Centenario dei Planetari: una cupola sotto le stelle a Roma e nel mondo
«Formidabili macchine didattiche, oggi i planetari – proclama l’associazione onomima PLANit – sono teatri della scienza, templi della cultura e luoghi di intrattenimento in cui si intrecciano molteplici linguaggi».
Dal 2023 sono iniziate le celebrazioni in tutto il Pianeta per il Centenario dell’invenzione del planetario, lo strumento che ha portato il cielo sulla Terra. Lo scopo dell’International Planetarium Society è esaltare una storia ricca di innovazioni, che si spalanca sulla meraviglia del cosmo e s’intreccia con le vicende di scienziati, ingegneri, appassionati di tutte le età; una storia che riguarda oltre 4000 planetari presenti in tutti i continenti: fra questi c’è il Planetario di Roma, che nella sede storica dell’Aula Ottagona alle Terme di Diocleziano è addirittura il primo installato fuori dalla Germania, ed è dunque uno dei più antichi del mondo.
Per celebrare adeguatamente questa ricorrenza, il Planetario di Roma ha organizzato una serie di appuntamenti che si estendono fino al 2025, quando le celebrazioni internazionali per il Centenario dei planetari si concluderanno il 7 maggio (Giornata Internazionale dei Planetari, nata in Italia nel 1991 e poi “esportata” in tutto il mondo), a cento anni dall’inaugurazione del primo planetario a Monaco di Baviera.
L’invenzione del primo proiettore planetario moderno avviene, sempre in Germania, il 21 ottobre 1923: sul tetto della fabbrica della Zeiss, a Jena, viene allestita una cupola per offrire la prima dimostrazione pubblica del nuovo strumento, il proiettore Zeiss Mark I. Dal 1923 i planetari si sono evoluti: sono una porta per lo spazio; informano e rivelano i segreti dell’universo. Da allora ad oggi, infatti, la rappresentazione del cielo stellato e dell’universo è molto cambiata nei planetari di tutto il Pianeta, passando dai proiettori ottici a quelli digitali. L’intero universo può ora essere rappresentato in modo realistico, permettendo a tutti di sperimentare mondi lontani e le meraviglie del cosmo come se avessero la propria astronave.
Con una cupola di 14 metri e 98 posti a sedere, il Planetario di Roma è uno dei più grandi d’Italia. Inaugurato il 28 ottobre 1928, ha un’illustre e quasi centenaria storia da ricordare. Dopo la prima guerra mondiale la Germania offre all’Italia, in conto riparazione dei danni subiti, un planetario Zeiss, uno strumento allora di nuovissima concezione. Grazie all’installazione di quel proiettore sotto la cupola dell’Aula Ottagona, nel 1928 viene inaugurato il Planetario di Roma, il primo realizzato al di fuori del territorio tedesco. La sofisticata tecnologia di cui è dotato (un proiettore Zeiss II) è avanzatissima per l’epoca e ne fa un Planetario all’avanguardia in tutta l’Europa.
Esso viene chiuso negli anni ’80 del secolo scorso e, dopo una pausa di oltre venti anni, viene trasferito il 26 maggio 2004, esattamente vent’anni fa, in una grande sala all’interno del Museo della Civiltà Romana all’EUR, con l’allestimento nella stessa sede anche di un Museo Astronomico, una struttura annessa al Planetario che, al di fuori dei consueti criteri espositivi, ne completa l’offerta culturale, facendone un unicum in ambito internazionale inserito, per diverso tempo, nella top ten dei musei scientifici italiani più visitati, secondo il dossier del Touring Club Italiano.
La sua rinascita ha risonanza internazionale, riconosciuta anche dalla prestigiosa dedica dell’asteroide (66458) Romaplanetario, da parte dell’Unione Astronomica Internazionale: il Planetario di Roma è il primo al mondo con il nome ufficialmente attribuito a un asteroide.
All’astronomo e curatore scientifico del Planetario e Museo Astronomico di Roma Stefano Giovanardi è dedicato invece l’asteroide 66250. Co-scopritore dell’asteroide 1994QC, il primo pianetino Near Earth scoperto in Italia, dal 7 dicembre è in libreria con il suo libro “Passeggiate astronomiche”, portandoci a visitare metaforicamente il planetario, in un viaggio tra mitologia e psicologia, tra poesia e storia.
L’editore Enrico Flacowski ci tiene a dire che questo volume «è uno dei primissimi del marchio editoriale Trèfoglie a cui abbiamo lavorato, ma ha avuto una gestazione lunghissima. Non abbiamo mai mollato e siamo stati di supporto all’autore fino alla fine per non permettergli di gettare la spugna. Il progetto era troppo bello per lasciar perdere. Quando gli ho proposto di scrivere, gli ho detto: “Stefano, ho letto un tuo articolo e hai un modo di fare storytelling spettacolare, potresti insegnare a scrivere e pensare a molti copywriter sedicenti professori di storytelling. Mi piacerebbe pubblicare un libro su La saggezza delle stelle. Che ne pensi?”. E questo è il risultato…».
Stefano Giovanardi invita i lettori a riscoprire il cosmo, a esplorare il cielo come specchio di un mondo da custodire e proteggere: “Il planetario come specchio dell’umanità” è, infatti, il sottotitolo dell’opera. Ogni pagina è un viaggio attraverso costellazioni, galassie lontane e fenomeni celesti che da millenni affascinano e ispirano l’umanità, spingendoci a riflettere sulla nostra connessione profonda con l’universo poiché, immersi nella frenesia del presente, abbiamo perso l’abitudine di alzare lo sguardo e osservare il cielo stellato.
«Voglio ringraziare calorosamente Enrico Flacowski per avermi coinvolto dalla sua Palermo in questa avventura editoriale, aiutandomi a far atterrare sulle pagine del libro le mie idee, sparse per il cielo», annuncia l’autore, che intreccia sapientemente scienza e poesia, ecologia e storia, accompagnandoci in una serie di “passeggiate astronomiche” attraverso il cielo notturno: dalle distese dei pianeti simili alla Terra alla presenza silenziosa dei buchi neri, ogni capitolo ci riporta al cielo, invitandoci a guardarlo con occhi nuovi. «Nel libro – spiega, con la voce appassionata e rigorosa dell’astronomo, per guidare il lettore nel misterioso labirinto delle galassie – parlo del rapporto fra l’umanità, il cielo e il mondo, tracciando percorsi attraverso il sapere scientifico (dalla prima stella della sera all’orizzonte cosmologico) per invitare ciascuno a ristabilire un contatto diretto con il cielo stellato, a partire da piccoli gesti di osservazione. Un capitolo dopo l’altro, quasi passeggiando con lo sguardo tra le stelle, si compone un percorso di riappropriazione del cielo che diventa l’occasione per un rinnovato confronto con la Terra, dove passiamo le nostre giornate, e per una riflessione sul nostro rapporto con il pianeta. Proveremo ad aguzzare la vista per decifrare i messaggi delle stelle, perfino a tendere le orecchie al cosmo, e ci domanderemo cosa ci incanta e cosa ci spaventa del cielo, per riprendere un dialogo antico con l’universo, interrotto dalle luci delle nostre città. E, nel centenario della sua invenzione, sarà utile di tanto in tanto immaginare di entrare in un planetario, dove prende forma la narrazione dell’universo, e dove lo sguardo umano si rispecchia negli astri, per riconsiderare il nostro posto nel cosmo».
*Mary Attento, giornalista ed editor