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Di ogni mio corpo, raccolta di poesie di Olivia Balzar. Ritratto perfetto della sua autrice

Nella mia opera corpo e mente si fondono, diventano pensiero

“Di ogni mio corpo”, raccolta di poesie di Olivia Balzar, è il ritratto perfetto della sua autrice. Leggendo le parole di Balzar vi sembrerà di essere in un tempio pagano al di là dei limiti del tempo e dello spazio, un luogo in cui tutti gli elementi opposti sulla terra si uniscono in un crocevia di rituali magici. La notte si confonde con il giorno, il fuoco con l›acqua e l›uomo con la donna, non ci sono confini ma solo luci ed ombre. Ora immaginate di trovare in questo tempio una vecchia radio abbandonata, ricoperta di polvere e foglie, da cui provenga la voce suadente Lou Reed, perfetta colonna sonora a incorniciare la raccolta di Balzar. Oltre ad essere una sublime scrittrice poetica Olivia è anche speaker radiofonica, attrice e regista teatrale. I suoi racconti si trovano in varie antologie e siti web di settore. ll suo racconto Le cose buone fanno male ha ispirato l’omonimo spettacolo teatrale che la vede protagonista per la regia di Mariaelena Masetti Zannini. Appassionata di cinema horror, esoterismo e musica rock, organizza eventi, concerti e salotti letterari a Roma, città che la ospita da ormai dieci anni. Insomma, una personalità poliedrica che nella nostra intervista ha raccontato la sua opera con estrema lucidità, sviscerando i segreti più profondi e celati. 

Le tue poesie hanno tutte un file rouge che le unisce, un senso profondo di mistico. Qual è stato il tuo primo rapporto con il mondo dell’esoterismo e perché esso è tanto importante per te? Non ricordo esattamente il primo rapporto con l’esoterismo, ma mi sono sempre fatta molte domande e il piano del reale non mi è mai bastato. L’interesse e lo studio per questi argomenti mi ha sempre aiutata ad aprire le porte che conducono ad una maggiore consapevolezza e conoscenza. Penso che per vivere si debba andare a fondo, camminare a ritroso, ritornare al grembo di Madre Terra. Lo stesso vale per la scrittura. Connettersi con l’universo e le sue energie, andare oltre il velo, danzare con le ombre. Solo così ci si avvicina a capire il senso della vita. 

Quali sono i rimandi musicali che ti hanno ispirata principalmente per questa raccolta di poesie? E quelli letterari invece? Leggendo le mie poesie si possono facilmente scorgere citazioni musicali più o meno esplicite, da Lou Reed ai Ramones, dai Creedence Clearwater Revival ai Doors. C’è tanto dell’influenza di Jim Morrison in questo libro perché in contemporanea stavo approfondendo i suoi scritti per realizzare lo spettacolo “Io sono il Re Lucertola” scritto con Tony Chinaski e dedicato al frontman dei Doors. Dal punto di vista letterario invece, sono stata influenzata molto da Anais Nin, da Jack Kerouac, dalle mie letture esoteriche e dallo scambio con altri autori contemporanei, prima fra tutti Ilaria Palomba che ha anche scritto la prefazione. 

Se dovessi scegliere una poesia cardine tra quella della tua raccolta quale sceglieresti e perché? È una domanda difficilissima, ma quando mi viene posta finisco sempre a scegliere questa, perché parla dell’antica sapienza degli sciamani, ma tra le righe si può scorgere anche un omaggio ai Doors, un invito a sentirsi parte dell’universo e danzare alla luce della luna. Credo che fotografi perfettamente il mio modo di spingermi oltre, di cercare l’infinito, sempre a ritmo di rock.

Nel deserto ci sono uomini

che posseggono la conoscenza dell’infinito. Noi danziamo nel fuoco al limitare del tempo. Non c’è più giorno e notte,

ma una dimensione altra

tutt’uno col cosmo.

Il crepitare del fuoco

le mie mani tra i tuoi capelli

e il respiro del mondo

che si intreccia col nostro.

Danziamo con gli spiriti alla luce della luna. Essi viaggiano nel vento

oltre le porte, altri mondi.

Varchiamo la soglia dell’ignoto.

Attraversami. 

Ci puoi spiegare in breve il titolo “Di ogni mio corpo”? Quanto è esplicitato il tema corporale nella tua opera e come? Nella mia opera corpo e mente si fondono, diventano pensiero. “Di ogni mio corpo” doveva essere il titolo di una raccolta che io e Ilaria Palomba circa dieci anni fa, avevamo intenzione di scrivere a quattro mani. Poi quel progetto si dissolse, prese altre forme e quel titolo finì in un cassetto. L’anno scorso Ilaria Palomba, leggendo in anteprima i versi che stavo componendo in quel periodo, mi ha spinta a tornare a pubblicare poesia, colpita dalla mia voce che per certi versi sembrava dialogare con la sua poetica. La scelta del titolo quindi, non poteva che essere questo. 

La raccolta si apre con una citazione da Anais Nin. Come mai la scelta di questo passo? Cosa significa per te e perché hai scelto proprio lei? Anais Nin ha una poetica e un sentire che mi scivola sotto la pelle, lo sento particolarmente vicino e mi scuote. La lettura del suo libro “La casa dell’incesto” per me è stato illuminante. È il libro che tengo sul comodino, quello da leggere e rileggere, che mi fa venire voglia di scrivere. 

Quella frase in particolare mi riporta la mente al mito delle sirene, creature alle quali mi sento molto legata e all’idea costante dell’auto sabotaggio. Spesso ci imponiamo dei limiti che soffocano le nostre aspirazioni, siamo prigionieri di gabbie che creiamo con le nostre mani. L’obiettivo che mi pongo per il futuro è di pensare sempre di più out of the box, per abbattere questi muri ed essere davvero libera. 

L’ultimo parte della raccolta è “Il bicchiere della staffa”, metafora dell’ultimo bicchiere prima di salutare le tenebre e tornare alla luce del giorno. Le conclusioni che sensazioni ti lasciano, così nella letteratura come nella vita? Esistono o sono solo temporanee? Mi piacciono i finali aperti, nei libri come nella vita. Da sempre vedo la fine come un nuovo inizio, come la carta numero 13 dei tarocchi, la Morte, metafora del cambiamento e della rinascita.  In particolare il significato di quel capitolo è proprio quello di chiudere gli occhi e immaginarsi al bancone di un bar ad ordinare l’ultimo drink, ascoltando le storie degli altri avventori, raccontando le proprie, riflettendo sulla vita, cercando quello spiraglio di luce che aiuta ad affrontare una nuova alba. 

*Arianna Di Biase, giornalista