VerbumPress

Fantascienza

“Per giungere là dove nessuno è mai giunto prima.” Una frase famosa per chiunque abbia una minima conoscenza della fantascienza. Una frase che, tuttavia, non è “nostra”. È una fantascienza di importazione, americana per la precisione. La fantascienza autoctona è tutto sommato limitata, un percorso nato intorno al 1900, ma che ha visto una sorta di “allineamento” con la fantascienza in salsa anglo-americana, a partire dal dopo guerra. Da allora potremmo dire che la fantascienza europea si è grosso modo allineata, come toni, approcci, stili narrativi, a quella anglo americana. Ovviamente non si nega che serie televisive come Star trek, in seguito Battlestar galattica, oppure la italo inglese Luna abbiano plasmato una visione pane occidentale comune. Parlare di fantascienza potrebbe sembrare una discussione frivola. Eppure questa branca della letteratura di finzione (Fiction in inglese) è forse una delle più interessanti forme di arte letteraria e, in seguito, cinematografica e videoludica. Tra le prime generazioni di scrittori di fantascienza occidentali ci sono stati alcuni tra i più rilevanti scien-ziati della loro epoca come Sagan o Clarke. Persino Wiston Churchill, tra una guerra e l’altra, trovò il tempo di scrivere romanzi di ucronia (ipotizzando differenti evoluzioni di linee temporali) raccolti sotto il nome di If It Had Happened Otherwise. La fantascienza, se consideriamo quella sociale, in seguito evoluta nel concetto di Hard Sci fiction (fantascienza Hard, dura) è un percorso di analisi che cerca di mappare future evoluzioni di uno scenario presente. Consideriamo, per esempio, le opere di Frank Herbert: un prolifico scrittore americano a cui si deve la esalogia di Dune. Senza fare spoiler eccessivi una esalogia di libri dove , negli anni 60, si discutono le strette relazioni di una popolazione che vive in un’ambiente desertico estremo; un territorio tuttavia ricco di materie prime richieste da ogni altra nazione (paragonabile al petrolio negli anni 60), il tutto condito da una forte gerarchia, un tessuto sociale e politico con grandi forze sociali (come la selezione genetica e la religione). Un’opera che oggi, pur a distanza di decenni, si legge e si trova estremamente innovativa. Un suo coetaneo, Asimov, più orientato alla scienza e alla psicologia sociale, inventerà il concetto di psico-storia (potremmo dire una sorta di evoluzione della “Psicologia delle folle” di Le bon, sociologo francese). La teoria della psico-storia anticipa di molto, numerosi studi sociologici e politici dei successivi decenni, ipotizzando comportamenti di massa, legati a comportamenti affini alla teoria del Chaos etc..

Oggi la fantascienza ha un nuovo percorso grazie all’industria dell’intrattenimento videoludico (video giochi). Anche in questo caso negli ultimi 30 anni la tecnologia ha permesso di supportare la fantascienza; trasformare la creatività degli scrittori in un formato visuale richiede tempo, risorse tecnologiche e, in ultima analisi soldi. Ma la fantascienza è solo un fenomeno occidentale? Assolutamente no. Per quanto essa richieda una conoscenza minima di elementi scientifici (non parliamo di essere tutti scienziati esperti di stringhe e quanti) il fenomeno è presente nei maggiori cluster culturali. In Russia si ricordano grandi scrittori da cui, di recente, sono stati tratti video giochi come Metro 2033, lo stesso dicasi per la Cina che con 三体 (il problema dei tre corpi in italiano), ha penetrato il mondo occidentale aprendo a nuove interpretazioni del futuro con una matrice culturale di partenza tutta asiatica (per certi versi a noi ignota). Ma cosa porta veramente la fantascienza e soprattutto in cosa può essere utile? Sicuramente svago, ma questo è solo l’inizio. Un antico filosofo diceva che giocando si impara. Questo si applica anche alla fantascienza? In ambito ludico sicuramente. Se consideriamo che, tanto per fare un esempio molto operativo, grazie allo sviluppo di video giochi bellici, in prima persona, ambientati in scenari ucronici (di fantasia) l’esercito americano è riuscito a creare un video gioco e un filone culturale (il militainment, crasi da Military-entertainment) che ha permesso di aumentare in maniera massiva le iscrizioni dei giovani alla carriera militare. In tempi recenti alcuni giochi hanno esplorato scenari operativi quali la costruzione di colonie su altri pianeti o la gestione di interi imperi. E prima che si pensi che la cosa possa essere “leggera” si ricordi che lo stesso Varufakis, ex ministro dell’economia greca in uno dei momenti più bui della storia recente greca, in precedenza era stato economista di EVE, uno delle simulazioni spaziali economico militari più longeve della storia.

La fantascienza, tuttavia, non è solo azione. Molto spesso è speculazione pura, che permette di esplorare ipotetici scenari sociali. Dal citato Churchill al più recente Herbert, hanno esplorato scenari di ucronia che non si sono avverate per un soffio. Ma più interessanti sono le analisi alternative. Si discute spesso che l’Africa sia una potenza continentale mancata. In un recente serie, Noughts & Crosses, l’Africa è un potente continente unificato che ha conquistato l’Europa, parte dell’America ed è una super potenza. Nel governare una Londra africana esistono forti tensione dove i conquistati, i bianchi, divengono sempre più insofferenti alla prepotenza dei neri. Uno scenario che, invertito, non suona cosi alieno. Gli aspetti affascinanti della fantascienza sono spesso le analisi sociali che essa permette di fare. È come se si stesse studiando un nuovo batterio su una piastra di petri, oppure in un ambiente controllato. Per quanto si parli di analisi che, all’apparenza, possono apparire di finzione, è bene ricordare che molti dei temi della fantascienza degli anni 70-80-90 sono poi divenuti non solo realtà, ma scenari molto operativi. Dalle analisi della rete di William Gibson, e come essa avrebbe cambiato la società (primo scrittore a parlarne negli anni 80), alla lotta per le risorse minerarie lunari di Mcdonald o Weir (uno scenario che stranamente suona familiare con la rinnovata passione per la space economy). Senza dimenticare le innumerevoli analisi su scenari di pandemia e ricadute sulla società che, purtroppo grazie al Covid, stiamo sperimentando in questi giorni. Per non dimenticare il valore della propaganda che, ogni grande macro blocco, può dispiegare anche nell fantascienza. Dagli esoscheletri di Edge of Tomoroow indossati da Tom Cruise ai muli da guerra cibernetici di Spectral. Senza trascurare le armi automatizzate come Chappy (o i famosi droni killer, che con terminator han fatto scuola) oppure i più eleganti insetti cibernetici per ricognizione di Good Kills.

La fantascienza, esplora anche scenari evolutivi di un futuro prossimo. Years & Years, una mini serie di sei episodi, che mappa la vita di una famiglia inglese nei successivi 20 anni ( partendo dal 2020) e che, con non pochi somiglianze allo scenario del 2020 che abbiamo appena passato (la serie è stata filmata nel 2019) percorre l’evoluzione sociale del Regno Unito sconvolto da cambiamenti climatici, tecnologici e finanziari.

Per quanto spesso si possa pensare che la fantascienza sia un figlio di un dio minore, oppure un mix di spade laser e teletrasporto, il nocciolo duro di questo segmento narrativo è un elemento fondante della nostra società moderna. Considerate solo, come ultima riflessione, che tra i migliori consiglieri di Ceo di multinazionali e politici (non in Italia) vi sono futurologi che, spesso se non sempre, sono anche validi scrittori di fantascienza.

*Enrico Verga, strategist e senior analyst per medie e grandi aziende e governi