I fronti aperti e la frammentazione dell’Occidente
Da Gaza all’Ucraina, tanti morti civili e poca speranza
La guerra in Europa si arricchisce di nuove tensioni: l’Ucraina riceve luce verde per lanciare i missili americani a lungo raggio contro le rampe e le basi russe. È la svolta attesa da Zelensky e dai comandi ucraini. Il sistema Atacms ha una gittata di oltre 300 chilometri che rispetto ai circa 70 degli Himars cambia strategie e, di fatto, la guerra in corso. Questa la risposta, inaspettata, di Biden al nuovo asse militare tra Mosca e Pyongyang che, con i suoi 12mila soldati nella regione di Kursk, punta a decuplicare l’impegno della Corea del Nord nel conflitto in corso.
“Prevenire Trump” – che promette di limitare gli aiuti a Kiev e di porre fine rapidamente alla guerra – e difendere il Kursk come moneta di scambio. La svolta prima dell’addio. E ancora: la volontà di fermare Pyongyang? Tanti i temi che si avviluppano in continui dibattiti in queste ore. Ne abbiamo parlato con Antonello Folco Biagini, storico e Professore Emerito di Storia dell’Europa orientale di Sapienza Università di Roma.
Professore, come legge la mossa di Biden?
Gli osservatori e gli analisti la leggono come una mossa volta a “complicare” la futura politica di Trump finalizzata comunque alla soluzione del conflitto. Sul piano militare resta comunque una decisione tardiva e poco efficace dato l’evidente vantaggio acquisito dalla Russia. Si deve anche sottolineare che non tutti gli alleati europei sono sulla stessa linea. Il Ministro degli Esteri italiano, per esempio, ha ribadito che le forniture italiane non potranno essere usate …
È lecito aspettarsi un ruolo più attivo nel conflitto, considerando la crisi tedesca, a gennaio con Trump al timone degli Stati Uniti?
Direi piuttosto che Trump avvierà consistenti iniziative per porre fine al conflitto. Trump non solo ha mai condiviso la politica svolta in questi anni ma ha assunto precisi impegni in tal senso con l’elettorato interpretando anche quel sentimento molto diffuso nell’opinione pubblica di non voler più destinare risorse alle così dette “guerre inutili” e al ruolo di “gendarme del mondo”. A mio giudizio tuttavia c’è un ulteriore elemento: ricuperare una forma di rapporto più disteso con la Russia per alleggerire la progressiva coesione dei Paesi BRICS (maggioranza della popolazione mondiale, crescita del PIL, fine dell’egemonia del dollaro nelle transazioni commerciali, ecc.) che da alleanza economica tende a trasformarsi anche in una alleanza di collaborazione militare e Trump non può sottovalutare la prospettiva di una sfida sempre più impegnativa con la Cina senza prevenire ad uno scontro diretto .
Quali sono le “leve” positive cui potrebbe giovarsi Trump?
In primo luogo sulle forniture militari e su un sostanziale ridimensionamento della NATO, una alleanza difensiva nata, negli anni della Guerra Fredda, contro possibili azioni dell’Unione sovietica. L’implosione di quest’ultima piuttosto che determinare uno scioglimento dell’Alleanza ne ha determinato uno stravolgimento essendo utilizzata – con i progressivi allargamenti – in funzione anti russa. Tutto ciò ha risvegliato in Russia quella sindrome da accerchiamento che rappresenta una costante nella determinazione della politica russa declinata nelle sue varie forme. Di fatto la NATO da strumento “tecnico” ha finito per assumere caratteristiche politiche (si vedano gli interventi degli ultimi Segretari generali) forzando le decisioni dei Governi componenti. In altri termini in una fase di crisi economica i governi e le opinioni pubbliche europee dovranno trovare le risorse economiche per organizzare la propria politica di sicurezza con le conseguenze che possiamo facilmente immaginare
La telefonata di Scholz a Putin potrebbe portare a un domino, in senso europeo, capace di rompere l’embargo antirusso?
Lo strumento dell’embargo o delle sanzioni, storicamente, non ha mai funzionato e in genere ha impoverito chi lo ha decretato e meraviglia che i governanti e le classi dirigenti europee siano incappate in un errore simile (forse un po’ di studio della storia poteva aiutare …). Nel caso specifico l’iniziativa del leader tedesco nasce dalla profonda crisi economica che attanaglia il Paese – e la crescita elettorale dell’estrema destra lo dimostra ampiamente – e dalla necessità di ricuperare un minimo di consenso elettorale. Ad oggi, nonostante sia palese il vantaggio della Russia – che potrà essere ridimensionato in parte solo attraverso una complessa e pragmatica trattativa -, i governi europei rimangono tenacemente abbarbicati su decisioni che danneggiano solo i propri cittadini. Del resto l’Europa non è riuscita a formulare – aldilà delle dichiarazioni più o meno retoriche – linee di politica estera comune di fronte ai conflitti prevalendo ancora le scelte autonome degli interessi nazionali.
Zelensky parla di pace raggiungibile entro il 2025. Che ne pensa?
La dichiarazione del lader ucraino costituisce uno dei tanti paradossi della conduzione “politica” di un conflitto che si poteva facilmente evitare (accordi di Minsk del settembre 2014, Istanbul marzo 2022). La “guerra” risponde ai canoni tradizionali: truppe sul “terreno” con progressive occupazioni, utilizzazione di sistemo d’arma sofisticati, servizi segreti, propaganda; l’anomalia è proprio nella politica attuata dai sostenitori dell’Ucraina che hanno messo in campo risorse e armamenti limitandone tuttavia l’uso e dunque vanificando anche qualche possibile esito – in verità molto limitato – positivo per gli ucraini. In genere è sempre molto difficile prevedere la fine del conflitto in quanto la prima difficoltà è l’accordo rra le parti contendenti e, spesso chi è in vantaggio (o ritiene di esserlo) tende a prolungare per acquisire sempre maggiori vantaggi da far pesare poi sul tavolo delle trattative. Detto ciò è possibile che Zelensky, a fronte dell’ascesa di Trump, per non essere completamente esautorato voglia proporsi – dopo mille giorni da “condottiero” – come operatore per agevolare il nuovo corso.
Il coinvolgimento delle truppe nordcoreane nel conflitto quali risvolti avrà?
Intanto ha già avuto dei risvolti importanti consentendo ai russi una maggiore penetrazione/occupazione di vaste aree che sta proseguendo mentre si intensificano i bombardamenti che hanno messo in crisi l’erogazione dell’energia elettrica e i rifornimenti per i riscaldamenti (l’inverno è iniziato …). Politicamente certifica quanto detto sopra a proposito dei Paesi BRICS e dimostra quanto la Russia non sia isolata nel contesto internazionale, contrariamente a quanto da alcuni sperato e invocato, mentre ha raggiunto livelli record di PIL migliorando anche il proprio apparato produttivo industriale.
*Roberto Sciarrone, direttore responsabile di Verbum Press