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Feste e sapori “nell’incanto” dello Stretto di Messina

Per gli studiosi di storia e tradizioni siciliane legate al cibo risulta di grande interesse il recente volume Feste e sapori nell’incanto di Morgana. Carnevale, Pasqua, Mezzagosto e Natale a Messina, di cui è autore lo studioso messinese Antonino Sarica, giornalista culturale (firma della “Gazzetta del Sud” da oltre 40 anni) e autore di diversi libri sulla storia gastronomica in “riva allo Stretto” Ricordiamo il ricettario di 73 ricette originali, ristampato di recente dalla Società Messinese di Storia Patria, e un testo sulla “cultura del pescestocco” a Messina (Edas), presentato alla trasmissione “Radio di bordo” di Radiouno.  

Il volume fa parte della collana curata dalla Delegazione di Messina dell’Accademia Italiana della Cucina, di cui è presidente il prof. Francesco Trimarchi, che cura la presentazione dal titolo emblematico di “Il futuro del passato”, in cui in evidenza l’importanza di valorizzare la “cultura specifica dello stare insieme”, del convivio, che caratterizza la cultura alimentare “fra Scilla e Cariddi”. La descrizione di Sarica – osserva Trimarchi- permette di rivivere lo scenario quotidiano nelle feste, la preparazione di innumerevoli pietanze messinesi, “alcune conservate, altre dimenticate, altre ancora tradite, altre mitizzate e come tali divenute intangibili”. Di grande interesse il saggio del giornalista Attilio Borda Bossana, che presenta illustrazioni, documenti, citazioni rare e preziose, excursus storici: un affresco significativo sul legame tra festa e cibo nella Messina tra Otto e Novecento, quando i riti festivi erano condizionati anche da forti influenze politiche. 

Nella sua illuminante  Prefazione, Milena Romeo,  collaboratrice della “Gazzetta del Sud” e operatrice culturale attenta all’identità culturale siciliana (la rassegna “100Sicilie e l’Associazione culturale  “Antonello da Messina”) osserva come “i ricordi personali non sono memoria intransitiva, ma patrimonio di tutti, trasmissione aperta di valori, saperi che persistono  diventano cultura condivisa, partecipata, che si stratifica nei giacimenti delle generazioni combattendo il consumo veloce e forsennato”. E aggiunge: “Tutto serve a dare corpo e slancio alla nostra identità, a dare fisionomie tangibili e dettagliate ad un volto difficilmente ricostruibile senza la conoscenza di tante pagine dimenticate. Cultura invisibile, spesso, sopita ma resistente ai marosi del tempo. Il cibo innesca immaginari, carrellate di ricordi mentali e sensoriali attorno a cucine domestiche, trattorie, bancarelle, bar, negozi, ritrovi.Le pietanze hanno una fragranza, un aroma che continua a diffondersi, ogni volta che si ripete il rito e frigge una melanzana, sobbolle un sugo, sfrigola una frittella, rosola un arrosto, secondo una ricetta antica che è scienza perfetta, equilibrio collaudato”. Nel suo vivido scritto, Sarica riporta, con un gustoso stile personale, lirico, familiare, alcuni “piatti rituali” delle tipiche feste messinesi, lo stufato carnevalesco, le “cuddure cu l’uva” pasquali, la pasta alla “milanese” natalizia e soprattutto la mitica pasta ncaciata, quella che scandiva fino a qualche decennio fa il Mezzagosto di Messina, la festa della Vara, la straordinaria processione della Madonna Assunta.Un piatto principesco, un autentico timballo che veniva cucinato alla brace “fuoco sopra e sotto”, tra ragù, cacio, basilico, e soprattutto lo “jadduzzu”, il galletto che veniva “coltivato” nei cortili dei quartieri cittadini.segno di una civiltà contadina andata via via sparendo, insieme ai suoi sapori. 

*Sergio Di Giacomo, giornalista