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Asimov: un volto inedito

Recensione di Raffaella Tamba, Direttrice Isola del Tesoro di Trebbo

Non amava particolarmente la fantascienza e quando il docente le assegnò una tesi su Asimov, Claudia Piccinno storse il naso. Ma accettò la sfida. E fece bene perchè scoprì che Asimov non si era dedicato solo alla letteratura fantascientifica, dove incontestabilmente raggiunse i massimi vertici, ma fu molto eclettico, toccando tanti altri generi fra i quali quello comico-satirico. E Claudia decise di approfondire proprio quest’ultimo sia perchè era una sorta di toccata e fuga rispetto alla produzione scientifica e fantascientifica sia perchè aveva colto delle interessanti analogie che voleva approfondire. 

Ne scaturì una tesi nuova, fresca e interessante che ci propone proprio un volto inedito di Asimov, quello di scrittore umorista. 

Dopo una premessa biografica, si entra nel vivo della produzione del grande scrittore, partendo da quel particolare genere letterario noto come fantasy che viene descritto essere, per certi versi, un sottogenere della fantascienza. I due sembrano quasi agli antipodi, ma è l’utopia da cui entrambi traggono origine, intesa come “trascrizione dell’impossibile e del sogno”: e con l’utopia, la coscienza critica e l’impegno civile.

Nell’opera approfondita in questa tesi, la raccolta di novelle intitolata Azazel, Asimov esplora il genere della fantasy sostituendo l’aspetto del sovrannaturale che non gli si confaceva, con quello dell’ironia e dello humour. Oltre all’elemento fantasy viene colto dall’autrice anche un tocco di gotico: la natura magica così come il tema della doppia identità.

Azazel ricorda sia nell’impegno morale che nella predisposizione dei suoi personaggi, i contes philosophiques, i romanzi filosofici francesi, come Candide, Micromega, Jacques le fataliste: sono dialoghi fra uno Scrittore, dietro cui si nasconde l’autore stesso e un fantomatico George, carattere pigro, un po’ spaccone, opportunista e ciarlatano che racconta di aver incontrato un piccolo demone (The two centimeter Demon è il primo dei racconti) che ha poteri speciali che accetta di utilizzare solo se chiamato in causa da Goerge e solo se lo scopo è fare del bene agli altri. L’autrice analizza ciascuna novella riportando, seguiti dalla traduzione, tratti esemplificativi in inglese per chi ha voglia di leggerli esattamente come scritti dall’autore con l’occasione di cogliere al meglio e senza traslazioni l’ironia del testo.

L’ultima parte della tesi è dedicata alle analogie fra Azazel e la produzione umoristica di Woodehouse, particolarmente amato dallo scrittore americano che era membro della Woodehouse society. Sono interessanti proprio perché inattesi i punti di contatto fra i due scrittori (entrambi europei naturalizzati americani): “Sia esso un conte inglese di fine ottocento, sia invece un moderno fannullone di nome George, è il perdigiorno che Woodehouse e Asimov guardano vivere e preservano nella loro narrativa umoristica, in quanto metafora dell’uomo moderno, dell’Americano deluso dall’esperienza in Vietnam e quindi votato all’inattività, che per poter vivere si aggrappa con fiducia a un qualsivoglia intervento salvifico esterno. Azazel, come il maggiordomo Jeeves per Bertie, nelle opere di Wodehouse, costituisce per l’appunto l’intervento salvifico per George e i suoi protetti, sebbene spesso il tutto si risolva in un’avventura tragicomica”.

La potenza del sorriso, conclude Claudia Piccinno, è in genere quella di sollevare l’uomo dal peso psicofisico ed emotivo della vita di oggi e nello stesso tempo spingerlo a riflettere: Asimov “sulle profonde inquietudini generate dalla civiltà tecnologica”, Wodehouse sulla superficialità dello snobismo dell’Inghilterra edoardiana”. Entrambi hanno in un certo modo messo in guarda dalle contraddizioni della società a loro contemporanea, ma lo hanno fatto senza accuse né denunce: con l’ironia la cui funzione di utilità sociale entrambi hanno utilizzato magistralmente. Ma se Wodehouse era noto per questo, scoprire che anche il creatore del Ciclo della Fondazione sapeva usare lo humour con lo stesso fine socioformativo, è stata una piacevole sorpresa.

*Claudia Piccinno, poetessa