Carlo Vecce, Leonardo, la vita, Giunti, 2024
È un atto d’amore il volume Leonardo, la vita (Giunti) che Carlo Vecce ha dedicato al celeberrimo genio del Rinascimento. Una biografia corposa di oltre 570 pagine tutte in equilibrio tra la piacevolezza della narrazione romanzesca e la precisione del saggio storiografico. Atto d’amore del ricercatore nei confronti del proprio oggetto di studio, che traspare grazie a una scrittura ricca di deittici, che avvolge il lettore con cordialità e trasforma la lettura una sorta di conversazione tra amici: «Eccoli, i testimoni di quel battesimo, mentre entrano in chiesa e vanno subito a guardare il bellissimo bambino dagli occhi spalancati». Bambino che è l’«adorabile frutto del peccato» consumato tra ser Piero da Vinci, giovane notaio di Firenze, e Caterina, una schiava circassa «alta, muscolosa, forte, di buon sangue» alla quale lo studioso ha dedicato un precedente volume, Il sorriso di Caterina (Giunti, 2023). Leonardo, dunque, «nasce di buon sangue», cioè è figlio naturale nato al di fuori del matrimonio e porte un nome nuovo, non presente nella famiglia paterna. Un nome che, riferendosi a Leonardo di Noblac, il santo che aiutava i carcerati a liberarsi dalle catene e le donne a portare a termine le gravidanze difficili, esprime desiderio di libertà.
Sulla base di una fitta ricerca documentale, Carlo Vecce ricostruisce l’intera vita di Leonardo, dal parto di Caterina fino all’inumazione nel chiostro di Saint-Florentin, il 12 agosto 1519, ultimo atto di un’esistenza straordinaria, erratica e tribolata. Così, ad esempio, vediamo il futuro autore de La Gioconda, ancora giovane e squattrinato, fare pratica di disegno ai piedi di un impiccato, ritraendone il cadavere penzolante. Non un personale gusto del macabro, ma un genere di ritratto, quello della pittura infamante, che spera gli possa essere commissionato dalle autorità fiorentine che lo utilizzavano come «monito ai posteri» e lo pagavano bene. Lo ritroviamo la prima volta in cui è chiamato ‘Maestro’, mentre è impegnato a realizzare L’Adorazione dei magi o, ancora, sulle rive dell’Isonzo, nelle vesti di «ingegnere ed esperto di arte della guerra» per conto della Repubblica di Venezia impegnata in un duro conflitto con i Turchi. Ma, soprattutto, Carlo Vecce è attento a mettere in luce il filo d’amore che per tutta la vita lo tiene legato a sua madre, come quando, oltre ai vestivi invernali, le regala «un anello con un diaspro, e una gemma venata come una stella» o quando annota in un suo ‘libretto’ il lungo elenco di spese sostenute per il funerale della madre e la «socteratura degna di una regina». Puntiglioso elenco che Vecce interpreta come tentativo di «esorcizzare da sé l’evento traumatico della morte, inserendolo nella contabilità di tutti i giorni» e definisce «testimonianza muta di un dolore immenso». Ma ancor di più piace ricordare quando a Vigevano Leonardo progetta macchine da impiegare nel settore tessile e, in particolare, quelle per battere l’oro o per punzonare elaborati disegni ornamentali da cucire sui broccati. Macchine, insomma, per la produzione di tessuti auroserici: «Lo stesso campo» sottolinea l’Autore, «in cui Caterina aveva lavorato, da giovane schiava, a Venezia».
*Raffaele Messina, scrittore