni irreparabili nella ricostruzione del ricordo.
“Abuso e testimonianze nel minore” si avvale della prefazione di Piero Avallone, presidente del Tribunale dei Minori di Salerno, ed è stato edito da Cuzzolin, con cui Tina Iannella ha già pubblicato “L’intervento neuropsicomotorio nella malattia mentale” e “Strategie psico educative nelle forme autistiche”.
Le chiediamo di raccontarci la sua formazione, incuriositi dalla vastità e poliedricità dei suoi studi, degli interessi e dei campi di indagine e di ricerca.
«La formazione in psicomotricità, della scuola milanese, mi ha spalancato le porte di quel mondo che volevo contemplare: conoscere il paziente nella mente e nel corpo, ma non era sufficiente. Mi sono laureata in Terapia della Neuropsicomotricità dell’Età Evolutiva, successivamente in Psicologia dell’educazione e Psicologia clinica. Lasciandomi accompagnare dall’infallibile istinto, ho voluto proseguire con una specializzazione in Criminologia, Psicologia investigativa e Psicopedagogia forense che mi ha concesso, con le competenze necessarie, di occuparmi di escussione testimoniale del minore in presunzione di abuso e di essere consulente di ufficio e di parte».
Gli studi dell’Alta Formazione, poi, in Psicopatologia dello sviluppo, le hanno consentito di avvicinare le diverse aree di ricerca: psicologia generale, dello sviluppo, psicologia cognitiva e clinica, neuropsicologia, etologia, studiando, così, l’origine e l’evoluzione dei pattern individuali del comportamento disadattato.
«Con la Bioetica – prosegue Tina Iannella – ho compreso lo studio sistematico della condotta umana, nell’ambito della scienza della vita e della cura della salute, esaminata alla luce dei valori morali e dei principi, attraverso il confronto tra studiosi e operatori di matrice diversa, disposti a scambiarsi informazioni, interrogativi ed esperienze, oltre che a superare le inevitabili incomprensioni che scaturiscono da approcci e prospettive teoriche spesso assai distanti».
Anche le consulenze scolastiche, da diversi anni, negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, continuano ad offrirle la possibilità di spaziare ampiamente dalle competenze del bambino diversamente abile a quelle del bambino con difficoltà dell’apprendimento, dai laboratori di neuropsicomotricità alla somministrazione di strumenti standardizzati per rilevare le difficoltà di apprendimento e degli screening preventivi: «Gli sportelli di ascolto, negli Istituti Comprensivi, mi avvicinano ai genitori dei bambini, dei ragazzi al fine di percorrere, insieme, una strada non sempre facile. La formazione con i docenti, di diverso ordine e grado, porta ininterrottamente ossigeno e vitalità alla mia attività. È l’occasione incessante per incontrare persone, con competenze diverse, che incrociano il mio cammino, con le quali iniziare nuovi viaggi».
L’Alta Formazione in Progettazione sociale le ha dato altresì le basi per conoscere le tecniche di pianificazione e consolidare la capacità di stesura e presentazione dei progetti, nell’ambito del sociale, in linea con le direttive della Commissione Europea, mediante il learning by doing; mentre l’Alta Qualificazione in Psicologia Giuridica, Criminale e Investigativa per giuristi e psicologi ha raffinato le competenze che si intrecciano fra i diversi ambiti della psicologia giuridica: civile, penale e minorile.
«Lo studio della Mindfulness, inoltre, mi ha autorizzato ad accompagnare le persone verso il viaggio della consapevolezza. Un viaggio che insegna come mettere a fuoco l’obiettivo della mente, vedere con chiarezza ciò verso cui rivolgiamo la nostra attenzione per non affaticarsi ad inseguire il passato e il futuro, a soffrire per l’incertezza, la frustrazione, l’ansia e le diverse emozioni conflittuali che la vita di ogni giorno genera».
*Mary Attento, giornalista