Attualità sui virus oncogeni e la immunoterapia dei tumori
La storia dell’umanità è stata forgiata da micidiali microorganismi. In passato catastrofiche epidemie come la Peste (che in Europa nel medioevo uccise i due terzi della popolazione) o il Vaiolo, unite a quello che a quei tempi era un alto tasso di natalità, hanno permesso il ripopolamento, in determinate aree del nostro pianeta, di persone caratterizzate da gruppi sanguigni particolarmente resistenti a microbi come la Yersinia pestis o virus come il Variola virus. Solo alla fine dell’800 la Medicina è stata in grado di scoprire gli agenti eziologici delle principali malattie a carattere epidemico e a mettere in atto strategie per contenerle. Innanzitutto, le vaccinazioni.
Il principio sul quale si basano queste è, come è noto, inoculare nel soggetto sano quantità attenuate (o parti di questo) dell’agente patogeno così da suscitare una reazione immunitaria capace di proteggerlo. Oltre a questo beneficio ve ne è un altro altrettanto importante: la vaccinazione del singolo individuo riduce il numero dei soggetti che possono trasmettere l’infezione. Si ha, quindi, quella che è stata definita “‘immunità di gregge” (herd immunity) la quale finisce con il fornire una tutela anche agli individui che non sono stati vaccinati.
Una qualsiasi vaccinazione per potere proteggere una comunità deve interessare una grande percentuale degli individui che la compongono; in taluni casi, comunque, il vaccino può provocare gravi effetti sulla salute delle persone sottoposte alla vaccinazione. Va da sé che i progressi nella preparazione dei vaccini hanno progressivamente ridotto questo rischio, che oggi appare estremamente ridotto anche se non del tutto irrilevante. Non così ai tempi di Edward Jenner.
Il 14 maggio 1796, Edward Jenner inoculava il vaiolo delle vacche del Gloucester al piccolo James Phipps. L’intuizione del giovane medico doveva rivelarsi feconda di sviluppi. Egli aveva osservato che l’inoculazione del pus prelevato da individui affetti da vaiolo dei bovini, o vaccino, poteva produrre l’immunizzazione contro il vaiolo umano senza gli effetti a volte letali conseguenti alla pratica, allora diffusa, dell’inoculazione di pus di vaiolo umano. Un paio di giorni dopo, quindi, infettò il bambino con pus di vaiolo umano senza che questo facesse sviluppare la temibile infezione. Nel 1798 pubblicò i risultati di questo e altri esperimenti nel volumetto An Inquiry into the Causes and Effects of the Variolae Vaccinae che segna la nascita dell’immunoprofilassi.
The Journal of the American Medical Association (Jama): 21 aprile 2015 – 313 (815) 153-40 riporta che il vaccino antimorbillo, antirosolia e antiparotite non è associato ad un maggior rischio di disturbi dello spettro autistico. Infatti la vera ricerca clinica è quella che hanno fatto i pediatri americani con il loro lavoro su 94mila bambini di cui i fratellini maggiori erano autistici, e loro tutti hanno fatto il vaccino del morbillo, della rosolia e degli orecchioni, dimostrando che non c’è alcun rischio. Queste sono le risposte scientifiche, non certo quella di inventarsi dei lavori falsi come nel 1998 Wakefield su Lancet, pubblicazione poi ritirata e medico radiato.
Dal momento che l’individuo non è una macchina biologica senza altre distinzioni e l’infezione non è una guerra da cui proteggerci fortificando soltanto le nostre difese immunitarie: basterebbe un vaccino contro tutte le malattie da somministrare alla nascita per neutralizzare qualsiasi microorganismo e garantirsi una vita sana e lunga come possiamo leggere in qualche libro di fantascienza o in servizi giornalistici sostenuti da qualche sospetta inserzione pubblicitaria.
Le vaccinazioni sono uguali per ogni soggetto che si sottopone ad esse e rappresentano quindi una nuova interazione tra microrganismo e soggetto umano. Secondo Louis Pasteur, padre della immunologia e della moderna medicina «Il microbo è nulla, il terreno è tutto». Pertanto spetta al medico di vivificare questo organismo prima ancora di qualsiasi vaccino.
Dopo che la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia hanno curato il 50% dei casi di cancro, nuovi approcci debbono essere condotti per superare questo limite come la terapia biologica e in particolare l’immunoterapia. La somministrazione di transfer factor ha rappresentato un primo esempio di terapia adottiva e quindi le cellule LAK di Rosenberg hanno mostrato di agire in presenza di interleuchina 2 e portare a regressione completa e/o parziale il 25% dei casi di melanomi e tumori renali.
La via della immunoterapia è la più attuale tanto che già nel 1966 la Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandava “di incoraggiare gli studi sperimentali e le ricerche cliniche riguardanti particolarmente l’immunoterapia del cancro”.
Com’è noto, nella terapia anticancro, vi sono oggi prodotti largamente diffusi che agiscono nel campo della immunoterapia attiva aspecifica.
Tarro e collaboratori hanno isolato e purificato già da tempo un antigene derivato da masse tumorali asportate chirurgicamente, che è stato denominato T.L.P. (Tumor Liberated Protein).
Molti anni di lavoro sono stati spesi prima per individuare i parametri essenziali dell’antigene T.L.P. e successivamente per verificare la sua efficacia come sostanza terapeutica anticancro attraverso la via della stimolazione del sistema immunitario di cui l’organismo è naturalmente dotato.
Il T.L.P., in quanto antigene isolato direttamente da cellule tumorali, agisce nella immunoterapia attiva specifica ed è quindi lecito attendersi da esso un più incisivo effetto terapeutico e potenzialmente preventivo.
L’ obiettivo che si vuole ora raggiungere riguarda il superamento delle facilmente intuibili difficoltà di dovere ottenere le sostanze immunogene direttamente dai tumori. Pertanto si progredisce con uno studio ulteriore che possa portare ad utilizzare la parte attiva degli antigeni tumorali, cioè l’epitopo, per una sua produzione mediante l’ingegneria genetica.
Nei casi d’immunoterapia specifica attiva seguiti dopo dieci anni dalla cura si può annoverare una percentuale significativa, di sopravvivenza soprattutto perché si fa riferimento a pazienti che non avevano altra alternativa rispetto alle terapie classiche.
L’immunoterapia rimane il principale avanzamento del cancro, secondo il rapporto ASCO(American Society of Clinical Oncology).
MedPage Today afferma: “L’effetto di trasformazione dell’immunoterapia sul cancro è rimasto il principale avanzamento del cancro per il secondo anno consecutivo”. I funzionari ASCO hanno rilasciato questa dichiarazione nel rapporto annuale, Clinical Cancer Advances 2017, per continuare – o aumentare – il sostegno federale alla ricerca sul cancro. Oltre all’immunoterapia, l’ASCO ha individuato altre tre aree di avanzamento, che includono la medicina di precisione, le biopsie liquide e gli strumenti medico-paziente.
L’ASCO aggiunge che “sebbene il Congresso abbia recentemente approvato aumenti di finanziamento per il National Institutes of Health (NIH) e National Cancer Institute (NCI) per il 2017, gli aumenti annuali che tengono il passo con l’inflazione sono fondamentali per raggiungere i promettenti risultati della ricerca evidenziati nella relazione. “
I vaccini contro i tumori personalizzati tengono sotto controllo il cancro: un nuovo approccio arruola le proteine mutate di un tumore (Science 14 aprile 2017 – vol 356). Ancora l’identificazione di geni essenziali per l’immunoterapia del cancro (Nature 31 agosto 2017 – vol 548).
Infine per l’anno 2018 il Premio Nobel è andato alla scoperta del ruolo del sistema immunitario nei tumori.
Tasuku Honjo e James Allison vincono il Premio Nobel in Fisiologia e Medicina per la loro scoperta della terapia del cancro per l’inibizione della regolazione immunitaria negativa.
*Giulio Tarro, virologo, scienziato, ricercatore.