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C’è vita su Marte!

Ideatore e creatore originale e poliedrico, Massimo Girelli “gioca” con la tradizione novecentesca, riportando l’arte contemporanea su un piano colto, ricco di citazioni e omaggi ai grandi del secolo passato

“C’è vita su Marte!” è il titolo della scultura in legno di tiglio, foglia d’oro e tempera all’uovo creata nel 2023 dall’artista veronese Massimo Girelli, Professore al Liceo Artistico di Verona, diplomatosi e specializzatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera (Mi). Statua-manichino di dechirichiana memoria, trasformata in un Pinocchio senza tratti fisionomici, la scultura assume un carattere ludico, che emerge fin dal titolo, ironica allusione alla effettiva mancanza di prove circa la presenza di vita sul pianeta rosso.

Eppure la policroma e vivace scultura sembra dirci il contrario: meccaniche presenze potrebbero aver animato Marte, curiose creature abitanti di un mondo diverso e “alieno” potrebbero essere esistite in un altro “dove”. A ispirare tale ulteriore realtà, oltre al già citato Giorgio de Chirico, Marcel Duchamp con le sue provocazioni concettuali; Kazimir Malevič – ideatore del Suprematismo – e le sue geometrie pure; Richard Hamilton, colui che prima di Andy Warhol inventò la Pop Art con il suo collage del 1956 in cui compare proprio il pianeta in questione. In particolare, l’autore ha dichiarato di aver voluto rivisitare le figure di sportivi realizzate da Malevič con i loro corpi ripartiti geometricamente in riquadri colorati. Per quanto riguarda la tecnica, invece, se la doratura con cui è parzialmente rivestita la scultura rimanda alla pittura sacra antica, la figura in legno dipinto richiama abilità artigianali antiche, “da bottega”, trasferite in uno scenario “marziano”, che si colloca oltre il mondo reale.

Parte di una serie di opere, iniziate nel 2002 e realizzate a intervalli di tempo decrescenti tra una creazione e l’altra in modo da aumentarne il senso di attesa, “C’è vita su Marte!” combina, quindi, influenze diverse ed echi storico-artistici di epoche e contesti geografici variegati al fine di attuare “una riflessione profonda sulla realtà e sulla percezione umana” (M. Girelli). Infatti, la concezione estetica dell’artista, di matrice concettuale, si nutre di differenti riferimenti culturali, come dimostra anche l’ultima opera esposta nel 2024 a Venezia, “Macchinario visivo” (2018), scultura in ferro dipinto, che incorpora due elementi principali: un buco, posizionato in basso a sinistra, e una semisfera, dipinta esternamente in bianco e internamente in nero assoluto, colore già utilizzato in una sua variante da artisti come l’anglo-indiano Anish Kapoor. Al contrasto cromatico, molto evidente, si aggiunge così quello tra pieno e vuoto, luce e oscurità, con tangenze nel mondo delle esplorazioni spaziali di Lucio Fontana e delle provocazioni/riflessioni di Marcel Duchamp nonché delle indagini psicologiche condotte su forme e materiali da Luciano Fabro, esponente dell’Arte Povera. Si tratta di una “sfida” rivolta allo spettatore a “esplorare la percezione e la realtà”, come precisato dallo stesso Girelli, suscitando interrogativi sul senso stesso dell’arte e del suo rapporto con l’osservatore.

Ideatore e creatore originale e poliedrico, Massimo Girelli “gioca” con la tradizione novecentesca, che lui ben conosce, riportando l’arte contemporanea su un piano colto, ricco di citazioni e omaggi ai grandi del secolo passato ed elevando le Idee a motore della concezione e della ricerca estetica. È una prospettiva, questa, di tipo interdisciplinare che integra pittura, scultura e architettura e che nasce da una passione totale nei confronti dell’arte intesa in senso lato, volta alla ricerca della Bellezza e di significati profondi anche nella vita reale.

Massimo Girelli ha esposto le sue opere in occasione di numerose mostre collettive e personali in città come Verona, Venezia, Milano, Brescia, Varese, Bolzano, Latina, Firenze e ha partecipato a eventi di rilevanza internazionale a Mâcon, dove ha presentato “Stanza nera e luce Wood” (1990), a Innsbruck nel Palazzo Imperiale, in cui ha esposto l’opera “Cantico Regale: E.G.” con gli altri membri della Società Belle Arti di Verona (2011) e a Londra (1991) all’esposizione in un Centro Sociale con l’opera “Codice: proiezione di ombre” con Ivo Corrà .

*Valentina Motta, scrittrice