Flavia Novelli, Amori diVersi
Le grandi storie d’amore tra poeti raccontate attraverso scambi epistolari, diari e poesie (Porto Seguro, Firenze, 2022)
Amori diVersi di Flavia Novelli (poetessa con varie opere alle spalle che ora scopriamo oculata saggista), volume assai interessante del quale parlerò a breve, mostra una grande competenza linguistica dell’autrice, un sapersi destreggiare in maniera mirabile e affascinante tra i meandri di tanta letteratura passata, di epoche diverse e una grande empatia col “narrato”. Cosa non meno importante è l’aver dedicato una cospicua quantità del suo tempo a un’operazione di attenta ricerca, di studio approfondito, di analisi critica e investigativa attorno alle vicende umane e letterarie dei tanti intellettuali (non sono, infatti, nella maggior parte dei casi “solo” poeti) dei quali ha deciso di occuparsi.
Il volume propone, secondo una progressione di diciannove capitoli, le testimonianze epistolari di relazioni amorose, più o meno felici, più o meno ricambiate o frustrate, alcune decennali altre di breve durata, che hanno, però, lasciato un segno distinto nei profili umani e letterari di uomini e donne che hanno solcato le pagine della più alta letteratura nostrana e internazionale.
Da numerosi anni è convinzione comune che tutta quella letteratura collaterale o para-letteratura rappresentata da diari, corrispondenze, testi marginali, riflessioni, glosse e appunti rappresenti un bagaglio inesauribile di scoperte, una ricchezza inestimabile e prolifica per meglio studiare l’individuo come entità umana, ben prima che come uomo o donna di cultura, meglio localizzarlo nel suo tempo, comprenderne attitudini, modi di pensare, forme di relazione con l’altro, agganci, letture fatte, sensibilità maturate, atteggiamenti presi dinanzi a determinate situazioni (rifiuti, abbandoni, decisioni imposte) rivelando tracce di un vissuto che sono importanti nel completare quei tasselli immancabilmente (quando non lacunosamente) vuoti sulla sua persona.
La critica ufficiale, accademica o no, ci consegna spesso profili austeri e, anche se arzigogolati e puntigliosi, attenti a dirci tutto del coinvolgimento letterario e degli impegni ufficiali di quella persona, tralasciano aspetti del vissuto, delle relazioni intime, di tutto quel mondo sì personale (e dunque da rispettare, da non violare e da non fare oggetto di voyeurismi di sorta o speculazioni becere) ma che può contribuire nettamente a raccontare quell’individuo secondo una proiezione a trecentosessanta gradi. Il lavoro di Flavia Novelli, che ci propone missive, estratti di lettere private, confidenze tra amanti (spesso adulteri o comunque in un antro ombroso che non consente la pubblica diffusione del legame) va proprio in questa traiettoria.
Molte delle corrispondenze tra gli amanti appassionati che troviamo in questo libro sono state date a conoscere in netto ritardo rispetto al reale rapporto in presa diretta proprio per tale ordine di motivi. Alcune sono state concesse dagli eredi, altre sono state ripescate da attenti investigatori all’interno di fondi e biblioteche e hanno riportato alla luce l’essenza primigenia di quelle parole. Se è vero che tanti brani di questo tipo sono venuti alla luce nel corso del tempo (in maniera più o meno travagliata) è anche vero che innegabilmente esiste un sommerso ampio, dalle dimensioni nemmeno immaginabili, di corrispondenze che ancora non sono venute alla luce (non sono state ritrovate, non sono state studiate o valorizzate o sono sottoposte a gioghi particolari e forti intenzioni censorie dettate da ragioni quanto mai diversificate) o che non lo saranno mai perché perse, distrutte da una delle due parti degli stessi amanti o da loro eredi perché ritenute disdicevoli, rovinatesi col tempo e l’incuria, improntate a un deterioro importante che ne pregiudicherà in forma definitiva la loro gravosa perdita.
Le lettere scambiate tra gli amanti testimoniano un amore che si alimenta e cresce con passione nei loro rispettivi cuori, ricordano momenti vissuti insieme ma vagheggiano anche la speranza di un ulteriore incontro e sono, dunque, elementi intermedi tra un prima vissuto e un dopo che si auspica da vivere, interstizi che, nell’attesa e nella lontananza, riempiono le giornate in questo sodalizio ardente tra scrittura e amore, tra letteratura e vita, tra voglia di raccontarsi ed esigenza di viversi.
La lettura delle lettere ci mette dinanzi a un mondo variegato che ci consente molteplici riflessioni e analisi tra cui quelle di matrice meramente tecnico-formale sul tipo di calligrafia, l’uso (parsimonioso o puntiglioso) della punteggiatura, l’utilizzo di formule di cortesia, di iterazioni, la presenza di riferimenti a date, numeri e quant’altro. L’analisi calligrafica (l’apertura di una “a” piuttosto che la sottolineatura di un termine, l’ondeggiamento dei caratteri verso una direzione, la grandezza dei vocaboli e quant’altro) può rivelare molto della personalità di un autore, della sua vita, ma anche del temperamento di quel dato momento in cui scrisse.
Il volume porta quale sottotitolo esplicativo “Le grandi storie d’amore tra poeti raccolte attraverso scambi epistolari, diari e poesie” e si apre con un contributo di Alessandro Quasimodo, figlio del celebre premio Nobel per la letteratura e la danzatrice Maria Cumani (della cui relazione epistolare e rapporto tormentato la Novelli parla nel corso del libro).
Si susseguono le storie d’amore che nascono e presto s’infiammano, in taluni casi sono velocemente travolte da una grande passione, in altre circostanze sono relazioni molto più caste e intellettualizzate, rette su un eloquio forbito ricco di riferimenti all’alta tradizione letteraria, come nel caso della nostra lingua. Relazioni concrete e vissute, altre quasi platoniche, rese difficili dalle convenzioni sociali e dai tabù dominanti ma anche dalla lontananza fisica, che si conservano nel tempo o nelle quali fa capolino il disagio psicologico che contribuisce a deteriorale in maniera irrecuperabile. Ogni vicenda umana ha un suo contorno che non può e non deve essere accomunato alle altre: cambiano le circostanze ambientali, i periodi, le sensibilità, le forme del dialogo, il modo di relazionarsi, l’empatia, il grado di coinvolgimento, l’autenticità dei sentimenti e, soprattutto, i comportamenti umani. È interessante leggere nelle lettere che la Novelli propone di varie coppie più o meno note al grande pubblico non solo il contenuto intrinseco delle lettere, ma il tono impiegato, i modi spesso arditi e metaforici di comunicare una passione amorosa che proprio nello scambio di lettere dall’alto contenuto lirico trovano concretezza.
Il genere epistolare rimonta a età a noi lontanissime anche se in alcuni periodi della storia (tra cui il Settecento e la prima metà dell’Ottocento) vide una grande utilizzazione e diffusione: si trattava di proporre un espediente narrativo che consentisse di legare – nella forma di missive scambiate – una progressione narrativa atta a costruire una storia, a darne il suo sviluppo, ben tenendone saldi i fili seppure lo scambio di prospettive (quella del mittente, una sorta di io narrante e quella del ricevente una sorta di io lirico, di trasposizione o filtro) forniva non di rado uno scarto nell’andatura nella successione delle epistole. Opere celebri afferenti a questo genere sono senz’altro I dolori del giovane Werther (1774) di Goethe e l’omologo italiano Ultime lettere di Jacopo Ortis (1802) di Ugo Foscolo, le Cartas Marruecas (1789) di José Cadalso e i grandi romanzi epistolari inglesi tra cui Pamela (1740) di Samuel Richardson, celebre fonte ispirativa della serie televisiva per la regia di Cinzia TH Torrin Elisa di Rivombrosa. C’è poi tutto l’ampio campionario delle lettere inviate ai propri cari (le giovani mogli, le fidanzate in procinto di sposare, ma anche le amorevoli madri) dei giovani combattenti nei vari conflitti, tra cui i noti poeti della Prima Guerra Mondiale: poesie che spesso si mescolano con il dettato aspro dei giorni in trincea.
Tra le coppie di cui la Novelli ci fornisce informazioni sul rapporto instauratosi, le collaborazioni letterarie, gli incontri segreti, la passione travolgente, le dediche amorose in varie liriche troviamo, per quanto attiene la letteratura nazionale, Dino Campana e Sibilla Aleramo1 (con cui si apre il volume), storia ampiamente segnata dal disagio psichico dell’uomo che nel gennaio del 1918 venne internato nel manicomio di San Salvi prima di essere trasportato a quello di Castelpulci dove morì nel 1932; di Italo Calvino ed Elsa de Giorgi in cui emerge una personalità alquanto inedita e sconosciuta di Calvino che nel rapportarsi alla sua “raggio di sole” (pseudonimo che lui stesso le diede nelle Fiabe italiane nel 1956), donna appartenente all’aristocrazia che ebbe una parte attiva anche nella Resistenza romana, ci appare come un uomo che non ci sembra di riconoscere; Cesare Pavese e Bianca Garufi2a costituire quella “bellissima coppia discorde” con parole dello stesso Pavese nella quale fuoriesce distintamente l’animo depresso e misogino del poeta delle Lande, in continuo conflitto con se stesso arroccato in una superbia dolente, vulnerabile nella sua forza comunicativa ai limiti del rispetto verso la donna; Giosuè Carducci e Annie Vivanti legati da un rapporto di penna durato ben diciassette anni inaugurato con una venerazione della donna verso il Vate sfociata poi nell’accreditamento poetico presso di lui e la pubblicazione di un volume (Lirica nel 1890 edito da Treves) con la sua pregevole prefazione; Eugenio Montale e Maria Luisa Spaziani; Giuseppe Ungaretti e Bruna Bianco, contraddistinta dalla significativa distanza generazionale (settantotto anni lui, ventisei lei) contenuta in circa quattrocento lettere scritte nel periodo 1966-1969 (attualmente pubblicate solo quelle spedite dal poeta dell’esistenzialismo alla Bianco, ancora vivente); l’affasciante carteggio tra Alda Merini e Michele Pierri, quest’ultimo, fu prima volontario nella Prima Guerra Mondiale e poi, ultraottantenne, la contattò grazie all’intermediazione del critico Giacinto Spagnoletti. L’attenzione quasi paterna di Pierri (che aveva trentatré anni più di lei) fece sì che, dopo un primo lungo abbandono della Merini alla poesia a causa di varie vicissitudini e dell’esperienza del dolore psichico, ella poté ritornare nel suo ruolo di poetessa con la pubblicazione nel 1984 di una delle sue opere più fortunate La Terra Santa per le edizioni Scheiwiller. Continuando nell’analisi dei carteggi di autori della nostra letteratura incontriamo quello tra Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti, quest’ultima totalmente dimenticata dalla storiografia e dalla critica letteraria a causa delle sue sospette simpatie col regime fascista che ne firmò il suo veloce oblio. La relazione tra i due è sicuramente una tra le più singolari raccontate nel volume. Il desiderio occulto di Gozzano verso Amalia percepita quasi come una sorta di “tentazione”: lei lo cerca, gli dà appuntamento, lo attende, lui non si fa trovare, non si presenta, è continuamente evasivo, contraddittorio, apparentemente disinteressato, scisso e sprofondato in una sorta di narcisismo patologico. Morirà giovanissimo, all’età di trentadue anni, avendo realmente amato nella sua vita forse solo una donna: sua madre. L’ultimo capitolo della “narrazione per frammenti” della Novelli è dedicata a quel che fu il mai facile rapporto tra Salvatore Quasimodo e Maria Cumani per il quale il figlio Alessandro ha fornito informazioni senz’altro molto importanti e puntuali a testimonianza del difficile rapporto che, negli ultimi periodi, s’instaurò tra i suoi genitori non mancando di ricordare del grande affronto subito da Cumani e da lui stesso, allora giovane, di non venire invitati da Salvatore Quasimodo alla cerimonia di assegnazione del Premio Nobel a Stoccolma.
Dei rapporti amorosi e scambi poetici tra gli intellettuali della scena internazionale la curatrice del volume mostra la particolare predilezione per le coppie di nazionalità francese e russa, tra le altre. Incontriamo le narrazioni degli “scambi diVersi” tra gli amanti (questa volta in una dimensione omoerotica che – va detto – soprattutto per tutto l’Ottocento e parte del Novecento fu particolarmente presente e comune tra artisti3) Paul Verlaine e Arthur Rimbaud: “Noi due viviamo un amore tigresco” ebbe a dire Verlaine, una relazione completamente bohémien fatta di vagabondaggi, eccessi, recalcitranti vizi e anticonformismo. Troviamo poi il legame Paul Celan e Ingeborg Bachmann (“ci diciamo l’oscuro” le scrisse Celan), legati da una fine tragica (il suicidio lui, la crudele fatalità di un rogo lei). Il capitolo quattordici è dedicato alla relazione tra Paul Valery e Catherine Pozzi, quest’ultima in precedenza si era sposata con il drammaturgo e giornalista Edouard Borduet mentre Valery era legato a Jean Gobilland dalla quale aveva avuto tre figli. Flavia Novelli approfondisce anche la relazione tra George Sand e Alfred de Musset che trovò forma anche in una delle sue più celebri opere, Le confession d’un enfant du siècle, edito nel 1836. Tra i vari letterati di cui la Novelli si occupa probabilmente è proprio la Sand che nel corso della sua vita scrisse il maggior numero di missive (addirittura 40.000 di cui se ne conserva un totale di 15.000) tra cui molte indirizzate a personaggi di dominio pubblico: Chopin, Bakunin, Marx e Victor Hugo, tra gli altri.
Non potendo dilungarci in questa disanima, che ha come scopo principale quello di presentare, per brevi accenni, i tanti contenuti del volume, aggiungiamo che ulteriori capitoli sono dedicati a presentare le vicende personali e le corrispondenze di Marina Cvetaeva, Boris Pasternak e Rainer Maria Rilke; degli americani Ted Hughes e Sylvia Plath, ineguagliabile autrice de La campana di vetro, potente prosa autobiografica e ancora quelle tra il capostipite della cosiddetta “poesia confessionale” Robert Lowell ed Elizabeth Bishop (tradotta nella nostra lingua da Margherita Guidacci) nel solco della tradizione esistenziale statunitense (Eliot, Frost, Pound), entrambi critici osservatori della stagione beat4; Ezra Pound e Hilda Doolittle, padre e madre fondatori dell’imagismo; in Inghilterra i preraffaeliti Robert Browning ed Elizabeth Barrett5 le cui lettere sembrano dotate di una levità aulica d’impostazione filosofica e dal gusto profondamente intellettualizzato; in Russia Vladimir Majakovsij e Lili Brik.
Il campionario di relazioni epistolari della Novelli, pur essendo assai ampio, non è chiaramente onnicomprensivo delle relazioni amorose vissute su carta tra poeti e scrittori nel corso del tempo e chiaramente non potrebbe esserlo per una miriade di motivi. Tante sono, infatti, le raccolte di memorie e di corrispondenza che nel tempo sono state portate alla luce, tradotte e curate anche in relazione ad altri intellettuali di indubbia caratura: penso alla folta corrispondenza di Federico García Lorca con vari amanti, ad alcuni dei quali dedicò gli ardenti Sonetos del amor oscuro, ma anche al rapporto epistolare di Antonia Pozzi con il maestro Antonio Maria Cervi, quello segretissimo tra Antonio Machado e la sua “Guiomar”, Pilar de Valderrama, la relazione tra Pedro Salinas e Katherine Whitmore, fonte ispiratrice della trilogia amorosa inaugurata con La voz a te debida (1934), finanche Anna Achmatova – poetessa raffinatissima – e l’artista Amedeo Modigliani, esponente della vita bohémien della capitale parigina.
Virginia Woolf, che come Emily Dickinson fu una grande amante delle lettere e tenne una fitta corrispondenza con amici e colleghi nel corso della sua vita (entrambe non sono menzionate nel volume della Novelli) ci fornisce un ulteriore chiaro esempio di simbiotico attaccamento tra scrittura e vita, tra amore per le lettere e passione umana. Nella sua lettera di congedo dal mondo, ordinatamente lasciata per l’amorevole marito Leonard (un’altra ne lasciò indirizzata alla sorella Vanessa Bell) prima di annegarsi nel fiume Ouse, pur impossessata da una potente crisi nervosa (come tante altre ne aveva vissute e, in parte, attraversate) lasciò scritte queste righe: “Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai, lo so. Vedi, non riesco neanche a scrivere come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi, saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi”. Una lettera di triste congedo, di una lucidità disarmante dinanzi al disturbo psichico ormai non più governabile ma, a sua volta, il testamento di un amore come pochi, che non finisce con la morte e si eternizza con la parola e il ricordo.
*Lorenzo Spurio, critico letterario e poeta