Caleidoscopio poetico
La silloge poetica di Alessandra Iannotta “Panni Al Vento” (L’Erudita, Giulio Perrone Editore, Roma, 2020 pp. 119) evidenzia fin dal titolo le caratteristiche che la contraddistinguono: la semplicità, la colloquialità e l’anelito a ritrovare una dimensione più umana, in un mondo in continua trasformazione. Il titolo sottende un’analogia, non esplicitata ma facilmente intuibile: la poesia, come un lieve indumento che esposto al vento, si muove, si agita e si contorce assumendo varie forme, è in grado d’innalzarsi verso alte vette e di scendere nei meandri più profondi dell’animo umano, proprio per la duttilità che la contraddistingue. La poesia di Jannotta ha queste caratteristiche: è un collage di immagini tratte dal mondo della quotidianità ma con un transfert che conduce alla sfera più alta del pensiero e del sentimento. Si potrebbe addirittura parlare di “correlativo oggettivo” che induce a presupporre un collegamento con la poesia di Montale. I “Panni al vento” rappresentano una quotidianità animata da emozioni intense e sentite che non scadono mai nella banalità poiché riportano alla sfera più alta del pensiero e del sentimento. E’ evidente la volontà dell’autrice di parlare della condizione umana in termini assoluti e di dare al messaggio poetico un valore metastorico. La poetessa diviene protagonista di una finzione scenica dove coprotagonista è la natura antropizzata: il mare ha una voce” sa parlare la lingua del tempo/parla a chi sa ascoltare”; la roccia è” amica e fa parlare i fiori selvaggi”. Il mondo circostante penetra tutto nella sua poesia, animata da un sottofondo musicale come da “un tango”. La musica è predominante in “A una donna non chiedere” in cui la danza diviene sia elemento conturbante che induce ad un approccio amoroso ma anche elemento vivificatore dell’arte. Il mare baciato dal vento ed accarezzato dalle barche produce “un ruggire di onde bianche”, in un’immagine plastica di grande effetto. Tra i panni variegati di Jannotta che ondeggiano al vento, non mancano riferimenti al divino nella figura del bambino che sorride, nato nella” semplicità di una grotta”. I panni oscillanti al vento rappresentano la mutevolezza dell’animo, umano ondeggiante ed irrequieto. La poetessa però non vuole lasciare il lettore in una condizione di ansia e d’incertezza, lo vuole invece condurre per mano fino a raggiungere una grotta, là dove intende concludere il suo viaggio poetico. Dopo tanto ondeggiare, ecco raggiunto un punto saldo: è un bimbo appoggiato su una mangiatoia. Ai suoi piedi, pastori e re depongono i doni: gratitudine, leggerezza, conoscenza. Il bambino accoglie tutti e a tutti distribuisce, nell’angolo più riposto c’è anche una donna che tende un libro di poesie. Anche queste accoglie il bimbo divino perché sa che, distribuendole agli uomini affranti da un male insidioso, potrà molcire il loro dolore.
*Pina D’Alatri, operatrice culturale