Dare valore all’acqua: l’oro del XXI secolo
Giornata Mondiale dell’Acqua: l’Onu lancia l’allarme contro i crescenti interessi da parte del settore finanziario di voler considerare l’acqua come un qualsiasi bene sul mercato
Lo scorso 22 marzo si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita nel 1992.
Il tema della celebrazione di quest’anno era “dare valore all’acqua”, considerata l’oro blu del XXI secolo così come il petrolio fu ritenuto l’oro nero del XX. E l’Onu lancia l’allarme contro i crescenti interessi da parte del settore finanziario di voler considerare l’acqua come un qualsiasi bene sul mercato. Ma l’acqua è un diritto, non una merce. Lasciare al mercato e al capitale privato la gestione dell’accesso a un “bisogno vitale” significa per i poteri pubblici abdicare al loro ruolo di promotori e garanti dei diritti umanitari. Implica dare il via libera alle “guerre di conquista dell’acqua dolce nel mondo”. In Medio Oriente, in tutta l’Africa, in Asia, in India, in America Latina e perfino negli Stati Uniti sono in corso attualmente oltre 50 conflitti fra stati proprio per cause legate all’acqua. Il più emblematico di questi è quello tra Israeliani e Palestinesi.
C’è un’enorme quantità di acqua nel mondo, ma solo il 2,5% di essa è dolce, e circa i due terzi sono sotto forma di ghiacciai o nevi perenni.
La drammaticità della situazione in alcuni dati: 1 persona su tre, cioè ben 300 milioni di persone nel mondo, vive senza acqua potabile; più di 2 miliardi non dispongono di servizi di base per il lavaggio delle mani con acqua e sapone; 829.000 persone, di cui 320.000 sono bambini, ogni anno muoiono di dissenteria; nel 2025 ci saranno 4 miliardi di persone assetate; entro il 2040, ci si aspetta un aumento della domanda di acqua di ben il 50%; entro il 2050, oltre 5 miliardi di persone potrebbero vivere in aree dove l’acqua scarseggia per almeno un mese all’anno. Dati che fanno comprendere come, questa mancanza di acqua, rischi di amplificare ancora di più il fenomeno migratorio. Infatti, migrazione e scarsità d’acqua sono due fenomeni strettamente connessi tra loro, che devono far riflettere e spingere verso l’individuazione di soluzioni concrete, così come sottolineato dal Working Paper 27 “Water, migration and how they are interlinked”, pubblicato dallo Stockholm International Water Institute (SIWI).
Secondo la FAO, per garantire una discreta qualità della vita, occorrono 100 litri di acqua al giorno pro-capite, ma il consumo medio va dai 700 litri degli USA ai 5 litri del Madagascar e dei villaggi africani. Il 12% della popolazione globale consuma l’85% dell’acqua di tutto il pianeta; nei paesi industrializzati, Stati Uniti e gran parte dell’Europa, il consumo è maggiore.
Viaggiando, ho personalmente constatato il dramma dell’approvvigianamento idrico. Nella maggior parte dei paesi africani, le donne percorrono diversi chilometri sotto il sole, con pesantissime taniche riempite presso piccoli fiumi, dalle acque limacciose e fangose, spesso lontano dal loro villaggio. In India, donne e bambini riempiono secchi presso le poche fontane a pompa. I panni e le stoviglie, quando si può, si lavano nelle pozze d’acqua.
E il pensiero corre ai miliardi spesi per la ricerca di acqua su Marte…
Ma quali sono le cause della scarsità dell’acqua? 1) Sprechi e cattivi impieghi. Anche in paesi che soffrono la sete, grandi quantità di acqua sono destinate a settori produttivi ad alto consumo idrico, come l’agricoltura intensiva. Dell’acqua usata in agricoltura, circa il 40% si perde. Mentre nelle reti di distribuzione dell’acqua trattata, se ne perde il 50%; 2) Inquinamento da sostanze organiche (scarichi urbani, di allevamenti, di industrie alimentari), da prodotti chimici in agricoltura, da reflui industriali; 3) riscaldamento globale, cioè aumento della temperatura terrestre causato dall’incremento nell’atmosfera dell’anidride carbonica, il gas a effetto serra. Il riscaldamento terrestre provoca un incremento dell’evaporazione degli oceani e dell’acqua sulla terraferma, accelerando il ciclo dell’acqua. Inoltre, l’acqua piovana caduta su suoli cementificati e aridi, che non la trattengono, torna più velocemente in mare. Per ogni incremento di 1°C della temperatura terrestre, un ulteriore 7% della popolazione mondiale vedrà ridursi del 20% la propria disponibilità di risorse idriche. Diventano, quindi, fondamentali le foreste e le zone umide (paludi, acquitrini, ecc.), che assorbono il gas serra. In uno scenario di riscaldamento terrestre globale dell’aumento di 2°C, il numero di persone interessate dalla scarsità d’acqua anche in Europa potrebbe passare dagli attuali 85 milioni a 295 milioni, principalmente nei paesi del Mediterraneo, in particolare Spagna, Grecia, Cipro, Italia e Turchia. Il problema, quindi, ci riguarda da vicino.
Un’altra causa di consumo di grandi quantità di acqua è la produzione di carne bovina. In Italia, per produrre 1 kg di carne occorrono circa 11.500 litri ma di questi solo il 13% (1.495 l) viene effettivamente “usato” per abbeverare i bovini. Il restante 87% è acqua impiegata nella coltivazione di fieno e cereali per la loro alimentazione.
E’ importante, quindi, che maturi una cultura civica sul tema della risorsa idrica come ricchezza comune e diritto universale di tutti, la quale comporti un radicale cambiamento di mentalità che coinvolga il mutamento delle abitudini alimentari e la riduzione dei consumi nello svolgimento di tutte le faccende della nostra vita quotidiana.
*Ester Cecere, biologa marina